
Di “irruzione brutale” nella scena politica, a proposito del presidente argentino Milei, ha scritto su “Grand Continent” il professor Gabriel Vommaro docente di sociologia politica nell’Università di San Martin. Milei, sostanzialmente un homo novus per la stragrande maggioranza dell’elettorato, affacciatosi alla ribalta con la creazione nel 2021 di un piccolo partito “LLA - La libertad avanza”, con cui viene eletto alla Camera.
Si presenta con un serio passato di economista di dura scuola neoliberale, ma anche influencer spregiudicato, profondamente individualista. Si fa conoscere con una intensa presenza sui media, con una linea accuratamente preparata insieme a una squadra di giovani specialisti di social media, guidata dalla sorella Karina, poi sua principale consigliera. Per “bucare lo schermo” sceglie le tinte forti, con un linguaggio brusco e volgare, attaccando “la casta” politica e i ladroni e gli approfittatori, tra cui mette una massa parassitaria che vive alle spalle dello Stato. Con i toni di una specie di Grillo di destra. Se la prende anche con il Papa, accusato di sinistrismo.
In realtà i governi peronisti, al fine di creare un sistema di protezione per le fasce più deboli e per consolidare la propria base elettorale, avevano effettivamente creato un sistema assistenziale molto pesante per i conti pubblici, affossati nonostante un gravoso inasprimento fiscale sul sistema produttivo, colpendo in particolare agricoltura e allevamento. Il tutto accompagnato da un incremento della corruzione pubblica, purtroppo già endemica anche nel sistema argentino. Nonostante svariate misure protezionistiche messe in atto dal governo, anche per frenare l’esodo di capitali verso l’estero, il disastrato bilancio dello stato generò un’inflazione crescente e incontenibile, quasi triplicata negli anni 2022-23 e un crollo delle riserve in possesso della Banca Centrale. Per i cittadini ciò ha voluto dire un aumento dei prezzi al consumo intollerabile, con i prezzi dei beni negli scaffali continuamente corretti.
Questo quadro d’insieme spiega il successo di Milei e la sua irruzione brutale nella contesa elettorale, con il suo linguaggio senza freni, il tono accusatorio e la famosa motosega, brandita per potare senza pietà rami secchi e parassiti, successo che interessò soprattutto le fasce meno politicizzate e soprattutto quelle giovanili. Con un programma radicale anarco-capitalista, che prevede, tra l’altro, la soppressione della Banca Centrale e di molti ministeri oltre alla “dollarizzazione” dell’economia, con la progressiva scomparsa della moneta nazionale.
Il risultato elettorale fu clamoroso: prima, in un curioso passaggio di primarie presente nel sistema argentino, scavalcò a sorpresa la candidata del centrodestra “normale”, Patricia Bullrich e poi nelle elezioni del 19 novembre 2023 superò il rivale peronista Sergio Massa in tutte le 24 province salvo tre, unendo ai propri i voti la quasi totalità dell’elettorato della Bullrich. Un vero e proprio trionfo, con un consenso diffuso in pressoché tutto il Paese, anche in zone teoricamente ostili e tagliando trasversalmente l’elettorato.
Al presente però i giochi non sono del tutto fatti. Infatti, contemporaneamente, nel Parlamento parzialmente rinnovato, la LLA, il partito di Milei, ha un peso relativamente modesto e il governo che ha dovuto costruire è un governo di coalizione, costruito con il centrodestra tradizionale e indipendenti.
Questa condizione di solo relativa autonomia non ha consentito a Milei di lanciarsi a una piena attuazione del proprio programma, in particolare delle sue proposte più ardite, come le più pesanti delle privatizzazioni, incluse quella di YPF (semplificando:, l’ENI argentino) e di Aerolineas Argentinas. Nel prossimo mese di ottobre ci saranno delle elezioni di mid term che costituiranno un test fondamentale per el libertario: potrà uscirne più forte ed accentuare la sua linea o trovarsi in difficoltà e mettersi sulla difensiva.
Il giudizio sull’operato nel primo periodo di governo risente naturalmente di chi lo formula. Per la maggior parte del mondo peronista, per le sinistre variegate, per la maggior parte dei sindacati i toni sono ipercritici. I consistenti licenziamenti di soggetti direttamente o indirettamente dipendenti dallo Stato, l’avvio di pericolose ma per ora marginali privatizzazioni, i tagli su istruzione universitaria, sanità e infrastrutture sono visti come inaccettabili attacchi alla qualità della vita della popolazione. Anche l’intenzione di uscire dal Mercosur – il blocco regionale che include Brasile, Paraguay e Uruguay ed è stato a lungo considerato un pilastro dell’integrazione economica sudamericana – per allacciare un rapporto diretto con gli Stati Uniti è visto come il fumo negli occhi.
Dal fronte opposto si raccolgono opinioni più articolate: negli ambienti più maturi prevalgono un certo scetticismo e una certa insofferenza per il piglio guascone e istrionico del personaggio, per talune sue stramberie sul piano personale (ad esempio come una sua attrazione verso l’esoterismo). Lascia interdetti anche il suo piglio autoritario, che lo ha portato a far dimettere oltre cento suoi collaboratori nei primi 14 mesi di governo, come sottolinea l’autorevole quotidiano “La Nacion”, e lo scontro con l’ex ministro Domingo Cavallo, che è passato dall'essere descritto da lui, come "il miglior economista della storia" nell'ottobre 2023 a diventare improvvisamente "impresentabile". Non tutti poi sono entusiasti per l’allineamento totale a Trump e anche a Netanyahu, tra l’altro favorito – si dice – da una sua possibile tentazione di conversione all’ebraismo. Si ammette comunque che l’appoggio yankee, specie nei rapporti con il Fondo Monetario Internazionale, potrebbe risultare determinante per un definitivo riassetto dell’economia. Anche i suoi sostenitori più tiepidi riconoscono che l’inflazione è attualmente in netto calo e i conti pubblici, con riferimento al debito primario, nei primi mesi del corrente anno sono in pari.
Certamente poi l’Argentina ha un enorme bisogno di nuovi investimenti in tutti i settori produttivi, per lo sfruttamento delle risorse naturali e nelle infrastrutture e per moltiplicare i posti di lavoro veri, non solo frutto di sussidi pubblici. Sono investimenti che richiedono l’afflusso di capitali stranieri e prima ancora dei capitali argentini “per prudenza” parcheggiati all’estero. Perché ciò si verifichi occorre garantire un quadro di accettabili certezze, quale quello che Milei si propone di assicurare. Si tratterebbe, in caso di successo e almeno sotto questo profilo, della strategia più positiva per il Paese degli ultimi settanta anni...
Ammesso che questo processo positivo si sviluppi e possa portare a condizioni di un maggior diffuso benessere, il Paese dovrà però affrontare una fase transitoria molto dura e che potrebbe non essere in grado di reggere; questa è la valutazione di sindacati e forze di opposizione, che difatti stanno dando vita a un duro confronto, in Parlamento, sui media e nelle piazze. Per ora si parla di una riduzione del consumo di cibo del 15%, si ricordano il licenziamento di migliaia di dipendenti statali, unitamente a un taglio delle pensioni e restrizioni ai diritti dei lavoratori. Di certo, se la sua politica di austerità è riuscita – come detto – a frenare l'inflazione, l'Argentina resta ancora in recessione, mentre i tagli hanno colpito soprattutto la popolazione più vulnerabile, e il tasso di povertà è salito al 52,9% alla fine della seconda metà del 2024.
Per quanto ancora non si possa parlare di una potenziale caduta elettorale, da qualche tempo Milei vive una crisi d'immagine. A certificarlo sono i numerosi sondaggi che registrano un appannamento della sua figura, senza che ciò, per il momento, comporti anche una sua discesa importante nell'intenzione di voto.
Ho già ricordato le prossime elezioni che si terranno il 26 ottobre, con il rinnovo in parte di Camera e Senato. In particolare, gli elettori saranno chiamati ad eleggere 127 deputati su un totale di 245 e 24 senatori in otto province, ridefinendo così la composizione del Congresso nazionale. Elezioni che saranno fondamentali in un senso o nell’altro e contribuiranno a definire i prossimi passaggi per la vita dell’Argentina e non solo dell’Argentina, considerandone peso e ruolo rispetto agli equilibri nel Sudamerica.
Allora si potrà a metter meglio a fuoco il profilo di Javier Milei: una meteora come altri leader populisti affacciatisi sulla scena o un credibile, anche se pur sempre anomalo e bizzarro, statista.
Si presenta con un serio passato di economista di dura scuola neoliberale, ma anche influencer spregiudicato, profondamente individualista. Si fa conoscere con una intensa presenza sui media, con una linea accuratamente preparata insieme a una squadra di giovani specialisti di social media, guidata dalla sorella Karina, poi sua principale consigliera. Per “bucare lo schermo” sceglie le tinte forti, con un linguaggio brusco e volgare, attaccando “la casta” politica e i ladroni e gli approfittatori, tra cui mette una massa parassitaria che vive alle spalle dello Stato. Con i toni di una specie di Grillo di destra. Se la prende anche con il Papa, accusato di sinistrismo.
In realtà i governi peronisti, al fine di creare un sistema di protezione per le fasce più deboli e per consolidare la propria base elettorale, avevano effettivamente creato un sistema assistenziale molto pesante per i conti pubblici, affossati nonostante un gravoso inasprimento fiscale sul sistema produttivo, colpendo in particolare agricoltura e allevamento. Il tutto accompagnato da un incremento della corruzione pubblica, purtroppo già endemica anche nel sistema argentino. Nonostante svariate misure protezionistiche messe in atto dal governo, anche per frenare l’esodo di capitali verso l’estero, il disastrato bilancio dello stato generò un’inflazione crescente e incontenibile, quasi triplicata negli anni 2022-23 e un crollo delle riserve in possesso della Banca Centrale. Per i cittadini ciò ha voluto dire un aumento dei prezzi al consumo intollerabile, con i prezzi dei beni negli scaffali continuamente corretti.
Questo quadro d’insieme spiega il successo di Milei e la sua irruzione brutale nella contesa elettorale, con il suo linguaggio senza freni, il tono accusatorio e la famosa motosega, brandita per potare senza pietà rami secchi e parassiti, successo che interessò soprattutto le fasce meno politicizzate e soprattutto quelle giovanili. Con un programma radicale anarco-capitalista, che prevede, tra l’altro, la soppressione della Banca Centrale e di molti ministeri oltre alla “dollarizzazione” dell’economia, con la progressiva scomparsa della moneta nazionale.
Il risultato elettorale fu clamoroso: prima, in un curioso passaggio di primarie presente nel sistema argentino, scavalcò a sorpresa la candidata del centrodestra “normale”, Patricia Bullrich e poi nelle elezioni del 19 novembre 2023 superò il rivale peronista Sergio Massa in tutte le 24 province salvo tre, unendo ai propri i voti la quasi totalità dell’elettorato della Bullrich. Un vero e proprio trionfo, con un consenso diffuso in pressoché tutto il Paese, anche in zone teoricamente ostili e tagliando trasversalmente l’elettorato.
Al presente però i giochi non sono del tutto fatti. Infatti, contemporaneamente, nel Parlamento parzialmente rinnovato, la LLA, il partito di Milei, ha un peso relativamente modesto e il governo che ha dovuto costruire è un governo di coalizione, costruito con il centrodestra tradizionale e indipendenti.
Questa condizione di solo relativa autonomia non ha consentito a Milei di lanciarsi a una piena attuazione del proprio programma, in particolare delle sue proposte più ardite, come le più pesanti delle privatizzazioni, incluse quella di YPF (semplificando:, l’ENI argentino) e di Aerolineas Argentinas. Nel prossimo mese di ottobre ci saranno delle elezioni di mid term che costituiranno un test fondamentale per el libertario: potrà uscirne più forte ed accentuare la sua linea o trovarsi in difficoltà e mettersi sulla difensiva.
Il giudizio sull’operato nel primo periodo di governo risente naturalmente di chi lo formula. Per la maggior parte del mondo peronista, per le sinistre variegate, per la maggior parte dei sindacati i toni sono ipercritici. I consistenti licenziamenti di soggetti direttamente o indirettamente dipendenti dallo Stato, l’avvio di pericolose ma per ora marginali privatizzazioni, i tagli su istruzione universitaria, sanità e infrastrutture sono visti come inaccettabili attacchi alla qualità della vita della popolazione. Anche l’intenzione di uscire dal Mercosur – il blocco regionale che include Brasile, Paraguay e Uruguay ed è stato a lungo considerato un pilastro dell’integrazione economica sudamericana – per allacciare un rapporto diretto con gli Stati Uniti è visto come il fumo negli occhi.
Dal fronte opposto si raccolgono opinioni più articolate: negli ambienti più maturi prevalgono un certo scetticismo e una certa insofferenza per il piglio guascone e istrionico del personaggio, per talune sue stramberie sul piano personale (ad esempio come una sua attrazione verso l’esoterismo). Lascia interdetti anche il suo piglio autoritario, che lo ha portato a far dimettere oltre cento suoi collaboratori nei primi 14 mesi di governo, come sottolinea l’autorevole quotidiano “La Nacion”, e lo scontro con l’ex ministro Domingo Cavallo, che è passato dall'essere descritto da lui, come "il miglior economista della storia" nell'ottobre 2023 a diventare improvvisamente "impresentabile". Non tutti poi sono entusiasti per l’allineamento totale a Trump e anche a Netanyahu, tra l’altro favorito – si dice – da una sua possibile tentazione di conversione all’ebraismo. Si ammette comunque che l’appoggio yankee, specie nei rapporti con il Fondo Monetario Internazionale, potrebbe risultare determinante per un definitivo riassetto dell’economia. Anche i suoi sostenitori più tiepidi riconoscono che l’inflazione è attualmente in netto calo e i conti pubblici, con riferimento al debito primario, nei primi mesi del corrente anno sono in pari.
Certamente poi l’Argentina ha un enorme bisogno di nuovi investimenti in tutti i settori produttivi, per lo sfruttamento delle risorse naturali e nelle infrastrutture e per moltiplicare i posti di lavoro veri, non solo frutto di sussidi pubblici. Sono investimenti che richiedono l’afflusso di capitali stranieri e prima ancora dei capitali argentini “per prudenza” parcheggiati all’estero. Perché ciò si verifichi occorre garantire un quadro di accettabili certezze, quale quello che Milei si propone di assicurare. Si tratterebbe, in caso di successo e almeno sotto questo profilo, della strategia più positiva per il Paese degli ultimi settanta anni...
Ammesso che questo processo positivo si sviluppi e possa portare a condizioni di un maggior diffuso benessere, il Paese dovrà però affrontare una fase transitoria molto dura e che potrebbe non essere in grado di reggere; questa è la valutazione di sindacati e forze di opposizione, che difatti stanno dando vita a un duro confronto, in Parlamento, sui media e nelle piazze. Per ora si parla di una riduzione del consumo di cibo del 15%, si ricordano il licenziamento di migliaia di dipendenti statali, unitamente a un taglio delle pensioni e restrizioni ai diritti dei lavoratori. Di certo, se la sua politica di austerità è riuscita – come detto – a frenare l'inflazione, l'Argentina resta ancora in recessione, mentre i tagli hanno colpito soprattutto la popolazione più vulnerabile, e il tasso di povertà è salito al 52,9% alla fine della seconda metà del 2024.
Per quanto ancora non si possa parlare di una potenziale caduta elettorale, da qualche tempo Milei vive una crisi d'immagine. A certificarlo sono i numerosi sondaggi che registrano un appannamento della sua figura, senza che ciò, per il momento, comporti anche una sua discesa importante nell'intenzione di voto.
Ho già ricordato le prossime elezioni che si terranno il 26 ottobre, con il rinnovo in parte di Camera e Senato. In particolare, gli elettori saranno chiamati ad eleggere 127 deputati su un totale di 245 e 24 senatori in otto province, ridefinendo così la composizione del Congresso nazionale. Elezioni che saranno fondamentali in un senso o nell’altro e contribuiranno a definire i prossimi passaggi per la vita dell’Argentina e non solo dell’Argentina, considerandone peso e ruolo rispetto agli equilibri nel Sudamerica.
Allora si potrà a metter meglio a fuoco il profilo di Javier Milei: una meteora come altri leader populisti affacciatisi sulla scena o un credibile, anche se pur sempre anomalo e bizzarro, statista.
Eh si, non ci resta che attendere in questo mondo che cambia velocemente e in cui anche i leader cambiano opinione troppo spesso… in entrambi gli emisferi del globo.
Interessantissimi reportages dall’Argentina del nostro Presidente. Sarebbe bello in futuro organizzare una serata per dibatterne. Nella comunità dove svolgo il mio volontariato abbiamo incontrato già giovani argentini di origini italiane, con alti livelli di scolarizzazione, che hanno scelto di abbandonare il loro paese, molto a malincuore, a causa di una situazione economica e sociale a loro dire “pericolosa”
Ringrazio Franco Campia per la chiara e sintetica ricostruzione storica delle vicende argentine fino alla recente situazione. Nei media nostrani, c’è un sostanziale disinteresse per tutto quanto riguarda i fatti politici di una parte del mondo con il quale ci sono stati e ci sono profondi legami. Si parla più del processo ai presunti responsabili della morte di Maradona che di quanto accade a seguito dell’insediamento di Milei alla presidenza dell’Argentina. Ancor meno ci sono fornite notizie riguardo al Brasile, al Cile e all’Uruguay.
Prego Franco di voler continuare a tenerci informati della situazione di questo mondo geograficamente lontano ma sentimentalmente a noi vicino.