Quale pace in Ucraina



Aldo Novellini    3 Dicembre 2024       6

Aspettando il debutto della nuova presidenza Trump, molto si parla della questione dei dazi ma è chiaro che il tema più gettonato resta la guerra in Ucraina. Conflitto che il tycoon promette di far cessare in brevissimo tempo. Ovviamente, per ora, non è dato di sapere quali siano le sue reali intenzioni.

Le scopriremo dal 20 gennaio in poi e vedremo se sarà solo mera propaganda o se si tratta di una proposta ben congegnata. Capiremo soprattutto in che termini verrà posta la questione. Nessun dubbio che si tratti di una matassa difficile da dipanare, da che le parti - Russia ed Ucraina – sono su posizioni inconciliabili e dove qualsiasi ricomposizione richiederà, evidentemente, reciproche concessioni.

Nei giorni scorsi è filtrato un piano russo senza alcun crisma di ufficialità, utile però a farsi un'idea di come si vorrebbe regolare la questione nei desiderata di Mosca. Veniva detto che i territori conquistati (Donbass, ecc...) dovranno rimanere sotto sovranità russa e fin qui nulla di nuovo. Le novità stavano invece nel resto. Nella parte centrale del Paese - la zona di Kiev, tanto per capirci - dovrebbe installarsi un governo gradito a Mosca e la parte ovest dell'Ucraina, se si è ben compreso, sarebbe smembrata e suddivisa tra Ungheria, Romania e Polonia. Ipotesi, quest'ultima, talmente assurda che non vale la pena commentare.

Diciamo intanto che messe le cose in questi termini l'annoso problema “Nato sì, Nato no” sarebbe risolto per consunzione, data la scomparsa dell'Ucraina in quanto nazione indipendente. Non scaturendo da fonti ufficiali questo schema va comunque preso per quello che è: una sorta di ballon d'essai gettato in aria per vedere l'effetto che fa.

Al tavolo delle future trattative, si spera emerga qualcosa di più serio perché questo pseudo piano pare la fotocopia di quello messo in atto dalla Germania nazista nel 1938-39 con la Cecoslovacchia. Dapprima l'annessione dei Sudeti, regione abitata in larghissima parte da tedesca che – va detto per onestà storica – aspirava ad entrare nel Reich, cosa che non accade nel Donbass che, pur russofono, di venir annesso alla Russia non ne vuole sapere. Secondo passo - nel 1939 - fu la creazione a Praga di un governo fantoccio ed infine la Cecoslovacchia fu cancellata dalla carta geografica.

Non possiamo pensare che Putin voglia seguire le orme hitleriane e c'è da credere che le vere proposte per chiudere il conflitto siano qualcosa di diverso dalla traccia forse lanciata da qualche zelante propagandista moscovita. Detto questo rimane ugualmente da domandarsi su quali basi potrà essere costruita una soluzione per far cessare la guerra. Quale sia cioè il punto di caduta accettato da entrambi i contendenti: quel compromesso che possa far dire a ciascuno di aver vinto. O quanto meno di aver guadagnato qualcosa.

Di certo non è immaginabile che la Russia abbandoni i territori sinora occupati e questo indubbiamente significa una sconfitta per Kiev. Per recuperare quelle regioni servirebbe o un collasso russo - vaticinato da non pochi osservatori occidentali ma che crediamo privo di fondamento - o infilarsi in una guerra di portata mondiale. Da escludersi senza se e senza ma. Cosa rimane dunque in campo?

Il solo modo per compensare il probabile sacrificio territoriale ucraino a vantaggio russo è un contestuale ed immediato ingresso di Kiev nell'Alleanza atlantica. A pieno titolo. Uno scambio Nato-territori forse ingiusto per chi è stato invaso ma che rappresenta una vittoria di Pirro per l'invasore che, sperandolo pago delle nuove regioni conquistate, si ritroverebbe con la Nato ai propri confini. Come accade alla frontiera finlandese.

Del resto – diciamo le cose come stanno – solo lo scudo atlantico può costituire l'effettiva garanzia per l'indipendenza dell'Ucraina di fronte a possibili future aggressioni russe. Si tratta, oggi come ieri, di ripararsi sotto l'ombrello Nato. Quello stesso che mezzo secolo fa rassicurava persino il leader del Pci, Enrico Berlinguer: uno che Mosca la conosceva sin troppo bene,


6 Commenti

  1. In attesa dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca si rincorrono varie ipotesi di soluzione del conflitto russo-ucraino dal sentore puramente accademico, stante l’imprevedibilità delle future scelte del neopresidente e le reali pretese di Vladimir Putin.
    Il controllo del Donbass da parte russa è da considerarsi ormai un fatto indiscutibile e si può solo ipotizzare e auspicare una trattativa tra le parti, per la tutela della popolazione ucrainofona o per il loro trasferimento in territorio ucraino.
    Un’ipotesi di soluzione potrebbe prevedere la trasformazione,temporanea, del territorio ucraino in uno Stato-cuscinetto neutrale, sotto tutela internazionale, e in un secondo tempo il suo ingresso nella Nato e nell’UE.
    Dopo quasi tre anni di feroce guerra, con un progressivo aumento di intensità, pare poco probabile che una qualsiasi forma di trattato possa garantire una pace stabile, senza un alto rischio di ripresa delle ostilità in maniera strisciante o in forma di terrorismo.
    In conclusione, già dall’inizio era chiaro che l’Ucraina non avrebbe mai potuto aver ragione della Federazione Russa,
    in ragione dell’enorme sproporzione tra le parti, anche con l’aiuto massiccio dell’Occidente, restio ad impegnarsi nel conflitto in modo diretto nella consapevolezza che ciò avrebbe innescato un catastrofico conflitto mondiale.
    Come in ogni guerra, alla fine rimangono un panorama di morte e distruzione e gli utili smisurati delle innumerevoli industrie belliche.

  2. Esiste una semplicissima regola alla base di ogni negoziato, che si tratti di politica estera, di trattative fra sindacati e imprese, della compravendita di una casa , della maggioranza di un oscuro consiglio di circoscrizione…..ognuna delle due parti alza la posta adattandosi poi a un compromesso il meno possibile al ribasso. E’ importante alzare la posta in modo credibile e non troppo sbruffone: chiedere per esempio trecentomila euro per un bilocale in Barriera di Milano annullerebbe in partenza qualsiasi ipotesi di trattativa. Le richieste dei Russi non appaiono, tenuto conto che stanno vincendo lentamente la guerra (su cui non hanno mai investito un numero di risorse esagerato oltretutto) irrealistiche: purchè esista la volontà di trovare un punto di equilibrio. Ma con chi dovranno trattare? La componente anglosassone, vero deus ex machina del conflitto e non certo dal 2022, dovrà operare con abilità e astuzia per simulare un protagonismo ucraino nella trattativa gestendo la comprensibile frustrazione dei loro alleati: è stato blandito e aizzato il nazionalismo indipendentista , si sono create le condizioni per irritare il potente vicino sino al lancio della famigerata operazione speciale , l’Ucraina si è acconciata a un’economia di guerra e alla messa in pausa della democrazia, migliaia di morti fra militari e civili per che cosa? Per fare da comparse in un deal fra superpotenza in declino e potenza regionale emergente? Quanto allo statuto della zona ovest e di Lvov in particolare l’ipotesi di un protettorato polacco magiaro non è così fantapolitica, se ne sussurra da tempo ( comparve al riguardo un interessante articolo su Limes di aprile o maggio).Quell’area era controllata dalla nobiltà polacca tra il XVI e il XVII secolo e i liberi cosacchi ( servi della gleba fuggiti e affrancati) combatterono , e gli zar opportunisticamente li sostennero, contro la classe dominante ; il conflitto ebbe anche un risvolto religioso, cattolici i polacchi ortodossi i cosacchi: il capolavoro di Gogol Taras Bulba è imperniato proprio su queste vicende. La Polonia non ha mai smesso di guardare con appetito all’ovest dell’Ucraina ( il sostegno polacco agli ucraini oggi non deriva tanto da una improvvisa simpatia nei loro confronti ma dalla comune avversione verso la Russia). Gli ungheresi dal canto loro desiderano tutelare la minoranza magiara presente nell’area (credo ma dovrei approfondire anche i romeni) e temono giustamente quell’ucrainizzazione che il regime di Kiev vorrebbe estendere a tutto il paese. Lo “schema dei sudeti” è una costante dinamica storica e non è riferibile, come ossessivamente si ripete, soltanto alle cupe vicende naziste.

  3. Scusate la poca diplomazia ma il commento di Andrea Griseri è molto più completo, realistico e veritiero dell’articola di Novellini in cui traspare un atlantismo tout court , oserei dire di tipo Gruberiano , senza contare che tace sul fatto che in Donbass qualsiasi referendum ha visto esprimersi la schiacciante totalità a favore dell’integrazione della Russia. Ma, si sa bene , oggi ( vedi Romania) a Brussels e a Washington se non vincono i buoni le elezioni non sono valide.

  4. Riflessione di buon senso orientata da realismo politico il quale, purtroppo, non è mai sovrapponibile alla Pace “giusta”. Non vi è dubbio che la mattanza in essere, visti gli ultimi sviluppi del confronto militare, debba cessare al più presto. Le stime più accreditate nel turbinio delle varie propagande enucleano tra i 600 e gli 800 mila morti tra le fila della composita alleanza russa e circa 100 mila tra le fila Ucraine. Attendibili perché rispecchiano proporzionalmente le forze in campo, con un rapporto 1 a 6 secondo gli esperti militari. Certo è che la “grande potenza militare russa” dopo aver raschiato il fondo del proprio barile, in tutte le zone asiatiche della Federazione, ha attinto nei barili di Corea del Nord, Iran e Cina rispettivamente fornitori di uomini, armi e tecnologie militari oltre che di denari, si pensi alle forniture di gas e petrolio alla Cina sostituitasi ai paesi europei. Il successo del presidente russo è indubbiamente quello di aver ridotto il proprio paese ad ancella della Cina comunista, con grande e piena soddisfazione dell’impassibile dittatore cinese, oltre ad aver riattivato e allargato ulteriormente la NATO. Complimenti ai suoi “consigliori” qualora ne avesse. Tuttavia il più grande sconfitto non è né l’inquilino del Cremlino, incapace di autogestire la sua indubbia volontà neo imperialista, dovendo ricorrere ad aiuti esterni, né la “martoriata” Ucraina, la quale senza gli aiuti occidentali non esisterebbe più sulla carta geografica, nonostante l’eroismo dei suoi abitanti. La grande sconfitta è l’Europa o per essere più chiari quella Europa Politica che non esiste e che non è all’orizzonte, purtroppo. I Paesi europei ora si trovano come un vaso di coccio a dover rincorrere maldestramente una composizione di errori trentennali, a partire dalla caduta del “muro di Berlino” e sino al febbraio del 2022, dovendo obbligatoriamente, in qualche modo, sostenere spese militari dimenticate da tempo e nuove strategie comuni improvvisate di difesa per poter fronteggiare (forse!) i nemici di un tempo, quelli che a tutt’oggi non lesinano di invadere territori militarmente, di produrre attacchi informatici né di inviare killer dei servizi più o meno segreti a sopprimere i nemici del regime o diffondere subdola propaganda, aiutati dai neo bolscevichi nostrani. E’ facile immaginare che senza la bistrattata intuizione o scelta politica della Alleanza Atlantica nel dopoguerra, l’Unione Sovietica avrebbe esteso i suoi confini dallo stretto di Bering a quello di Gibilterra, con buona pace della decaduta potenza britannica che solo improbabili commentatori nostrani ritengono ancora capace di influire sui destini del mondo. Oggi sentiamo parlare di ampie convergenze verso una soluzione diplomatica, nutro seri dubbi che l’invasore voglia sedersi a tavola. Dirimere un conflitto militare di fatto, tra membri del Consiglio Permanente di Sicurezza della Nazioni Unite non è banale. Non credo che il neo-presidente eletto degli USA, Insieme ai suoi consiglieri, sottovaluti la questione. Opino che accettare i confini sul campo vuol dire accettare potenzialmente qualunque altra invasione militare di territori adiacenti da parte del “macellaio russo”. Oggi per riaccaparrarsi i minerali preziosi presenti nelle “terre rare” del Donbass, funzionali alle tecnologie militari e i giacimenti di gas sulle coste che portano alla Crimea, domani chissà. La storia ha abbattuto tutti i tiranni (Assad compreso), accadrà anche in Russia, Iran e Cina. La sceneggiatura geopolitica prevede improvvisamente l’insorgenza di altri attori nel contesto geopolitico, in primis in Siria dove i russi battono in ritirata e l’Iran (con tutti i terroristi fondamentalisti sostenuti) è al tappeto, con la Turchia gongolante. Altro teatro collegato ove nulla è successo a caso. Staremo a vedere.
    Maurizio Trinchitella

  5. Mi permetto di aggiungere una chiosa agli ultimi interventi. Condivido l’opinione di Trinchitella sul carattere equilibrato dell’articolo di Novellini. Il prosieguo del suo commento però mi pare un esempio lampante della confusione che caratterizza la narrazione mediatica dell’evento bellico in occidente. Chi sarebbero i bolscevichi nostrani ? Chiunque non aderisca alla postura imposta dall’asse angloamericano , almeno dal 2014, nei rapporti
    con la controparte russa? Io piuttosto che farmi dare del bolscevico preferirei assistere a un derby vestito di granata in curva Maratona (magari accanto a un esagitato Alessandro…) ma se così deve essere mi consolo pensando che anche Kennan sarebbe incorso nella medesima accusa insieme a Raymond Aron e forse forse anche a Kissinger per non parlare di Papa Francesco (“l’abbaiare della Nato ai confini della Russia”, insuperabile e abbagliante aforisma):e mi consolo, sono in buona compagnia. L’Europa si è di fatto autoannullata complici i suoi imbelli leaderini che hanno smarrito qualsiasi esprit de finesse diplomatico e gli establishment hanno impostato la narrazione su un registro emotivo : segno ulteriore del declino triste dell’occidente il cui prodotto più bello è rappresentato invece dalla Ragione (intesa sia in chiave illuminista e kantiana sia in chiave cristiana e tomista, Benedetto XVI non mancava mai di sottolineare il binomio inscindibile fede- ragione). Leggere l’attuale situazione secondo gli schemi della guerra fredda poi è storicamente ed epistemologicamente scorretto: oggi del resto è stato l’occidente a guida anglosassone ad erigere quella cortina di ferro che allora era stata innalzata, con giusto sconcerto di Churchill, dall’URSS; e poi si sente dire: coi russi non dobbiamo parlare di pace ( e con chi fai la pace? Con gli amici del bar?) ma adesso che la situazione sul campo di battaglia è quella che è con la Russia che ha raggiunto i suoi obiettivi ( limitati al Russky mir! L’ossessione di un’invasione russa dell’Europa è una panzana priva di qualsivoglia riscontro storico,Pietro il Grande si era affacciato timidamente in Polonia e Svezia e l’Europa se l’era creata in casa , su una landa paludosa affacciata sul golfo di Finlandia, ma un’opinione pubblica narcotizzata dall’esalazione di tutta questa emotività ha finito per crederci) si è deciso che “tanto Putin non vuole trattare”. E qual’è il progetto politico occidentale? Nessuno. Soltanto il riarmo, alla cieca con buona pace di Clausewitz e del suo celebre aforisma: una buona guerra ha bisogno di una solida politica.

  6. Dopo aver passato il Santo Natale nell’alveo familiare in piena concordia e letizia accompagnate da devote preghiera e contemplazione possiamo riprendere le riflessioni di ordini politico. E’ stata una piacevole sorpresa scoprire di avere un lettore in più dei miei soliti 2/3 amici. Peccato per la reazione scomposta, destituita di fondamento, priva di argomentazioni politiche e di contenuti di merito, una vera reazione allergica che si configura come “lesa maestà” al latore di verità assolute. Non è mio costume rispondere a inutili e distruttive polemiche personali. Non farò eccezione neanche questa volta. Come già avvenuto in passato sono solito precisare il mio pensiero quando viene interpretato non correttamente, qui però non ricorrono gli estremi considerato che il “reagente scomposto” non era oggetto della mia riflessione. Verrebbe quasi da pensare come gli antichi latini, nostri Padri proto-europei, “Excusatio non petita, accusatio manifesta”.
    Mi è gradita l’occasione per ringraziare il direttore Alessandro Risso per la pregevole e benemerita pubblicazione, da lui seguita, degli ultimi scritti politici del nostro Maestro Guido Bodrato. Ne consiglio la lettura e la meditazione successiva, ivi compresa l’eccellente post-fazione, al “reagente scomposto” e a tutti coloro che manifestano difficoltà a porsi civilmente, serenamente e anche duramente ad un serrato e costruttivo confronto politico. Auguro a tutti un Felice Anno Nuovo, possibilmente di Pace.

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