Papa Francesco ricorda che “destinare gran parte della spesa alle armi, vuol dire toglierla ad altro, che significa continuare a toglierla ancora una volta a chi manca del necessario”. Parole pronunciate nel saluto ai membri dell’organizzazione di volontariato “Ho avuto sete”. Intanto i commerci delle armi trovano nuova linfa dalle accresciute tensioni internazionali. Il mercato delle armi prolifera quanto mai dalla fine della guerra fredda. Papa Francesco ha lanciato numerosi appelli ai potenti della Terra contro il traffico d’armi che fa scoppiare e alimenta i conflitti in ogni angolo del pianeta. “Questa guerra lì, quest’altra guerra là, sono davvero guerre nate per risolvere problemi oppure sono guerre commerciali per vendere queste armi illegalmente, affinché i mercanti di morte ne escano arricchiti? Risolviamo questa situazione”, ha evidenziato il Pontefice in un videomessaggio. La sua pastorale per la pace non è solo un auspicio, ma la denuncia delle cause reali. Nel video diffuso in sette lingue che accompagna il suo messaggio scorrono immagini di bombe che scoppiano, fucilate e lanci di missili. Mentre due potenti firmano un accordo per la compravendita di armi. Le loro mani iniziano poi a grondare sangue sulla stessa penna con la quale è stato firmata l’intesa.
Commercio di armi
Ecco la contraddizione di negoziare pace e vendere armi. Immagini eloquenti e la voce fuori campo di Papa Francesco. “È un’assurda contraddizione parlare di pace, negoziare la pace. E, allo stesso tempo, promuovere o consentire il commercio di armi”. Del resto, sottolinea il Sole 24Ore, i maggiori produttori e venditori di armi sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che sarebbe il guardiano della pace nel mondo. Il Pontefice chiede quindi di pregare “insieme per i responsabili delle nazioni. Perché si impegnino con decisione per porre fine al commercio delle armi, che causa tante vittime. Contro il traffico d’armi, legale o meno, il Papa parla spesso. Lo ha fatto anche nel discorso alla Conferenza mondiale della Pace ad Al-Azhar, la celebre moschea-università sunnita del Cairo. Qui il Papa aveva denunciato “la proliferazione di armi che, se vengono prodotte e commerciate, prima o poi verranno pure utilizzate. Solo rendendo trasparenti le torbide manovre che alimentano il cancro della guerra se ne possono prevenire le cause reali”. E in un’altra occasione il Pontefice disse di vergognarsi a sentire definire “madre” di tutte le bombe il super-ordigno sganciato dagli americani in Afghanistan.
Mercanti di morte
Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, riferisce l’agenzia missionaria vaticana Fides, si sono tenute almeno 43 fiere di armi in tutto il mondo. Nei giorni scorsi si è aperto all’aeroporto parigino di Le Bourget il salone aeronautico più prestigioso al mondo, insieme a quello britannico di Fanborough. Le due manifestazioni biennali si tengono in anni alternati per non sovrapporsi l’una con l’altra. Sebbene prevedano entrambi un’ampia sezione dedicata all’aviazione civile, i due saloni sono una vetrina per le industrie degli armamenti di tutto il mondo, soprattutto per quanto riguarda il settore aerospaziale e missilistico. Ma accanto a queste due maggiori manifestazioni nate diversi decenni fa (il salone parigino vanta trascorsi che risalgono agli inizi del secolo scorso), ogni anno in diverse parti del mondo si tengono fiere. Dedicate esclusivamente agli armamenti. Si tratta di manifestazioni molto più recenti. Molte delle quali si tengono in Stati che hanno creato solo negli ultimi anni industrie militari i cuoi prodotti si intende promuovere attraverso esposizioni nazionali, precisa Fides.
Effetto Ucraina
Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina il 24 febbraio 2022 secondo Fides se ne sono tenute almeno 43. Di cui 32 nel 2022, 11 si sono già tenute nel 2023 e ne sono previste altre. Dal Sudafrica alla Tunisia dal Cile al Brasile, dalla Bulgaria alla Repubblica Ceca, dagli Emirati Arabi Uniti al Giappone, i saloni degli armamenti sono in piena attività. Stimolati dalle tensioni internazionali. I Paesi ospitanti perseguono un interesse commerciale. Quello di presentare gli ultimi prodotto della propria industria degli armamenti. C’è poi un interesse di tipo strategico. L’obiettivo è affermarsi come punto di riferimento per la loro area dei produttori mondiali di armi. Ciò, a sua volta, può portare le multinazionali degli armamenti a creare proprie filiali in alcuni di questi Paesi. Favorendo gradualmente il trasferimento di tecnologie all’industria locale. È il caso, citato da Fides, degli Emirati Arabi Uniti, dove da anni si tiene IDEX, il maggior salone degli armamenti di tutto il Medio Oriente. E punto di ritrovo dei produttori d’armi grandi e piccoli provenienti da quasi tutto il mondo.
Corsa agli armamenti
Con l’andare del tempo, grazie alla collaborazione con multinazionali e imprese straniere, gli Emirati si sono dotati di un importante comparto industriale militare in grado di fornire sistemi via via più sofisticati. Lo scopo è quello di diversificare l’economia nazionale. Oltreché di dotarsi di una capacità strategica d’intervento in primis in Medio Oriente e in Nord Africa. Attraverso la vendita (o in alcuni casi la donazione) di armamenti ad amici e alleati (o forze che agiscono per procura). Non tutte le esibizioni sono frequentate dai grossi produttori interazionali di armamenti. Quelle più piccole e periferiche sono appannaggio soprattutto di produttori locali. A dimostrazione della progressiva espansione della produzione di armi che vede un aumento dei Paesi in grado di fabbricare sistemi via via sempre più sofisticati. Nei Paesi occidentali c’è stata un accentramento in grandi gruppi multinazionali delle produzioni per la difesa. Intanto gli Stati che fino a pochi decenni fa erano importatori netti di armi, hanno sviluppato una propria industria. In grado non solo (almeno parzialmente) di soddisfare il mercato domestico ma anche di esportare verso Paesi anche lontani. Fides fa riferimento a casi nei quali i produttori emergenti sono in grado di vincere gare d’appalto emesse da forze armate di grandi potenze. Come avvenuto ad esempio con gli aerei da addestramento brasiliani acquistati dalla Raf britannica.
(Tratto da www.interris.it)
Commercio di armi
Ecco la contraddizione di negoziare pace e vendere armi. Immagini eloquenti e la voce fuori campo di Papa Francesco. “È un’assurda contraddizione parlare di pace, negoziare la pace. E, allo stesso tempo, promuovere o consentire il commercio di armi”. Del resto, sottolinea il Sole 24Ore, i maggiori produttori e venditori di armi sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che sarebbe il guardiano della pace nel mondo. Il Pontefice chiede quindi di pregare “insieme per i responsabili delle nazioni. Perché si impegnino con decisione per porre fine al commercio delle armi, che causa tante vittime. Contro il traffico d’armi, legale o meno, il Papa parla spesso. Lo ha fatto anche nel discorso alla Conferenza mondiale della Pace ad Al-Azhar, la celebre moschea-università sunnita del Cairo. Qui il Papa aveva denunciato “la proliferazione di armi che, se vengono prodotte e commerciate, prima o poi verranno pure utilizzate. Solo rendendo trasparenti le torbide manovre che alimentano il cancro della guerra se ne possono prevenire le cause reali”. E in un’altra occasione il Pontefice disse di vergognarsi a sentire definire “madre” di tutte le bombe il super-ordigno sganciato dagli americani in Afghanistan.
Mercanti di morte
Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, riferisce l’agenzia missionaria vaticana Fides, si sono tenute almeno 43 fiere di armi in tutto il mondo. Nei giorni scorsi si è aperto all’aeroporto parigino di Le Bourget il salone aeronautico più prestigioso al mondo, insieme a quello britannico di Fanborough. Le due manifestazioni biennali si tengono in anni alternati per non sovrapporsi l’una con l’altra. Sebbene prevedano entrambi un’ampia sezione dedicata all’aviazione civile, i due saloni sono una vetrina per le industrie degli armamenti di tutto il mondo, soprattutto per quanto riguarda il settore aerospaziale e missilistico. Ma accanto a queste due maggiori manifestazioni nate diversi decenni fa (il salone parigino vanta trascorsi che risalgono agli inizi del secolo scorso), ogni anno in diverse parti del mondo si tengono fiere. Dedicate esclusivamente agli armamenti. Si tratta di manifestazioni molto più recenti. Molte delle quali si tengono in Stati che hanno creato solo negli ultimi anni industrie militari i cuoi prodotti si intende promuovere attraverso esposizioni nazionali, precisa Fides.
Effetto Ucraina
Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina il 24 febbraio 2022 secondo Fides se ne sono tenute almeno 43. Di cui 32 nel 2022, 11 si sono già tenute nel 2023 e ne sono previste altre. Dal Sudafrica alla Tunisia dal Cile al Brasile, dalla Bulgaria alla Repubblica Ceca, dagli Emirati Arabi Uniti al Giappone, i saloni degli armamenti sono in piena attività. Stimolati dalle tensioni internazionali. I Paesi ospitanti perseguono un interesse commerciale. Quello di presentare gli ultimi prodotto della propria industria degli armamenti. C’è poi un interesse di tipo strategico. L’obiettivo è affermarsi come punto di riferimento per la loro area dei produttori mondiali di armi. Ciò, a sua volta, può portare le multinazionali degli armamenti a creare proprie filiali in alcuni di questi Paesi. Favorendo gradualmente il trasferimento di tecnologie all’industria locale. È il caso, citato da Fides, degli Emirati Arabi Uniti, dove da anni si tiene IDEX, il maggior salone degli armamenti di tutto il Medio Oriente. E punto di ritrovo dei produttori d’armi grandi e piccoli provenienti da quasi tutto il mondo.
Corsa agli armamenti
Con l’andare del tempo, grazie alla collaborazione con multinazionali e imprese straniere, gli Emirati si sono dotati di un importante comparto industriale militare in grado di fornire sistemi via via più sofisticati. Lo scopo è quello di diversificare l’economia nazionale. Oltreché di dotarsi di una capacità strategica d’intervento in primis in Medio Oriente e in Nord Africa. Attraverso la vendita (o in alcuni casi la donazione) di armamenti ad amici e alleati (o forze che agiscono per procura). Non tutte le esibizioni sono frequentate dai grossi produttori interazionali di armamenti. Quelle più piccole e periferiche sono appannaggio soprattutto di produttori locali. A dimostrazione della progressiva espansione della produzione di armi che vede un aumento dei Paesi in grado di fabbricare sistemi via via sempre più sofisticati. Nei Paesi occidentali c’è stata un accentramento in grandi gruppi multinazionali delle produzioni per la difesa. Intanto gli Stati che fino a pochi decenni fa erano importatori netti di armi, hanno sviluppato una propria industria. In grado non solo (almeno parzialmente) di soddisfare il mercato domestico ma anche di esportare verso Paesi anche lontani. Fides fa riferimento a casi nei quali i produttori emergenti sono in grado di vincere gare d’appalto emesse da forze armate di grandi potenze. Come avvenuto ad esempio con gli aerei da addestramento brasiliani acquistati dalla Raf britannica.
(Tratto da www.interris.it)
tante belle parole ma buttate al vento, purtroppo! C’e’ sempre un aggressore! L’aggredito, cosa deve fare? Per i pacifisti ad oltranza: deve soccombere! Qui sta il problema! Per me le varie organizzazioni di Stati devono, invece, aiutare gli aggrediti, altrimenti è il caos planetario.