Linee e proposte di un nuovo impegno



Franco Campia    17 Novembre 2021       8

Pubblichiamo la relazione in Assemblea Soci del nuovo Presidente dell’Associazione Popolari del Piemonte.

Per esprimere il mio punto di vista sul presente e sul futuro dell’Associazione Popolari del Piemonte, voglio subito rassicurarvi: nei miei vent’anni (19 per la precisione) di attività in Provincia ho dovuto effettuare decine di interventi in Consiglio per interrogazioni, interpellanze, presentazioni di delibere, ecc. Sono generalmente stati interventi concisi, spero efficaci, ma senza divagazioni o concessioni a spunti retorici. Anche oggi voglio attenermi a questo cliché.

Prima di tutto, rispetto all’oggetto della nostra discussione odierna, è chiaro che dobbiamo andare ben oltre il tema del “rinnovo cariche”, della scelta di Tizio o di Caio, ed affrontare un discorso di prospettiva, che pure passa attraverso singole assunzioni di responsabilità.

Il mio impegno

A questo proposito e per quel che mi riguarda, alcuni amici (segnatamente Alessandro Risso e Gianfranco Morgando) mi hanno chiesto la disponibilità ad essere proposto come successore di Risso stesso alla presidenza dell’Associazione. A botta calda la mia risposta è stata negativa, per ragioni diverse: perché il tipo di impegno non è esattamente nelle mie corde e non mi ritengo la figura più idonea a raccogliere la successione di Alessandro, che ha lavorato molto bene, e soprattutto quella del presidente emerito Guido Bodrato. Perché, poi, per ragioni personali, posso offrire una scarsa disponibilità di tempo.

Di fronte alla loro cortese insistenza, per non apparire ai loro occhi e alla mia coscienza come chi, al dunque, si chiama fuori, ho poi corretto questa risposta, dando si una disponibilità, ma condizionata.

Condizionata alla scelta di passare ad un assetto di “conduzione collegiale” dell’Associazione. Perché? Perché mi sembra la strada più idonea per affrontare tempi certo difficili, nei quali si rischia di dover scegliere tra un vivacchiare e l’estinzione. Occorre una concentrazione di sforzi per uscire da questa alternativa.

Dunque, a mio avviso, la presidenza dovrà essere concepita – mi si scusi l’analogia che non vuole essere blasfema – come una e trina, nel senso di scegliere una squadra di tre persone che assieme assumano l’incarico, lavorando di concerto ed appoggiandosi, naturalmente, al Direttivo.

Per me questa proposta resterebbe valida, anche se l’Assemblea dei soci volesse (utinam!) scegliere un altro amico, diverso dal sottoscritto, come Presidente.

Quale orizzonte per l’Associazione

Dunque, come ho già detto, dobbiamo ben mettere a fuoco che oggi il problema principale non è quello di una scelta di nomi ma ragionare su come aggiornare, rimettere a fuoco natura, scopi e programma dell’Associazione, nella condizione attuale. Una messa a fuoco realistica ma non rinunciataria.

Messa a fuoco realistica, considerando che:

• Il nostro numero è ridotto e siamo prevalentemente concentrati su Torino e Provincia.

• I nostri soci sono quasi esclusivamente persone che si rifanno a un loro vissuto personale, quindi una platea di “veterani”, fedeli ma poco disposti a muoversi, come testimoniato dalla frequenza scarsa ad iniziative proposte, pur di eccellente livello.

• La nostra capacità di comunicare all’esterno è stata modesta, con l’eccezione di “Rinascita popolare”, che, grazie essenzialmente all’impegno di Alessandro e di pochi altri collaboratori ed amici (Ladetto, Ciravegna, Merlo, Novellini...) ha rappresentato uno strumento di presenza prezioso e insostituibile.

Messa a fuoco realistica ma non rinunciataria:

• La nostra ragion d’essere resta quella di “tener accesa una fiammella”, per usare l’espressione romantica spesso usata da Alessandro, ossia di ripresentare, attualizzandola, la tradizione politico-culturale che, partendo dallo storico Partito popolare di Sturzo si è poi trasmessa prima nella DC e poi nel PPI di Martinazzoli. Tradizione “cristiano democratica / cattolico popolare”. Due espressioni per me equivalenti ma non così per tutti, e la sottolineatura di questa distinzione terminologica non mi risulta particolarmente gradita, perché ha un sottofondo in qualche modo divisivo.

• Una tradizione certo articolata, frutto di maturazioni, discussioni, contrapposizioni e contrasti che ha comunque potuto arrivare a sintesi successive, che hanno generato una capacità di governo, a livello nazionale e locale, da molti oggi rimpianta.

• Una tradizione di cui – lo ricordo per inciso – nell’attuale scenario politico, nessuna delle formazioni concretamente in campo può legittimamente definirsi erede ed interprete. Sia a destra che a sinistra.

A sinistra, molti nostri amici, anche soci di questa Associazione, o ex colleghi di partito sono inseriti in formazioni – essenzialmente nel PD – nei quali si è prodotta la famosa “contaminazione” con altri filoni politico-culturali, talvolta con risultati lusinghieri sul piano personale e anche politici, ma spesso trovandosi in condizione subalterna rispetto scelte delicate e non marginali. A destra, anche dove è stato riesumato al prezzo di interminabili liti legali lo stesso simbolo della DC, ciò è avvenuto per sfruttare un modesto, residuo, potere di richiamo elettorale ma in assenza di un autentico ancoraggio ai contenuti, dando quindi luogo ad alleanze indifendibili: pensiamo solo all’europeismo, cardine del pensiero democristiano e popolare a braccetto con il sovranismo.

Alcune proposte di lavoro

Tenere accesa una fiammella, è quello che localmente possiamo cercare di fare. Localmente, perché ricordo che il soggetto forte individuato dall’ultimo congresso di scioglimento del PPI per proseguire il lavoro sul piano culturale e prepolitico era l’istituenda Associazione nazionale dei Popolari, cui le associazioni locali come la nostra avrebbero dovuto appoggiarsi. In Piemonte ci eravamo tempestivamente mossi per partire. Questo organismo è stato creato ma poi avviato a una discutibile, sconcertante ibernazione da parte di chi avrebbe dovuto guidarla ed animarla. Ci è mancato e ci manca quindi un supporto, un riferimento nazionale con il quale concordare le iniziative. L’autorevolezza di Guido Bodrato e l’attivismo di Alessandro Risso hanno per fortuna in qualche modo supplito.

In compenso molto importante è stata la collaborazione con la Fondazione Carlo Donat-Cattin, che svolge, come sapete, una seria e meritoria attività di studio e ricerca sul fronte della documentazione storica e sociale, e il cui direttore è il nostro socio e amico Gianfranco Morgando. Credo e spero che questa collaborazione possa proseguire, consentendoci di sviluppare o promuovere tematiche di comune grande interesse.

A titolo di largo esempio suggerirei:

• di ritornare sulla nascita e sullo sviluppo del PPI sturziano a Torino e possibilmente nel Piemonte, raccontando le circostanze che ne hanno consentito il radicamento e lo sviluppo, le dinamiche esterne ed interne, i principali nomi e cognomi, con particolare attenzione a quelli che, nel dopoguerra, sono passati all’azione con la DC.

• Sul piano amministrativo e della politica locale mi sembrerebbe utile concorrere a nuove iniziative di valorizzazione di alcuni grandi sindaci espressi dalla DC, del cui operato possiamo essere fieri; penso ad esempio a figure come Amedeo Peyron, Giuseppe Grosso (personaggio versatile che ha lasciato il segno anche come Rettore dell’Università e lungimirante Presidente della Provincia) o Giovanni Porcellana. Attenzione: non immagino un’operazione nostalgica di autocompiacimento agiografico ma un rivedere il loro operato alla luce della situazione odierna. Infatti, a nessuno sfugge come tra la realtà vissuta nella seconda metà del ‘900 ed oggi si siano verificate straordinarie mutazioni strutturali, ma si potrà vedere che molte idee di forza perseguite allora restano attuali, come pure lo stile manifestato nell’esercizio dei rispettivi ruoli.

• C’è poi un altro filone di lavoro che varrebbe la pena di aprire: la DC ed il PPI hanno presentato le loro proposte programmatiche per le successive tornate elettorali amministrative. Sono indicazioni che spesso sono rimaste sulla carta (per contrasti sorti nelle composite maggioranze, per mancanza di risorse finanziarie, ecc.) ma sono comunque espressione di un orientamento che traduce in proposte concrete una cultura politica. Pur nella diversità dei contesti il confronto mi sembrerebbe utile. Oltretutto non credo che vi troveremmo proposte che oggi ci creerebbero imbarazzo, mentre la stessa cosa non può dirsi per le formazioni allora avversarie. Come semplice esempio, e per restare in un ambito che mi è familiare, nel programma del PCI che vinse le elezioni del 1975 c’era un imbarazzante (a posteriori) NO a talune “grandi opere” come la metropolitana di Torino e le autostrade della valle di Susa e per Pinerolo. La destra invece, in altre circostanze, propose l’arretramento della stazione di Porta Nuova al Lingotto (oggi in epoca di Alta Velocità è chiaro a tutti che un terminale che arriva in centro città è un “plus” straordinario nella competizione treno-aereo) e immaginava la costruzione di una robusta nuova cortina residenziale sul lato ovest di via Nizza, lato ferrovie appunto, a ridosso di un quartiere, San Salvario, già pesantemente congestionato.

• Non si può però negare, infine, che in particolare per la DC, l’immagine del partito è risultata da una certa epoca appannata, a livello nazionale e locale, da prassi interne negative che l’hanno indebolita e portata poi al declino. Chi ha vissuto questa storia comprende di cosa parlo; mi sembra che questo tema sia stato dai più rimosso ed un suo riesame distaccato ed obiettivo sarebbe indispensabile.

Figure eminenti, programmi elettorali ma anche riesame di errori compiuti e delle loro cause: da questi spunti e da nuovi approfondimenti specifici su questioni di attualità – come già fatto dall’Associazione in anni recenti – si potrebbero trarre proposte da portare a conoscenza degli amministratori in carica e dell’opinione pubblica. È un’opera di divulgazione che oggi appare meno confinabile nel libro dei sogni grazie all’abbandono degli strumenti cartacei e all’uso della comunicazione elettronica, decisamente più facile da gestire e meno costosa.

Il rapporto con il mondo cattolico

Infine, un necessario richiamo al nodo del mondo cattolico. Senza il suo coinvolgimento e il suo impegno, impegno in certe epoche militante, in altre di benevolo sostegno, le cose in Italia sarebbero andate ben diversamente...

Oggi quello che convenzionalmente e sbrigativamente chiamo “mondo cattolico” è una realtà ben diversa da quella di allora. Aggredito dalla secolarizzazione, attraversa una fase di ripiego e ospita al suo interno credenti con sensibilità assai diverse, anche lontane. Resta tuttavia un interlocutore privilegiato per i Popolari e richiederebbe attenzioni e iniziative specifiche, anche verso le fasce più giovani, apparentemente lontane anni luce dalle nostre tematiche ma in genere animate da generosità e ben interessate ai valori del volontariato e della solidarietà sociale. Incidentalmente, appartenenti a un segmento della società italiana che ha dimostrato un inatteso senso di responsabilità e capacità di adattamento durante la pandemia, tradottisi in una adesione alle campagne vaccinali con percentuali ben più alte rispetto a quelle degli over 30. Così pure per molti è in atto un forte risveglio sui temi della sostenibilità ambientale, favorito dal mainstream dominante ma anche sulla spinta delle esortazioni di papa Francesco. C’è insomma buona volontà nella nebulosa giovanile ecclesiale e forse in alcuni anche potenziale interesse per un impegno civico cristianamente ispirato ma... nulla o quasi nulla sanno della storia del cattolicesimo politico in Italia, come pure dei contenuti della Dottrina sociale cristiana.

Può apparire velleitario ma mi sembra nostro compito tentare di individuare forme e strumenti, in linea con la sensibilità e le tecnologie contemporanee, che ci consentano di portare intorno a noi un pur modesto contributo per colmare questo gap.

Linee di programma, quelle che ho espresso, troppo ambiziose per le nostre forze? Semplicemente individuano uno scenario, all’interno del quale cercheremo di muoverci, attenti ad attivare tutte le possibili sinergie.


8 Commenti

  1. Un cordiale saluto a Franco Campia e un altrettanto cordiale augurio che quanto si è proposto nel suo discorso si realizzi.
    Auguri anche agli altri amici dell’Associazione popolari.
    Grazie per tenermi informato.

  2. Ottimo passaggio di consegne, e ottima premessa perché la presenza dell’associazione continui proficuamente così come finora, senza megalomanie ma senza rinunce. Lo dico convinto, rinnovando le mie scuse per non essere riuscito a partecipare all’assemblea.
    Un solo rilievo …, pignolo su un lapsus: Grosso non è mai stato rettore dell’Università, ma, per tantissimi anni, preside di Giurisprudenza

  3. Ciao Franco,
    complimenti e in bocca al lupo (viva il lupo) da un vecchio amico vercellese.
    L’augurio è che tu riesca a tranciare la “cinghia di trasmissione”
    con il PD e si possa tornare ad essere POPOLARI STURZIANI DEGASPERIANI E MOROTEI A TUTTO TONDO!

  4. Caro Franco ammiro il tuo coraggio e apprezzo la tua disponibilità con la tua esperienza e saggezza e con l’aiuto di Dio i popolari avranno una voce autorevole.
    Da oggi puoi contare su un associato in più.

  5. Ringrazio gli autorevoli amici per le parole lusinghiere e gli auguri che hanno voluto esprimere, che naturalmente considero estesi a chi mi affianca nella “conduzione plurale” di cui ho parlato nel mio intervento. Ho apprezzato particolarmente la presenza delle due voci non “torinesi”, che ci ricordano la richiesta, espressa in Assemblea, di non dimenticare di rivolgerci anche al resto del Piemonte.
    Ringrazio anche Mario Chiavario per aver corretto il mio lapsus su Giuseppe Grosso, frutto di ricordi appannati di anni nei quali frequentavo il Poli e non l’Università; rassicuro Maurizio Trinchitella sul fatto che l’Associazione non può trasformarsi in una cinghia di trasmissione sia per la sua stessa natura che per il rispetto di un oggettivo pluralismo nelle scelte partitiche dei nostri soci. Sono certo che quelli di loro che operano nel PD potranno arricchire il nostro dibattito (ed arricchirsene) come coloro che ne stanno fuori.

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