1945-2025: il 25 Aprile rivive nella nostra Costituzione



Aldo Novellini    24 Aprile 2025       3

25 Aprile 1945! Ottanta anni fa, la rinascita dell'Italia libera. Ben otto decenni ci separano da quei giorni che segnarono la fine della Guerra di Liberazione. Una lotta che coinvolse forze tra loro molto diverse - comunisti e cattolici, liberali ed azionisti, monarchici e socialisti - che sarebbero poi entrate in contrasto tra loro ma in quel momento si trovarono accomunate dalla volontà di riscattare la nostra patria dalla duplice oppressione straniera e nostrana. Quella nazista e quella fascista.

I morti, tutti i morti, vanno rispettati perché per lo più ci raccontano di ragazzi che hanno perso la vita per un loro ideale. Ma poi non si può, e non si deve, fare confusione. C'era chi stava dalla parte giusta e chi da quella sbagliata. Nessun revisionismo può eludere questa realtà: da un lato la lotta per la libertà, dall'altro, magari inconsciamente, la difesa della tirannia.

Una verità incancellabile. Quella che l'azionista Vittorio Foa ricordò al missino Giorgio Pisanò, ex combattente della Rsi. Questi, anni dopo in Senato, andandogli incontro gli disse: «Caro Foa, dopo tanti anni di battaglie su fronti opposti, ci troviamo qui, a servire lo Stato pur con le nostre diverse idee. Possiamo stringerci la mano?». E Foa: «Certo, possiamo stringercela. L’importante è ricordarci che lei è qui, in Parlamento, grazie alla Costituzione; e la Costituzione c’è perché abbiamo vinto noi. Se aveste vinto voi, io sarei rimasto in galera e lì sarei morto».

Di questa Italia libera, di questa democrazia nata dalla Resistenza, hanno goduto - come era ovvio - anche quelli che in quella stagione, tragica e confusa, stavano dall'altra parte. Del resto non può che essere così: le istituzioni democratiche sono di tutti, indistintamente.

E la nostra Costituzione rappresenta il mirabile frutto di quel seme gettato da uomini e donne in quei tremendi mesi di lotta contro il nazifascismo. Una Carta costituzionale che è antifascista non per respingere qualcuno - tanto che, per l'appunto, esponenti del neofascismo hanno potuto sedere tranquillamente in Parlamento - quanto per rifiutare qualcosa. Ossia tutta l'impalcatura ideologica della dittatura.

Nella Costituzione si ripudia la guerra anziché esaltarla, si parla di uguaglianza in luogo del privilegio, si vuole la solidarietà con i più deboli invece che la loro sopraffazione. Ma c'è di più. Alla Repubblica democratica fondata sul lavoro si chiede di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Un obiettivo in divenire ma pur sempre una meta cui aspirare. Ne scaturisce un modello di convivenza civile che consente una piena e libera manifestazione del proprio pensiero, che ci parla di diritto alla salute e all'istruzione, in cui si rispettano le tutele lavorative, in cui si salvaguarda l'ambiente. Al centro di tutto vi è la persona umana con la propria inviolabile dignità.

Oltre ai principi fondamentali, su cui crediamo esista ormai una pressoché totale condivisione, vi è poi una seconda parte del testo, coerente, a ben vedere, con la prima da cui emerge un preciso disegno istituzionale. Un contesto nel quale si staglia la centralità del Parlamento, imprescindibile snodo della rappresentanza popolare, organo di controllo del governo e sede del potere legislativo. Un modello di tripartizione dei poteri sancito dall'indipendenza della magistratura a presidio della legalità e a protezione dell'uguaglianza di tutti i cittadini. Un insieme di pesi e contrappesi dove prezioso si rivela il ruolo dei giudici costituzionali a difesa dei principi che fondano il nostro ordinamento e dove, al vertice dello Stato, si colloca il Presidente della Repubblica autentico garante delle istituzioni democratiche e dell'unità nazionale. Un sistema, in cui si rifugge da qualsiasi accentramento del potere, che va preservato nei decenni a venire, senza farsi abbagliare da riforme che vogliono scardinarne gli assetti.

Di tutto questo è fatto il 25 aprile. Non ricorrenza che sbiadisce col passare del tempo, non semplice memoria di una storia ormai lontana, ma sorgente dei valori e dei principi che animano la nostra Costituzione e alimentano la nostra vita nazionale.


3 Commenti

  1. La Costituzione, al compimento degli 80 anni, si scopre assediata da forze politiche, di torbide ascendenze mai rinnegate, che, in modo subdolo, tentano di snaturarne e stravolgerne le fondamenta.
    La mancanza di attenzione e di controllo potrebbe rendere concreto il rischio di un’erosione interna, silente e progressiva, fino a scoprire che i principi basilari su cui si fonda la Costituzione sono stati ridotti a gusci vuoti, benché formalmente con le sembianze degli originali.
    Le forze politiche di opposizione, o meglio alternative, sono chiamate ad un impegno di grande responsabilità, mettendo in evidenza ogni tentativo di manomissione e di stravolgimento del dettato Costituzionale, spacciato per indiscriminata necessità di modifica e di aggiornamento alle mutate condizioni culturali, economiche e sociali.

  2. L’Italia ha celebrato l’80° anniversario della liberazione dal nazifascismo, eppure a tanti anni di distanza, si parla di Resistenza in modo superficiale e di parte, il Paese continua a essere diviso, per ragioni ideologiche e anche per scarsa conoscenza di quella fase cruciale della nostra storia. Al sud non ci fu resistenza organizzata ma da bande armate che rubavano e saccheggiavano, c’è stata la Resistenza della carità, che è poco conosciuta e che pure è costata cara. Ho vissuto quei tempi nella mia città natale Foggia, vidi ciò che accadde dopo l’8 settembre 1943. I bombardamenti degli alleati rasero a tappeto la città per stanare i tedeschi e per continuare l’avanzata verso nord. Morirono per questa scellerata strategia 20.000 abitanti, non ci fu resistenza, ma soltanto rapine, stupri, ruberie e terribile miseria. Le truppe alleate si accamparono nel centro della città distrutta. All’inizio del mese di gennaio del 1946, in pochi giorni sparirono lasciando una mostruosa situazione che fu peggiorata dall’arrivo di falsi partigiani, ladri locali spalleggiati dai soldati sbandati di Tito, prendevano quel poco lasciato dai vincitori. Curzio Malaparte descrive quel periodo con grande realismo. Di Resistenza non ce n’è solo una: c’è stata la Resistenza dei militari nelle sue varie forme, in Italia e all’estero; c’è stata quella del Corpo Italiano di Liberazione. Si dimentica la Resistenza disarmata, bastava ospitare un disertore per rischiare la vita. La Resistenza fu più complessa di come la descrive la sinistra, all’interno della stessa Resistenza partigiana, c’erano diverse componenti. Ad esempio nelle Brigate Garibaldi c’era una forte componente comunista, che giocò un ruolo importante, con il PCI in veste di organizzatore, ma questa componente non era certo l’unica, nelle Brigate Garibaldi ci andava chiunque e al loro interno vi erano pure tantissimi cattolici, che hanno occupato anche posizioni di rilievo, senza essere comunisti. Si ricorda anche il ruolo delle Brigate Giustizia e Libertà (i cui membri erano molto radicali, molto antifascisti, molto ben addestrati, e seppur con minor peso gli autonomi, ossia i monarchici. In sostanza, non reggono le narrazioni ne fascista e né comunista sulla Resistenza. Alla fine della guerra si è cercato di nascondere la storia reale della Resistenza, nel senso di non riportate a galla tutte quelle numerosissime testimonianze di partigiani cristiani, presenti anche in formazioni di sinistra. Inoltre questa mancata analisi storica ha contribuito alla polarizzazione cui assistiamo ancora oggi, con la sinistra che si è attribuita il merito dell’intera Resistenza, sorvolando sulla collaborazione che vi fu tra le varie forze che si opposero al nazifascismo. Gli episodi sono tantissimi, gesti grandi e piccoli, che ebbero come protagonisti più settori della popolazione, inclusi alcuni noti per essere stati fascisti, che salvarono centinaia di persone procurando loro documenti falsi, prima di essere catturati e torturati fino a morire. A proposito di parigiani, bisogna distinguere anche quelli che sono stati i criminali da ambo le parti, senza demonizzare soltanto i fascisti. Soprattutto bisogna ricordare quanto di buono si è raggiunto attraverso la Resistenza, con la libertà e lo sviluppo del dopoguerra, e ricordare sia gli antifascisti che sono stati tali fin dall’inizio e sia quelli che sono diventati antifascisti dopo l’8 settembre e che ci hanno rimesso la vita.

  3. Condivido lo scritto di Filippo Arpaia che cerca di dare un resoconto veritiero ed equilibrato della resistenza. I comunisti e l’attuale sinistra, che da sempre cercano di attribuirsi i meriti esclusivi della liberazione e si sono impadroniti del 25 aprile, sono in realtà tra i negatori dei principi più sopra ricordati della Costituzione. Lo dico da cattolico mai stato né fascista, né comunista, che non ha mai accettato compromessi con ideologie totalitarie di nessun colore.

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