
Il considerevole numero di articoli pubblicati recentemente su “Rinascita popolare” relativi al conflitto in corso in Ucraina, tutti di notevole spessore, con notizie e considerazioni che non ho trovato in due mesi in nessuna tv e in nessun “giornalone” (e questo dovrebbe già farci riflettere, anzi preoccuparci) porta spesso a concludere che il dominus su cui tutto ruota, piaccia o no, sia l’America.
Credo sia utile specie per noi italiani guardare un po’ più a fondo cosa sia “l’America” oggi.
Non vi è dubbio alcuno che l’attuale governo USA sia esclusivamente una derivazione della potente corrente Clinton-Obama, vero ed unico importante gruppo di potere all’interno del Partito Democratico USA che ha occupato stabilmente tutte le posizioni che contano nell’attuale Amministrazione.
Questa corrente può inoltre appoggiarsi stabilmente su due gambe molto forti: la prima è rappresentata da Nancy Pelosi, speaker della Camera, ammiraglia di lungo corso nel Congresso USA, profonda conoscitrice di norme e regolamenti, in grado di parare qualsiasi colpo e spesso di studiare marchingegni per mettere in difficoltà gli avversari.
La seconda poggia su Alexandria Octasio Cortes e le sue squad, paladine ad oltranza del fluid gender, della cancel culture e del politicamente corretto, ottime “armi di distrazione di massa” per impegnare i cittadini in dibattiti e manifestazioni senza fine. In realtà le squad non avrebbero nemmeno il potere di inviare le munizioni per una scacciacani ma sono utilissime, come detto, per distrarre le persone.
Veniamo al ruolo del presidente Joe Biden. Con tutto il rispetto dovuto, il ruolo dell’attuale Presidente è quello che in Italia affidiamo alle teste di legno, ovvero personaggi messi a capo di un consiglio di amministrazione per figura ma che in realtà eseguono le direttive altrui. Forse sarebbe bene ricordare come è avvenuta la sua elezione, non solo del contestato voto del novembre 2020 ma di quello che successe nelle primarie DEM.
Tutti ricorderanno che nella primavera 2020 in diversi Stati vinse sempre Bernie Sanders e tutti ormai lo davano come il front runner, fino al famoso supermartedì in cui votarono parecchi Stati contemporaneamente e il giorno dopo, come il coniglio che spunta dal cilindro magico, uscì in netto vantaggio Joe Biden, fino ad allora molto indietro. In tanti si posero la domanda su come avesse fatto.
A parte ciò diversi commentatori hanno sempre fatto notare come Biden, grazie ai problemi causati dal figlio, prima o poi avrebbe potuto esser costretto a dare spiegazioni imbarazzanti. Ricordiamo brevemente che grazie a un computer non ritirato da un negozio di riparazioni e poi consegnato all’FBI apparve dai documenti e dalle mail presenti su tale pc che Hunter Biden abbia avuto interessi poco chiari in Ucraina sia nel campo energetico sia in quello dei laboratori biologici. La notizia venne data dal “New York Post”, foglio conservatore e ovviamente smentita da tutto l’apparato DEM, ma questa primavera il “New York Times”, bibbia della sinistra americana, in un lungo articolo ha detto che sì, è vero che in quel pc si sono documenti compromettenti sui quali sarebbe bene indagare.
Mi dilungo su questi dettagli per spiegare come potrebbe evolversi il conflitto, perché senza queste premesse diventa difficile capirlo e soprattutto occorre ricordare che tra meno di sei mesi ci saranno le elezioni di midterm in cui verrà rinnovata totalmente la rappresentanza alla Camera e rinnovati 34 seggi senatoriali su 100.
Passiamo al campo repubblicano dove le sorprese non mancano.
Il giorno 3 maggio si sono svolte le primarie GOP (Grand Old Party) in Ohio e Indiana per scegliere non solo chi siederà al Senato ma anche tutta un’altra serie di figure (procuratori, rappresentanti di distretti, ecc.). In totale le cariche elettive sono 22 (che ovviamente si sfideranno a novembre con altrettanti candidati democratici). Ebbene tutti i 22 vincitori sono candidati appoggiati da Trump. Lo stesso è successo in Texas qualche settimana fa, dove i candidati sono 33 e tutti appartengono all’area trumpiana. Se qualcuno aveva dubbi su chi conta davvero nel partito repubblicano oggi non li ha più. In aggiunta va detto che nel 2022, Trump è tornato a tenere comizi in pubblico, nella più totale censura dei media nostrani, comizi tenuti in aree periferiche se non a ridosso dell’aeroporto proprio per permettere ai suoi sostenitori di parteciparvi senza problemi. Comizi che hanno sempre visto un’affluenza media di almeno 50mila persone.
Il GOP sta affrontando quindi le prossime elezioni con determinazione e con spirito nuovo dove il modo di far politica conservativo di una volta è sempre più emarginato. Oggi la voce dei Repubblicani nei media è una sola: quella di Tucker Carlson, (si potrebbe definire un incrocio tra Michele Santoro e Mario Giordano) che tra le altre cose, riferendosi proprio a Hillary Clinton ed al suo entourage a proposito del conflitto in Ucraina, il 2 maggio ha detto: “La guerra in Ucraina è progettata per provocare un cambio di regime a Mosca. Vogliono rovesciare il governo russo. Sarebbe la loro vendetta per le elezioni del 2016. Quindi, questo è il logico, forse l’inevitabile, stadio finale del Russiagate”.
Dopo queste premesse è ora delle conclusioni.
Alle elezioni di novembre è praticamente certo che la maggioranza al Senato sarà repubblicana. Oggi è in parità (50 DEM 50 GOP), e Biden governa solo perché può far valere il voto della vicepresidente Kamala Harris. La Camera rimarrà quasi sicuramente DEM, ma le distanze si accorgeranno anche lì; in più i nuovi entranti repubblicani non saranno vecchi signori aristocratici del passato ma giovani parecchio combattivi.
L’attuale Amministrazione USA ne è ben conscia, quindi sa che in Ucraina il tempo è prezioso: per questo l’escalation è continua, salendo sempre più di grado. Poi con una nuova maggioranza la mina vagante del computer di Hunter Biden è destinata inevitabilmente a scoppiare, ulteriore ragione per fare in fretta.
Questo spiega anche comportamenti che non fanno onore a una grande potenza come gli USA poiché in tutta la storia non si è mai visto eliminare tramite killeraggio i generali dell’esercito nemico, manco fossero i capi di Al Qaeda (pare siano già una decina i generali russi uccisi su indicazione della CIA).
Sulla Russia, se non si vuol dire che stia perdendo bisogna dire però, che di certo non sta vincendo sul campo. Pensava di affrontare l’esercito ucraino ed invece si trova a combattere con la NATO che – parole del suo segretario generale Stoltenberg – da anni lo rifornisce di armamenti e lo istruisce militarmente. Anche il presidente statunitense Biden è stato chiaro parlando non solo di difesa dell’Ucraina ma di sconfitta della Russia e di cambio di regime a Mosca. Insomma, di una guerra ormai proiettata verso l’obiettivo ultimo, la vittoria sul nemico Putin. Con il rischio concretissimo di assistere alla dissoluzione dello Stato più esteso al mondo che diventerà, grazie alla sua vastità e composizione etnica, un mosaico di sultanati e protettorati con una guerra per bande. Senza dimenticare che su quel territorio ci sono seimila testate nucleari che potrebbero finire, almeno qualcuna, nelle mani di un capobanda qualsiasi.
Sono prospettive inquietanti che possono realizzarsi entro i prossimi sei mesi, quindi io penso che noi italiani per primi dovremmo toglierci subito l’elmetto e prendere una posizione defilata perché l’America oggi è questa ma dall’8 novembre prossimo potrebbe essere ben diversa, tornare isolazionista con i Repubblicani e lasciarci a raccogliere i cocci.
Vedo invece che il nostro ministro della Guerra – pardon, della Difesa – oltre a calcare l’elmetto ha imbracciato il fucile mitragliatore. Per nostra sventura attuale e futura.
Credo sia utile specie per noi italiani guardare un po’ più a fondo cosa sia “l’America” oggi.
Non vi è dubbio alcuno che l’attuale governo USA sia esclusivamente una derivazione della potente corrente Clinton-Obama, vero ed unico importante gruppo di potere all’interno del Partito Democratico USA che ha occupato stabilmente tutte le posizioni che contano nell’attuale Amministrazione.
Questa corrente può inoltre appoggiarsi stabilmente su due gambe molto forti: la prima è rappresentata da Nancy Pelosi, speaker della Camera, ammiraglia di lungo corso nel Congresso USA, profonda conoscitrice di norme e regolamenti, in grado di parare qualsiasi colpo e spesso di studiare marchingegni per mettere in difficoltà gli avversari.
La seconda poggia su Alexandria Octasio Cortes e le sue squad, paladine ad oltranza del fluid gender, della cancel culture e del politicamente corretto, ottime “armi di distrazione di massa” per impegnare i cittadini in dibattiti e manifestazioni senza fine. In realtà le squad non avrebbero nemmeno il potere di inviare le munizioni per una scacciacani ma sono utilissime, come detto, per distrarre le persone.
Veniamo al ruolo del presidente Joe Biden. Con tutto il rispetto dovuto, il ruolo dell’attuale Presidente è quello che in Italia affidiamo alle teste di legno, ovvero personaggi messi a capo di un consiglio di amministrazione per figura ma che in realtà eseguono le direttive altrui. Forse sarebbe bene ricordare come è avvenuta la sua elezione, non solo del contestato voto del novembre 2020 ma di quello che successe nelle primarie DEM.
Tutti ricorderanno che nella primavera 2020 in diversi Stati vinse sempre Bernie Sanders e tutti ormai lo davano come il front runner, fino al famoso supermartedì in cui votarono parecchi Stati contemporaneamente e il giorno dopo, come il coniglio che spunta dal cilindro magico, uscì in netto vantaggio Joe Biden, fino ad allora molto indietro. In tanti si posero la domanda su come avesse fatto.
A parte ciò diversi commentatori hanno sempre fatto notare come Biden, grazie ai problemi causati dal figlio, prima o poi avrebbe potuto esser costretto a dare spiegazioni imbarazzanti. Ricordiamo brevemente che grazie a un computer non ritirato da un negozio di riparazioni e poi consegnato all’FBI apparve dai documenti e dalle mail presenti su tale pc che Hunter Biden abbia avuto interessi poco chiari in Ucraina sia nel campo energetico sia in quello dei laboratori biologici. La notizia venne data dal “New York Post”, foglio conservatore e ovviamente smentita da tutto l’apparato DEM, ma questa primavera il “New York Times”, bibbia della sinistra americana, in un lungo articolo ha detto che sì, è vero che in quel pc si sono documenti compromettenti sui quali sarebbe bene indagare.
Mi dilungo su questi dettagli per spiegare come potrebbe evolversi il conflitto, perché senza queste premesse diventa difficile capirlo e soprattutto occorre ricordare che tra meno di sei mesi ci saranno le elezioni di midterm in cui verrà rinnovata totalmente la rappresentanza alla Camera e rinnovati 34 seggi senatoriali su 100.
Passiamo al campo repubblicano dove le sorprese non mancano.
Il giorno 3 maggio si sono svolte le primarie GOP (Grand Old Party) in Ohio e Indiana per scegliere non solo chi siederà al Senato ma anche tutta un’altra serie di figure (procuratori, rappresentanti di distretti, ecc.). In totale le cariche elettive sono 22 (che ovviamente si sfideranno a novembre con altrettanti candidati democratici). Ebbene tutti i 22 vincitori sono candidati appoggiati da Trump. Lo stesso è successo in Texas qualche settimana fa, dove i candidati sono 33 e tutti appartengono all’area trumpiana. Se qualcuno aveva dubbi su chi conta davvero nel partito repubblicano oggi non li ha più. In aggiunta va detto che nel 2022, Trump è tornato a tenere comizi in pubblico, nella più totale censura dei media nostrani, comizi tenuti in aree periferiche se non a ridosso dell’aeroporto proprio per permettere ai suoi sostenitori di parteciparvi senza problemi. Comizi che hanno sempre visto un’affluenza media di almeno 50mila persone.
Il GOP sta affrontando quindi le prossime elezioni con determinazione e con spirito nuovo dove il modo di far politica conservativo di una volta è sempre più emarginato. Oggi la voce dei Repubblicani nei media è una sola: quella di Tucker Carlson, (si potrebbe definire un incrocio tra Michele Santoro e Mario Giordano) che tra le altre cose, riferendosi proprio a Hillary Clinton ed al suo entourage a proposito del conflitto in Ucraina, il 2 maggio ha detto: “La guerra in Ucraina è progettata per provocare un cambio di regime a Mosca. Vogliono rovesciare il governo russo. Sarebbe la loro vendetta per le elezioni del 2016. Quindi, questo è il logico, forse l’inevitabile, stadio finale del Russiagate”.
Dopo queste premesse è ora delle conclusioni.
Alle elezioni di novembre è praticamente certo che la maggioranza al Senato sarà repubblicana. Oggi è in parità (50 DEM 50 GOP), e Biden governa solo perché può far valere il voto della vicepresidente Kamala Harris. La Camera rimarrà quasi sicuramente DEM, ma le distanze si accorgeranno anche lì; in più i nuovi entranti repubblicani non saranno vecchi signori aristocratici del passato ma giovani parecchio combattivi.
L’attuale Amministrazione USA ne è ben conscia, quindi sa che in Ucraina il tempo è prezioso: per questo l’escalation è continua, salendo sempre più di grado. Poi con una nuova maggioranza la mina vagante del computer di Hunter Biden è destinata inevitabilmente a scoppiare, ulteriore ragione per fare in fretta.
Questo spiega anche comportamenti che non fanno onore a una grande potenza come gli USA poiché in tutta la storia non si è mai visto eliminare tramite killeraggio i generali dell’esercito nemico, manco fossero i capi di Al Qaeda (pare siano già una decina i generali russi uccisi su indicazione della CIA).
Sulla Russia, se non si vuol dire che stia perdendo bisogna dire però, che di certo non sta vincendo sul campo. Pensava di affrontare l’esercito ucraino ed invece si trova a combattere con la NATO che – parole del suo segretario generale Stoltenberg – da anni lo rifornisce di armamenti e lo istruisce militarmente. Anche il presidente statunitense Biden è stato chiaro parlando non solo di difesa dell’Ucraina ma di sconfitta della Russia e di cambio di regime a Mosca. Insomma, di una guerra ormai proiettata verso l’obiettivo ultimo, la vittoria sul nemico Putin. Con il rischio concretissimo di assistere alla dissoluzione dello Stato più esteso al mondo che diventerà, grazie alla sua vastità e composizione etnica, un mosaico di sultanati e protettorati con una guerra per bande. Senza dimenticare che su quel territorio ci sono seimila testate nucleari che potrebbero finire, almeno qualcuna, nelle mani di un capobanda qualsiasi.
Sono prospettive inquietanti che possono realizzarsi entro i prossimi sei mesi, quindi io penso che noi italiani per primi dovremmo toglierci subito l’elmetto e prendere una posizione defilata perché l’America oggi è questa ma dall’8 novembre prossimo potrebbe essere ben diversa, tornare isolazionista con i Repubblicani e lasciarci a raccogliere i cocci.
Vedo invece che il nostro ministro della Guerra – pardon, della Difesa – oltre a calcare l’elmetto ha imbracciato il fucile mitragliatore. Per nostra sventura attuale e futura.
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