Torna la mala bestia del nazionalismo



Giuseppe Fioroni    10 Agosto 2018       2

Combattere il populismo, specie se congiunto alla percepita incontrollabilità dell'immigrazione, significa adottare tecniche sofisticate di lotta e comunicazione pubblica. C'è chi suggerisce di temporeggiare, evitando ad esempio di inseguire Salvini sul suo stesso terreno politico. Il rischio è che però, rimanendo muta, l'opposizione finisca per apparire ininfluente o peggio corriva con le posizioni oltranziste del leader della Lega. Un conto è capire le ragioni del disagio che genera sentimenti di xenofobia, altro è giustificare indirettamente, al seguito del motto "prima gli italiani", l'esplosione di questi sentimenti. Bisogna fissare una linea di demarcazione, ben sapendo che si tratta del primo atto di contrasto nei riguardi della piaga etno-populista.

Ad oggi, in Europa, la posizione più coraggiosa sul tema dell'immigrazione è stata quella elaborata ed espressa da Angela Merkel. Minniti, a confronto, è stato meno aperto, sicuramente per il peso in Italia di una pubblica opinione surriscaldata e iper-reattiva a causa della dura propaganda della Lega. Ciò spinge, di conseguenza, a valutare con tutto il rispetto necessario l'enorme sforzo di equilibrio della longeva cancelliera tedesca.

La bestia del nazionalismo, cambiando solo pelle, torna a rialzare la testa nel Vecchio Continente. Come un secolo fa le tensioni maggiori, armate di razzismo, si manifestano lungo l'asse tra Vienna Monaco (con la propaggine ungherese). Qui i due partiti di tradizione cristiano-sociale, l'ÖVP del giovane Kurz e la CSU di Seehofer e Söder, si sono spostati a destra con l'obiettivo di recuperare il voto di protesta. Così facendo, Kurz ha vinto nelle ultime elezioni federali, per poi formare un'alleanza di governo, sotto la sua direzione, con la destra radicale del Partito della Libertà (FPÖ). A ottobre la CSU conta di vincere a sua volta, puntando a riguadagnare la maggioranza assoluta nel Parlamento del land bavarese. In entrambi i casi una medesima politica di mimetizzazione, con il centro radicalizzato a destra, mette a dura prova la fedeltà a una certa tradizione moderata dei Partiti Popolari dell'area austro-germanica.

Contro questa pericolosa involuzione, destinata se non corretta a squilibrare l'esperienza del popolarismo mitteleuropeo, decisamente più conservatore di quello italiano, si è levata la voce del Card. Marx, vescovo di Monaco e presidente della Conferenza episcopale tedesca. Mesi or sono aveva contestato la scelta del Presidente della Baviera, il già citato Söder, diretta a imporre l'esposizione del Crocefisso nei locali pubblici. Un monito, il suo, contro l'uso strumentale dei segni religiosi, che avrebbe motivo di attagliarsi alle scorribande comiziesche a base di rosari e Vangelo cui abbiamo dovuto assistere in Italia.

Punto fermo è che nazionalismo e razzismo, secondo il Cardinale, non sono in sintonia con il messaggio della Chiesa: "L'Europa non deve diventare una fortezza, questa è sempre stata la nostra convinzione". Poi l'alto prelato ha voluto aggiungere: "La penso come Jean Monnet: l'Europa dovrebbe essere un contributo per un mondo migliore. Creativo, aperto e curioso". Non sono parole, queste, che possono valere solo per le coscienze dei credenti bavaresi e tedeschi (e per vicinanza austriaci). Le dobbiamo assumere e metabolizzare anche noi italiani, visto per altro che la Chiesa, con i ripetuti interventi del Card. Bassetti, ha stigmatizzato l'atteggiamento oltranzista e violento, in fondo disumano, che sulla questione dei migranti caratterizza la linea del governo a trazione leghista.

Dunque, un conto è discutere sulla razionalizzazione dei flussi immigratori, altro è speculare sulla paura di una ipotetica invasione dall'Africa. Un'Europa aperta non vuol dire una civiltà in procinto di suicidarsi. Occorre proporre una "politica realista", ragionando sugli equilibri da rispettare, ma senza ignorare l'apporto prezioso dei migranti al futuro delle nostre economie nazionali. L'asse del male, rappresentato dall'unione di sovranisti e populisti, condanna al declino l'Europa che i Padri fondatori hanno pensato prospera e dinamica, come in fondo è stato nel corso di questi 60 anni, con la crescita e l'ampliamento della Casa comune europea. Di questo dobbiamo essere fieri, consapevoli che l'alternativa, quando trascolora nel grigiore della paura e della chiusura, costituisce il vero pericolo per lo sviluppo dell'Europa e il benessere dei suoi cinquecento milioni di cittadini.

(Ripreso da www.huffinghtonpost.it del 29 luglio 2018)


2 Commenti

  1. L’opinione dell’on. Fioroni può esser considerata l’emblema dello sbandamento in cui si trovano le culture riformiste di fronte ai rivolgimenti in atto. L’ex ministro dell’istruzione compie un madornale errore di valutazione, confondendo gli effetti con le cause. L’ascesa dei partiti populisti e sovranisti è infatti il risultato di politiche miopi, dettate dal più ottuso nazionalismo tedesco, di cui la Merkel, che Fioroni ammira, è la principale esponente. Il progetto europeo traballa a causa dell’austerità e della tecnocrazia che impera a Bruxelles. Sono questi i veri fattori che alimentano il cosiddetto populismo. Non c’è nessun pericolo nazionalista, l’Ungheria per molti versi, per le politiche economiche soprattutto, costitusce un modello da seguire. C’è solo il desiderio di libertà e di maggiore democrazia di popoli stufi di esser governati dalle oligarchie finanziarie transnazionali contro i loro interessi.

  2. Temo fortemente che dietro questa ridicola chiamata alle armi contro il sovranismo si celi un disprezzo malcelato verso chi legittimamente almeno in occidente detiene la sovranità: e cioè il popolo, i cittadini! Il fatto è che la sovranità è ineliminabile: questi ignoranti che tuonano contro il sovranismo devono sapere che la sola forma di governance alternativa ad esso è l’anarchia. Allora si tratta di stabilire “chi” è il sovrano: è stato legittimato? da chi? Quali le procedure di controllo del suo operato? Dove risiede? L’Europa nacque come area istituzionale in cui nazioni sovrane conferirono parte delle loro competenze per essere collettivamente più forti e coese: l’Europa “presuppone” la sovranità dei suoi componenti a differenza di ciò che ritengono i superficiali e ignoranti globalisti nostrani. Suggerisco loro la lettura del volume dedicato al sovranismo del prof. Valditara

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