
Com’era inevitabile, la morte di Papa Francesco ha dato vita ad un caleidoscopio di reazioni, commenti e stati d’animo in cui è stato possibile cogliere molte sfumature, dei silenzi (assordanti quelli di Netanyahu e di Musk), espressioni di un cordoglio sincero e altre meno.
Anche dell’odio. Come quello diffuso da una esaltata trumpiana, eletta alla Camera dei rappresentati Usa, Marjorie Taylor Greene, che ha addirittura esultato alla notizia della scomparsa di Francesco ed osato scrivere della “mano di Dio” che sarebbe intervenuta per cambiare la “leadership” mondiale. Blasfema due volte. Ed è una che si dice cristiana, anche se le aggiungono l’appellativo cospirazionista. A conferma di cos’è il mondo che ruota attorno a Trump, da lui costruito a propria immagine e somiglianza. Del resto, lo stesso Presidente americano aveva espresso il vero suo sentire verso Francesco nella cui scomparsa ha poi visto, a scoppio ritardato, un possibile elemento di distrazione della massa del pubblico televisivo mondiale che egli pensava di aver finito per annoiare con la propria presenza quotidiana sul piccolo schermo.
Nell’immediatezza del trapasso del Papa si era limitato infatti a dire “che riposi in pace”. Poi, è prevalsa l’idea di strumentalizzare un evento dal carattere planetario come sarà quello di sabato prossimo. E ciò l’ha portato ad improvvisare un finto cordoglio e a decidere di muoversi verso Roma in occasione dei funerali di Francesco. In vista di quel giorno la macchina della propaganda si è messa in moto a Washington e a Roma, dove sembra che, adesso, per la stampa italiana, il tutto ruoti solamente attorno all’ennesimo incontro con la Meloni. Il funerale di Francesco, così, rischia di essere artificiosamente trasformato in un palcoscenico su cui battere la grancassa diplomatica cui cercano di partecipare anche Zelensky e la Von der Leyen, entrambi interessati a possibili incontri con Trump.
Così van le cose in un mondo sempre più imbarbarito e tra coloro che dicono di piangere un Papa che, in realtà, hanno avversato.
La fortuna è che c’è la gente comune. La quale, però, al momento del voto dovrebbe avere la memoria meno corta. Quella gente semplice e piena di umanità che, subito, ha impressionato per la reazione, due giorni fa, non appena si è sparsa la notizia – cui molti facevano fatica a credere – ed ha trasformato la consueta passeggiata nelle strade del centro di Roma in un lungo, silente e mesto pellegrinaggio verso Piazza San Pietro. E si vedeva la commozione vera da parte di chi in Francesco ha trovato l’unica nota di speranza in un mondo sempre più travolto da venti di guerra, da ostilità, da ingiustizia, da rancore e da squallore politico.
Un fenomeno mondiale se è vero che, ad esempio in Cina, immediatamente, sono stati registrati 160 milioni di collegamenti Internet dopo il diffondersi della notizia, anche se ancora mancava il via libera ufficiale al parlare della scomparsa del Papa.
A credere ai media internazionali, è facile comparare quanti numerosi sia stati i collegamenti sul web e quanto poco sia stata recepita la sostanza del messaggio di Francesco. Forte è l’interrogativo sul quanto egli sia stato ben capito fino in fondo. Anche in Italia dove tutto viene letto con gli occhi di un’analoga mediocrità della politica e del provincialismo.
Ci voleva l’ex Primate della Chiesa d’Inghilterra, Rowan Williams, per dare il senso della comprensione degli “insegnamenti in continuità” di Francesco. Il teologo anglicano ha scritto: “Abbiamo bisogno di una ‘ermeneutica della continuità per capire, in particolare, il rapporto di Papa Francesco con gli scritti di Papa Benedetto. È importante ripetere che la teologia del Papa era completamente sintonizzata con quella di Papa Benedetto XVI e di Papa Giovanni Paolo II. Le encicliche di Francesco applicano gli insegnamenti chiari e profondi di Benedetto alle crisi della nostra società. Entrambi i papi si collocano in una continuità di insegnamento sulla dignità e la solidarietà radicata nella visione di un’umanità costruita a immagine di Dio. Francesco che lavava i piedi dei migranti o abbracciava chi era stato cacciato dalla propria terra dichiarava, in modo chiaro ed evidente, che il cristianesimo cattolico esprime non soltanto una dottrina importante e ortodossa di Dio, ma anche una dottrina centrale e ortodossa dell’umanità”.
Le diverse “qualità” delle voci dei potenti, molte sinceramente addolorate, per carità!, non sono sfuggite. Tanto bravo, tanto buono… ma anche tanto inascoltato e banalizzato. E ce l’ha confermato un po’ tutta la nostra “grande stampa” che, quasi all’unisono, ha titolato il “Papa degli ultimi”. Un’uniformità di comunicazione che coglie, sì, uno degli aspetti fondamentali della Pastorale di Francesco, ma che finisce anche per limitarla se non colta nella complessità del messaggio del Papa che ci ha appena lasciati. Oltre a non definire chi sono tutti gli “ultimi”, come ci invita a fare su queste pagine Domenico Galbiati (CLICCA QUI).
Lo stesso è stato per l’immagine dell’ “l’uomo di Pace”. In realtà, Francesco era molto di più. Quel “di più” che definisce un variegato prisma dalle innumerevoli facce e sensibilità del Papa argentino per la cui definizione, però, basta la semplicità con cui Re Carlo III del Regno Unito ha colto in lui il “seguace fedele di Gesù Cristo”. Tutto il resto va lasciato ai nostri autorevoli commentatori nazionali.
Ma non è questo il momento delle polemiche e del rischio di perdersi dietro piccole cose spazzate via dalla grandezza di un Papa che meriterebbe davvero, anch’egli, il grido di popolo “santo subito”. Anche se abbiamo invece sentito, e continuiamo a sentire, tante letture banali e riduttive della sua figura. L’immagine di un santino più che la cifra di un richiamo all’essenza del messaggio evangelico.
Non è mancato neanche chi ha finito per parlare quasi esclusivamente delle proprie relazioni personali con Francesco. Lasciando in ombra tutto ciò che cozzava del suo insegnamento con il proprio metodo politico, con le proprie strategie economiche, con la propria indifferenza verso le questioni ambientali. Ciò, insomma, con cui Papa Bergoglio ha spiegato, e nei fatti, il significato della scelta del suo nome al momento della salita alla Cattedra di Pietro e, dunque, la sensibilità tutta particolare richiesta al cristiano verso il Creato e i propri simili.
Altri, invece, hanno taciuto, perché la voce di Papa Bergoglio è diventata nel corso dei 12 anni del pontificato troppo scomoda. Così come tanti suoi gesti quotidiani. A partire dalla telefonata serale fissa con la piccolissima e martoriata parrocchia cattolica di Gaza. Tutto quello che, cioè, si poneva come autentica, ed oggettiva, “pietra di scandalo” perché diretto ai veri ultimi, ai veri indifesi, ai veri abbandonati. E Francesco non pensava solo a quelli senza casa, senza affetti o, addirittura, sotto le bombe. Perché egli era consapevole che in una società strutturalmente iniqua il numero degli “ultimi” è destinato a crescere permanentemente.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Anche dell’odio. Come quello diffuso da una esaltata trumpiana, eletta alla Camera dei rappresentati Usa, Marjorie Taylor Greene, che ha addirittura esultato alla notizia della scomparsa di Francesco ed osato scrivere della “mano di Dio” che sarebbe intervenuta per cambiare la “leadership” mondiale. Blasfema due volte. Ed è una che si dice cristiana, anche se le aggiungono l’appellativo cospirazionista. A conferma di cos’è il mondo che ruota attorno a Trump, da lui costruito a propria immagine e somiglianza. Del resto, lo stesso Presidente americano aveva espresso il vero suo sentire verso Francesco nella cui scomparsa ha poi visto, a scoppio ritardato, un possibile elemento di distrazione della massa del pubblico televisivo mondiale che egli pensava di aver finito per annoiare con la propria presenza quotidiana sul piccolo schermo.
Nell’immediatezza del trapasso del Papa si era limitato infatti a dire “che riposi in pace”. Poi, è prevalsa l’idea di strumentalizzare un evento dal carattere planetario come sarà quello di sabato prossimo. E ciò l’ha portato ad improvvisare un finto cordoglio e a decidere di muoversi verso Roma in occasione dei funerali di Francesco. In vista di quel giorno la macchina della propaganda si è messa in moto a Washington e a Roma, dove sembra che, adesso, per la stampa italiana, il tutto ruoti solamente attorno all’ennesimo incontro con la Meloni. Il funerale di Francesco, così, rischia di essere artificiosamente trasformato in un palcoscenico su cui battere la grancassa diplomatica cui cercano di partecipare anche Zelensky e la Von der Leyen, entrambi interessati a possibili incontri con Trump.
Così van le cose in un mondo sempre più imbarbarito e tra coloro che dicono di piangere un Papa che, in realtà, hanno avversato.
La fortuna è che c’è la gente comune. La quale, però, al momento del voto dovrebbe avere la memoria meno corta. Quella gente semplice e piena di umanità che, subito, ha impressionato per la reazione, due giorni fa, non appena si è sparsa la notizia – cui molti facevano fatica a credere – ed ha trasformato la consueta passeggiata nelle strade del centro di Roma in un lungo, silente e mesto pellegrinaggio verso Piazza San Pietro. E si vedeva la commozione vera da parte di chi in Francesco ha trovato l’unica nota di speranza in un mondo sempre più travolto da venti di guerra, da ostilità, da ingiustizia, da rancore e da squallore politico.
Un fenomeno mondiale se è vero che, ad esempio in Cina, immediatamente, sono stati registrati 160 milioni di collegamenti Internet dopo il diffondersi della notizia, anche se ancora mancava il via libera ufficiale al parlare della scomparsa del Papa.
A credere ai media internazionali, è facile comparare quanti numerosi sia stati i collegamenti sul web e quanto poco sia stata recepita la sostanza del messaggio di Francesco. Forte è l’interrogativo sul quanto egli sia stato ben capito fino in fondo. Anche in Italia dove tutto viene letto con gli occhi di un’analoga mediocrità della politica e del provincialismo.
Ci voleva l’ex Primate della Chiesa d’Inghilterra, Rowan Williams, per dare il senso della comprensione degli “insegnamenti in continuità” di Francesco. Il teologo anglicano ha scritto: “Abbiamo bisogno di una ‘ermeneutica della continuità per capire, in particolare, il rapporto di Papa Francesco con gli scritti di Papa Benedetto. È importante ripetere che la teologia del Papa era completamente sintonizzata con quella di Papa Benedetto XVI e di Papa Giovanni Paolo II. Le encicliche di Francesco applicano gli insegnamenti chiari e profondi di Benedetto alle crisi della nostra società. Entrambi i papi si collocano in una continuità di insegnamento sulla dignità e la solidarietà radicata nella visione di un’umanità costruita a immagine di Dio. Francesco che lavava i piedi dei migranti o abbracciava chi era stato cacciato dalla propria terra dichiarava, in modo chiaro ed evidente, che il cristianesimo cattolico esprime non soltanto una dottrina importante e ortodossa di Dio, ma anche una dottrina centrale e ortodossa dell’umanità”.
Le diverse “qualità” delle voci dei potenti, molte sinceramente addolorate, per carità!, non sono sfuggite. Tanto bravo, tanto buono… ma anche tanto inascoltato e banalizzato. E ce l’ha confermato un po’ tutta la nostra “grande stampa” che, quasi all’unisono, ha titolato il “Papa degli ultimi”. Un’uniformità di comunicazione che coglie, sì, uno degli aspetti fondamentali della Pastorale di Francesco, ma che finisce anche per limitarla se non colta nella complessità del messaggio del Papa che ci ha appena lasciati. Oltre a non definire chi sono tutti gli “ultimi”, come ci invita a fare su queste pagine Domenico Galbiati (CLICCA QUI).
Lo stesso è stato per l’immagine dell’ “l’uomo di Pace”. In realtà, Francesco era molto di più. Quel “di più” che definisce un variegato prisma dalle innumerevoli facce e sensibilità del Papa argentino per la cui definizione, però, basta la semplicità con cui Re Carlo III del Regno Unito ha colto in lui il “seguace fedele di Gesù Cristo”. Tutto il resto va lasciato ai nostri autorevoli commentatori nazionali.
Ma non è questo il momento delle polemiche e del rischio di perdersi dietro piccole cose spazzate via dalla grandezza di un Papa che meriterebbe davvero, anch’egli, il grido di popolo “santo subito”. Anche se abbiamo invece sentito, e continuiamo a sentire, tante letture banali e riduttive della sua figura. L’immagine di un santino più che la cifra di un richiamo all’essenza del messaggio evangelico.
Non è mancato neanche chi ha finito per parlare quasi esclusivamente delle proprie relazioni personali con Francesco. Lasciando in ombra tutto ciò che cozzava del suo insegnamento con il proprio metodo politico, con le proprie strategie economiche, con la propria indifferenza verso le questioni ambientali. Ciò, insomma, con cui Papa Bergoglio ha spiegato, e nei fatti, il significato della scelta del suo nome al momento della salita alla Cattedra di Pietro e, dunque, la sensibilità tutta particolare richiesta al cristiano verso il Creato e i propri simili.
Altri, invece, hanno taciuto, perché la voce di Papa Bergoglio è diventata nel corso dei 12 anni del pontificato troppo scomoda. Così come tanti suoi gesti quotidiani. A partire dalla telefonata serale fissa con la piccolissima e martoriata parrocchia cattolica di Gaza. Tutto quello che, cioè, si poneva come autentica, ed oggettiva, “pietra di scandalo” perché diretto ai veri ultimi, ai veri indifesi, ai veri abbandonati. E Francesco non pensava solo a quelli senza casa, senza affetti o, addirittura, sotto le bombe. Perché egli era consapevole che in una società strutturalmente iniqua il numero degli “ultimi” è destinato a crescere permanentemente.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Finalmente un’ opinione corretta, una visione ampia della figura di Francesco.
Ho detto “opinione” e non giudizio. “ma chi sono loro”, piccoli uomini, che hanno la spocchia di giudicare un grande uomo? Si sono chiesti questi signori, quante mediazioni, alcune dolorose per lui, ha dovuto fare, per condurre la barca della Chiesa? Nonostante queste mediazioni, inevitabili nella sua posizione, il suo messaggio di pace, speranza, amore per il creato, è salito comunque al Cielo. Il raglio d’asino, invece, non salirà
La Storia, se oggettiva, gliene renderà merito.