La cultura della cura e della pace



Daniele Ciravegna    14 Marzo 2022       0

Negli ultimi due mesi si è ampiamente parlato della pace, ed è giusto che sia così nel momento in cui incominciano a garrire le minacce di guerra e poi la guerra prende piede in territori prossimi al nostro. Ma non si è parlato solo di pace poiché, di fronte alla tragica vicenda ucraina, non è parso vero a certuni di poter ripartire alla carica per spezzare una lancia a favore dell’aumento delle spese militari e a favore della costituzione di una forza armata armata europea.

Parlare di pace, quando essa è minacciata, è ovvio, ma si incide poco se non si cerca di evidenziare i presupposti affinché la pace possa essere costruita e mantenuta.

Papa Francesco lo fa continuamente e ne ha scritto in modo specifico, fra l’altro, nel Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2021, avente il titolo “La cultura della cura come percorso di pace”. «Cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi prevalente» (§ 1). Cultura della cura che riproduce l’ideale di una civiltà dell’amore, dell’amore sociale, che è la chiave di un autentico sviluppo.

Altrove ha scritto: «Per rendere la società più umana, più degna della persona, occorre rivalutare l’amore nella vita sociale – a livello politico, economico, culturale – facendone la norma costante e suprema dell’agire. In questo quadro, insieme all’importanza dei piccoli gesti quotidiani, l’amore sociale ci spinge a pensare a grandi strategie che arrestino efficacemente il degrado ambientale e incoraggino una cultura della cura che impregni tutta la società» (Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato Si’ (2015), § 231. Si veda anche San Paolo VI, Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 1977: Se vuoi la pace, difendi la vita, § 68).

Inoltre, il Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio 2022, avente il titolo composito: “Dialogo fra le generazioni, educazione e lavoro: strumenti per edificare una pace duratura”, ha in certo modo sviluppato il principio della cultura della cura (la cura gli uni degli altri e del creato). «Anzitutto, il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi. In secondo luogo, l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. Infine, il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana. Si tratta di tre elementi imprescindibili per dare vita a un patto sociale, senza il quale ogni progetto si rivela inconsistente» (§ 1).

Ritornando al Messaggio del 2021 (“La cultura della cura come percorso di pace”), il discorso di papa Francesco si articola su tre tappe temporalmente distinte.

Dio Creatore, modello di cura

La Sacra Scrittura presenta Dio, oltre che come Creatore, come Colui che si prende cura delle sue creature, in particolare di Adamo, di Eva e dei loro figli. Lo stesso Caino, benché su di lui ricada la maledizione a motivo del crimine che ha compiuto, riceve in dono dal Creatore un segno di protezione, affinché la sua vita sia salvaguardata (cfr. Genesi, 4, 15). Questo fatto, mentre conferma la dignità inviolabile della persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio, manifesta anche il piano divino per preservare l’armonia della creazione, perché «la pace e la violenza non possono abitare nella stessa dimora» (§ 3).

La cura nel ministero di Gesù

Nella sua compassione, Cristo si avvicina ai malati nel corpo e nello spirito e li guarisce; perdona i peccatori e dona loro una vita nuova. Gesù è il Buon Pastore che si prende cura delle pecore (cfr. Giovanni, 10, 11-18; Ezechiele, 34, 1-31); è il Buon Samaritano che si china sull’uomo ferito, medica le sue piaghe e si prende cura di lui (cfr. Luca, 10, 30-37).

La cultura della cura nella vita dei seguaci di Gesù

Fin dai primi discepoli, la cultura della cura ha costituito il nucleo del servizio della carità dei seguaci di Gesù. Poi divenne cosa abituale accogliere chiunque fosse bisognoso, rendere la comunità una casa accogliente, aperta a ogni situazione, disposta a farsi carico dei più fragili: è la charitas christiana, «carità operosa di tanti testimoni luminosi della fede [che] è diventata il cuore pulsante della Dottrina sociale della Chiesa, offrendosi a tutte le persone di buona volontà come un prezioso patrimonio di principi, criteri e indicazioni, da cui attingere la “grammatica” della cura: la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato» (§ 6).

Il Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace del 2021 termina con l’affermazione profetica che «non c’è pace senza la cultura della cura. La cultura della cura, quale impegno comune, solidale e partecipativo per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti, quale disposizione ad interessarsi, a prestare attenzione, alla compassione, alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto mutuo e all’accoglienza reciproca, costituisce una via privilegiata per la costruzione della pace. […] Tutti insieme collaboriamo per avanzare verso un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca. Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli, non abituiamoci a voltare lo sguardo, ma impegniamoci ogni giorno concretamente per formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri» (§ 9). Questo vale a qualsiasi livello, dalle piccole comunità, anche di poche persone, al livello di nazioni e di comunità di nazioni.

E allora, a livello macro, perché non riprendere la proposta fatta nel lontano 1967 da san Paolo VI (e ripresa varie volte, ai nostri tempi, da papa Francesco) di costituire un grande Fondo Mondiale – alimentato da una parte rilevante delle spese militari degli stati membri dell’ONU – da impiegare a favore dei più poveri del mondo (Cfr. Lettera enciclica Populorum Progressio, § 51-53)?

«Quando tanti popoli hanno fame, quando tante famiglie soffrono la miseria, quando tanti uomini vivono immersi nella ignoranza, quando restano da costruire tante scuole, tanti ospedali, tante abitazioni degne di questo nome, ogni sperpero pubblico o privato, ogni spesa fatta per ostentazione nazionale o personale, ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi» (ibidem, § 53).


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