La “bandiera bianca” senza alternativa



Alessandro Risso    19 Marzo 2024       6

Oltre due anni di guerra in Ucraina, senza che si intravedano spiragli per una fine delle ostilità. L’autocrate Putin viene rieletto presidente per l’ennesima volta, potendo vantare presso la sua opinione pubblica un innegabile successo militare con l’occupazione di una porzione di territorio ucraino vasto come tutto il nord Italia. In questo momento di evidente difficoltà del nemico, vuole consolidare l’avanzata e non è disponibile a un cessate il fuoco. Anche Zelensky e lo Stato Maggiore ucraino non vogliono sentire parlare di tregua, che certificherebbe la sconfitta sul campo, chiedono ulteriori aiuti militari e sperano in aiuti anche di truppe occidentali. Eventualità che è cominciata a far capolino a partire dalle dichiarazioni di Emmanuel Macron. Al momento la situazione sul campo, armi alla mano, è questa. Se sia giusto accettare la realtà determinata dai rapporti di forza è una domanda oziosa, in quanto, come spiegava Massimo Salvadori ai suoi studenti di Storia contemporanea, “i rapporti tra potenze sono solo rapporti di forza”. Così come non hanno consistenza gli strepiti sul diritto internazionale calpestato dall’invasione russa: un fatto inequivocabile, ma non si ricorda eguale indignazione per fatti analoghi di segno opposto, come ad esempio l’invasione americana dell’Iraq.

In questo clima di propaganda, di guerra gridata, oltre che combattuta, l’unica voce dissonante è arrivata dall’intervista di papa Bergoglio alla televisione svizzera: “è più forte quello che vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca e negoziare. (...) negoziare è una parola coraggiosa. Quando tu vedi che sei sconfitto, che la cosa non va, avere il coraggio di negoziare. (...) Non avere vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggio”. (CLICCA QUI per leggere l’intera intervista).

Francesco ha usato parole di assoluto realismo e buon senso. Ma ha creato clamore sui media, sconcerto nelle Cancellerie e anche in qualche devoto che evidentemente prende per buone le parole del Santo Padre solo quando rientrano nei propri canoni.

Ciò che sostiene Bergoglio non è di parte: semplicemente considera la realtà a 360 gradi, la guarda negli occhi, mette il rispetto della vita e della pace sopra ogni altra considerazione. La guerra è la negazione della vita e della pace, è morte e dolore. La bandiera bianca non è altro che la tregua per far tacere le armi, interrompere la sequela di morti e distruzioni e cominciare a negoziare una nuova convivenza.

Le condizioni per la pace dipendono ovviamente anche dalla situazione bellica sul campo. Oggi ben più sfavorevole all’Ucraina rispetto al marzo 2022, quando grazie alla mediazione turca le due parti erano vicine a un accordo che avrebbe potuto evitare grandissima parte dei 150mila morti pressoché certi sui due fronti (ma sono circa 200mila quelli stimati da fonti americane, cui aggiungere circa 300mila feriti). Ma prevalsero le ragioni dello scontro.

Voglio gridare una banalità: l’alternativa alla bandiera bianca, alla trattativa, alla pace, è solo continuare la guerra. “Combatteremo fino alla vittoria” ha ripetuto ogni volta Zelensky, assecondato da USA, NATO e leader europei assortiti. Che lo dicano loro si può anche capire.

Ma i commentatori nostrani che scrivono “l’Ucraina va sostenuta militarmente fino in fondo”, riflettono su cosa significa per davvero? Vogliamo combattere la Terza guerra mondiale con la sconfitta della Russia? Sogniamo le armate NATO che entrano in Mosca e Putin suicida al Cremlino come fece Hitler nel Fuhrerbunker? E facciamo finta che non esistano l’arsenale nucleare russo (5900 testate) e quello analogo dell’Occidente?

Il negoziato di pace è una strada obbligata, ma molti dovrebbero ammettere i propri gravi sbagli. Ci sono dei responsabili per la scriteriata conduzione della politica occidentale in Ucraina, dove una parte degli strateghi americani ha pensato si potesse instaurare un governo filo occidentale ignorando la linea rossa ribadita da Putin: l’Ucraina non deve entrare nella NATO. Che questa richiesta fosse legittima o no, giustificata o no, non fa differenza: la risposta americana è racchiusa nelle tre imponenti esercitazioni NATO tra 2019 e 2021 in Ucraina, Paese NON membro dell’alleanza atlantica... E la ricomposizione del focolaio di guerra aperto dal 2014 nel Donbass tramite l’attuazione degli accordi di Minsk è stata deliberatamente fatta fallire anche per responsabilità della classe dirigente occidentale. Ma su tutto questo avevo già scritto appena iniziato il conflitto (CLICCA QUI) ed è inutile ripetermi.

E non sottovalutiamo poi il peso dell’industria bellica, capace di condizionare i governi con il suo fatturato complessivo di oltre 2200 miliardi di dollari annui. I mercanti di morte hanno sempre lucrato sulle guerre e ne sono gli unici veri vincitori.

E più la guerra continua con la sua ferocia, più aumenta il carico d’odio, più le prospettive di un negoziato sono lontane. La pace va difesa quando si è in pace, sapendo che non è per sempre, ma va coltivata con pazienza e convinzione. A guerra in corso perseguirla diventa più difficile.

E infine, per favore, basta con la retorica della buona morte in guerra! Retorica che si è aggiornata nel tempo, ma resta sempre insidiosa e unicamente foriera di dolore. Ne avevo già scritto ampiamente (CLICCA QUI) ma giova ripetere. A inizio Novecento andava per la maggiore tra i giovani della buona borghesia inglese e continentale la massima di Orazio: dulce et decorum est pro patria mori. I milioni di morti nel fango delle trincee hanno solo indebolito questa “vecchia menzogna”, come la definì il poeta Wilfred Owen prima di morire sul fronte francese una settimana prima della fine del conflitto, perché la retorica guerrafondaia divenne carattere distintivo dei totalitarismi. Poi dopo la Seconda guerra mondiale abbiamo avuto una certa retorica della Resistenza, la “guerra giusta” per antonomasia. Ma l’unica condizione giusta, tra le persone e le nazioni, è la Pace, perché rispetta la Vita e la Persona che la guerra nega.

Il massimo risultato ottenuto dai “Ribelli per amore”, dai giovani partigiani che hanno combattuto per la libertà dal nazifascismo, è la nostra Costituzione, che all’articolo 11 recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Il loro sacrificio ci ha regalato ottant’anni di pace. Cerchiamo di non regredire a un passato di conflitti che noi europei ci eravamo lasciati alle spalle.


6 Commenti

  1. Grazie Alessandro. Condivido. Ora viviamo in un’epoca post guerra fredda, post Europa divisa tra Est e Ovest, post 1968. Quindi le cose che allora parevano normali oggi dobbiamo leggerle con la cultura e la prospettiva politica del terzo millennio. La Pace è un elemento indispensabile e non dobbiamo più ragionare con l’impostazione del secolo scorso

  2. Lo scritto di Alessandro Risso è assolutamente encomiabile; non si vede – sulla base delle informazioni di cui possiamo disporre – cosa ad esso si possa opporre. Piuttosto, mi permetto di aggiungere, andrebbe mutato il senso delle diverse opzioni “muscolari” che l’Occidente esibisce. la loro utilità non risiede nell’offrire sponda all’Ucraina per una fantomatica vittoria militare contro la Russia ma nel consentire all’Ucraina stessa ed ai suoi alleati di aprire una trattativa partendo da una posizione di una relativa forza. Alla Russia va mostrato con forza che la prosecuzione della guerra costerà ben caro, in tutti i sensi, che dovrà pertanto “accontentarsi” dei territori riconquistati e non cercare ulteriori spazi di allargamento. Naturalmente è più che probabile che, sotto traccia, questo sia l’intento non dichiarato dei principali protagonisti ma la fermezza non va confusa con pericolose fughe in avanti.
    Che poi ogni posizione, compresa quella del Papa, non in sintonia con un atlantismo oltranzista, venga bollata di filo-putinismo è indicativo di una deriva inaccettabile, che offende razionalità e buon senso.

  3. Ottimo articolo , soprattutto con i piedi per terra. Lo confermano anche i commenti di Carlo Baviera e Franco Campia , di certo tutti (me compreso) ora iscritti d’ufficio nelle file dei putiniani duri e puri specie da parte dei vari David Parenzo, Pina Picierno ed allegra compagnia. Speriamo solo di non esser finiti anche sul sito Myrotvorets, quello in cui si segnalano i nemici dell’Ucraina e si invitano a farli fuori. Per il resto vorrei che tutti ricordassimo queste parole nello scritto di Risso:
    1- La pace va difesa quando si è in pace,
    2 -.. basta con la retorica della buona morte in guerra! Retorica che si è aggiornata nel tempo, ma resta sempre insidiosa e unicamente foriera di dolore.
    Da tenere presente.

  4. Gentilissimo signor Alessandro Risso, pur nella sofferenza delle decine di migliaia di morti provocati dalla guerra in Ucraina, non sono d’accordo né con Lei, né con il mio Papa. Temo inoltre che il presente sia un dibattito interminabile, e senza soluzione condivisa. Infatti le due tesi antagoniste partono da premesse “concettuali incommensurabili”. Papa Francesco parte dalla premessa che la vita umana sia il valore supremo, a fronte del quale si possa e si debba sacrificare ogni altra istanza. La posizione di Zelensky e della maggioranza degli Ucraini si poggia sulla libertà intesa come bene supremo, superiore anche al sacrificio della propria vita.
    Entrambe le posizioni sono logicamente valide, ma le premesse antagoniste sono di natura tale che non possediamo alcun strumento razionale per soppesare i diritti dell’una rispetto all’altra.
    Passo ad una precisazione storica. Lei, nel suo primo documento all’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina, accennò al fatto che in fondo Putin potesse in qualche modo essere autorizzato a considerare gli Ucraini un po’ filonazisti. E fa riferimento a quanto avvenne nel 1941, all’inizio dell’invasione tedesca dell’Ucraina. Certo, molti Ucraini si arruolarono nella Wermacht (ma non necessariamente nelle SS), costituendo le famose divisioni sotto Vlasov, e in parte parteciparono anche agli eccidi degli ebrei. Ma occorre ricordare che negli anni trenta quel simpaticone di Stalin aveva provveduto a sterminare alcuni milioni di Ucraini, con carestia e lager. Si può quindi comprendere una certa simpatia degli Ucraini nei confronti dei tedeschi (non dei nazisti) che consideravano liberatori dal giogo bolscevico. Molti Ucraini “slavoviani” furono mandati dalla Wermacht a combattere in occidente, e alcuni loro reparti combatterono sulle nostre montagne contro i nostri partigiani (valli del Canavese, ricordi di mio papà partigiano; e in Friuli). A fine guerra gli “slavoviani”, fatti prigionieri dagli alleati in occidente, furono da questi riconsegnati ai russi, i quali, elegantemente, li mandarono a morte.
    Come vede, ha perfettamente ragione Massimo Salvadori, da Lei citato, che ci ricorda che “i rapporti tra potenze sono solo rapporti di forza”.
    La fine dell’Ucraina è purtroppo scritta. Sarà capitolazione, o resa, o bandiera bianca, in qualsiasi forma vogliano esprimerci. Capitolazione che, temo, non arresterà la sequela dei morti, considerando il modo con cui Putin gestisce il suo potere. “Fecero un deserto e lo chiamarono pace”, disse Tacito. E, alla faccia delle anime belle che odiano l’occidente più di quanto dovrebbero temere Putin, temo proprio che l’Ucraina russizata assomiglierà a un deserto.
    Un’ultima osservazione: mi sembra che Zelensky sia stato eletto democraticamente in libere elezioni, e non che sia stato imposto da “strateghi americani”. E se gli Ucraini desiderano vivere in una società a impronta occidentale libera e liberista, chi siamo noi per dir loro di no, perché Putin a tracciato con la matita una invalicabile linea rossa?
    La saluto cordialmente, Paolo Costa.

  5. L’attentato terroristico nel teatro di Mosca perpetrato ai danni di inermi civili va condannato senza indugio, a prescindere dalle motivazioni politiche, ideologiche o religiose che lo sostengono. Prima di indagare su mandanti ed esecutori, prima di valutare le inevitabili dichiarazioni propagandistiche del Cremlino e prima di esercitarsi sulle informative intercorse e considerate o meno da e tra le varie intelligence che sempre sono in contatto, occorre ricordare nelle valutazioni politiche quanto segue: non è realistico pensare, condividere e costruire un nuovo possibile Ordine Mondiale senza annichilire il terrorismo internazionale quale che sia la matrice. Sia essa volta a fomentare lo “scontro tra le civiltà” in atto o a stabilire primazie militari, economico/finanziarie o culturali. Nella settimana Santa occorre un supplemento di riflessione sulla “missione Pasquale” di Gesù, incarnato, morto e risorto non per cancellare la legge ma per darvi compimento. Per questo non dobbiamo ragionare come se l’impostazione del secolo scorso fosse stata una sorta di incidente della storia bensì darvi compimento. Altrimenti la pace di cui abbiamo beneficiato dal 1945 sarà la prima a cadere nelle varie impostazioni in corso di technigrafia nel terzo millennio.
    Tutte le riflessioni politiche hanno diritto di cittadinanza, tutte sono utili, nell’ambito di un confronto civile, a definire scelte da sottoporre ad attori ed astanti molto lontani dal “POPOLARISMO”. Nonostante le dichiarazioni di Taiani, gli scritti della Bindi e le memorie di Berlusconi. Tuttavia non si può prescindere lo sforzo intellettuale dallo stato dell’arte che a tutt’oggi condiziona le scelte politiche. Il tempo attuale che regola il mondo è sintonizzato sui Patti di YALTA, siglati da Roosevelt (poi Truman), Churchill e Stalin, poi “estesi” a Chiang Kai-shek e De Gaulle. Dal 1945 tutte le Istituzioni internazionali ad essi seguite ne sono la diretta emanazione politica, pur nella modulazione delle attività adattate ai tempi che sono susseguiti. Prova ne è che i cinque attori protagonisti agiscono sullo scacchiere internazionale, da sempre, senza ledersi vicendevolmente, strutturalmente legati a quella “cortina di ferro” mai tramontata fattivamente. Nel frattempo qualche evento rilevante è successo: gli stati europei hanno ripetutamente tentato un embrione di sintesi esclusivamente economica e finanziaria, i comunisti cinesi hanno scalzato dal potere i legittimi detentori e l’URSS è implosa favorendo un autonomo processo di “occidentalizzazione” dei popoli per lungo tempo sottomessi alla dittatura del Politburo del Cremlino. Ora il capitalismo comunista cinese, già alimentato scriteriatamente dall’occidente, insidia il primato globale statunitense, la nuova dittatura del Cremlino insegue una improbabile restaurazione imperiale occupando militarmente, tra gli altri, i territori del Donbass, geologicamente compresi di “terre rare” ricche di minerali preziosi, indispensabili alle nuove tecnologie militari (e non solo) e funzionali alla strategia del Cremlino, mentre la comunità di stati europei… sta a guardare, incapace di porsi come autorevole soggetto diplomatico. In tale situazione la bandiera bianca, improvvidamente evocata, sarà la comunità europea ad alzarla! Nessuna linea rossa può essere definita militarmente e nessuna aggressione può essere giustificata. Continuare a spaccare il capello in quattro per inventare impossibili giustificazioni all’aggressione militare ordinata dal Cremlino non aiuta a riflettere per individuare soluzioni di pace percorribili. Così come confondere Pace con pacifismo ricorda un “antico” aforisma Martinazzoliano: il moderatismo sta alla moderazione come la castità all’impotenza. La soluzione a mio avviso non sta né nelle deprecabili sortite Macroniane (compresa quella al Cremlino di due anni orsono) né nelle varie esortazioni europee, atteso che gli stati continentali senza l’ombrello della Nato non sono neppure in condizione di difendere sé stessi. Resta l’unica opzione che peroro da sempre e che da sola può scompaginare il gioco degli astanti globali: procedere velocemente al compimento degli Stati Uniti d’Europa. Il “nuovo” attore da solo scompaginerebbe i Patti di Yalta, siederebbe autorevolmente ai tavoli diplomatici palesi e non, ostacolando un dualismo globale USA-CINA che in assenza di tale evento finiranno per accordarsi anche sugli attuali teatri di crisi a scapito di tutti gli altri. E’ rimasto solo Mario Draghi a proporre una soluzione simile e i pro-nipotini di De Gasperi, Adenauer e Schuman dove sono?

  6. Il dibattito scaturito dalla questione posta con molta chiarezza da Alessandro Risso, la diplomazia sola alternativa alla guerra che finirebbe per travolgere l’Europa intera, rivela, a mio avviso, una adeguata attenzione alla priorità delle priorità, il ristabilimento della pace attraverso l’accettazione della fine dell’unipolarismo dell’Occidente. In troppi sembrano non realizzare la delicatezza del momento. Forze che agiscono nell’ombra, si stanno attivamente prodigando per fare deragliare il corso degli eventi verso un punto di non ritorno, come successe nel secolo scorso. Nelle fasi iniziali di entrambe le guerre mondiali, infatti, non si ebbe la percezione del baratro in cui si stava precipitando, e quando lo si capì, fu troppo tardi per riuscire a uscirne. Tempi molto simili stiamo vivendo, se come Paese, come UE e come Alleanza Atlantica, non decidiamo che è ora di riconoscere che il mondo è diventato multicentrico e che dobbiamo sentirci una parte importante, senza pretendere più di esercitare una solitaria egemonia su di esso.
    In mancanza di ciò ci potrà forse essere un cessare il fuoco prima o poi in Ucraina, ma non sarà possibile raggiungere una pace stabile e duratura.

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