Rispondo ad Alessandro Risso



Pierluigi Castagnetti    23 Aprile 2019       2

La lettera inviata a “Il Domani d’Italia” dal nostro presidente Alessandro Risso ha ricevuto la risposta di Pierluigi Castagnetti, indirizzata al direttore di quella testata Lucio D’Ubaldo, che di seguito pubblichiamo anche noi.

 

Caro Direttore,

ti sarei grato se volessi cortesemente ospitare questa mia interlocuzione con Alessandro Risso, che pur conoscendo poco stimo molto per ciò che fa con l’Associazione Popolari piemontese, in particolare con la rivista on line “Rinascita popolare”.

Partiamo dall’incidente con Lino Labate. Come tu sai io ho reagito in quel modo per la semplice ragione che non avevo scritto alcuna lettera: chiunque l’avrebbe fatto vedendosi pubblicata una lettera a propria firma che non aveva mai steso, avesse condiviso anche l’intero contenuto. È servito perché le ricerche hanno portato a evidenziare l’equivoco.

Ma mi preme più la sostanza, evidenziata dal titolo che tu hai indicato:“Castagnetti non crede all’eredità culturale del popolarismo”. Niente di più falso e offensivo. Sono almeno vent’anni che giro settimanalmente ogni città italiana, molte università, molte diocesi praticamente a parlare solo di questo. Semplicemente non credo, nella situazione storica che viviamo, all’opportunità di dar vita a una forza politica a ispirazione religiosa: il Concilio Vaticano II, l’ottantanove del crollo del Muro, la fine delle ideologie, la globalizzazione che ha cambiato le condizioni delle nostre democrazie, la rivoluzione digitale che ha rotto gli equilibri nella distribuzione della conoscenza e – dunque – della rappresentanza, impongono anche ai credenti di andare oltre, molto oltre, le nostalgie di un passato, glorioso ma irripetibile. Sono convinto che se Sturzo e De Gasperi fossero ancora tra noi ci spronerebbero a inventare scenari e soggetti inediti. Personalmente sono interessato molto a questa discussione.

Ma non voglio sottrarmi alle accuse che mi sono state rivolte di una certa inerzia politica.

Facciamo un passo indietro.

Nel 2002 venni rieletto segretario del PPI, assieme a un ‘collegio’ di 58 altri rappresentanti, da un congresso composto da oltre mille delegati in rappresentanza di quasi duecentomila iscritti, con il mandato preciso e unico di promuovere, assieme ad altre tre piccole forze politiche che si muovevano nel centro del centrosinistra e spesso composte da amici ex democristiani, un nuovo soggetto politico di centrosinistra, che verrà poi denominato “Democrazia è libertà” e di gestire gli aspetti organizzativi conseguenti. L’esperienza ci ha dimostrato che la liquidazione di ciò che preesisteva sarebbe stata cosa assai complicata dal punto di vista civilistico (sia per il PPI che per gli altri soggetti di cui comprensibilmente non si parla più, penso anche al PCI, al PSI, al PRI…). È evidente che il mandato riguardava la costruzione di un nuovo soggetto che assorbisse il precedente, e non che lo affiancasse.

Per cui la mia preoccupazione è sempre stata quella di non promuovere alcuna iniziativa politica e tantomeno alcun tesseramento, sia per onorare il mandato congressuale, sia per non creare situazioni di rimessa in discussione del nuovo soggetto che avrebbero trovato la reazione in primo luogo di parlamentari e dirigenti provenienti dalla nostra storia.

Ciò non mi ha impedito peraltro di dedicarmi, assieme ad altri dirigenti, a iniziative che contribuissero a conservare e onorare la storia del popolarismo e la sua ricchezza valoriale ancor oggi preziosa per la politica del nostro paese, come la promozione della memoria e del magistero dei nostri ‘padri fondatori’, Sturzo, De Gasperi e Moro, ogni anno, con iniziative editoriali e convegni a Caltagirone, Roma, Trento, e in altre città, oltreché il suggerimento e la collaborazione piuttosto attiva con le iniziative dell’Istituto Sturzo (tralascio di parlare della difficile gestione dei debiti pregressi e risalenti sino alla Democrazia Cristiana, oltreché del contenzioso giudiziario non ancora concluso, gestione di cui si occupano generosamente tesoriere e co-rappresentante legale).

La scelta di non promuovere iniziative politiche legate all’attualità è stata una scelta, lo ripeto. La mia preoccupazione è sempre stata quella di evitare di provocare polemiche politiche ‘intestine’, facili da prevedere qualora avessi consentito di non rispettare il mandato congressuale del 2002, che avrebbero ulteriormente mortificato la memoria e il prestigio della nostra tradizione. Basti pensare che recentemente il prof. Nino Luciani volendo riunire a Bologna tutte le sigle che pretendono una qualche derivazione o rappresentanza della vecchia Democrazia Cristiana ne ha censite oltre una cinquantina.

No, la DC e il PPI furono una sola esperienza e io ho sentito il dovere, anche tra tante incomprensioni, di difenderne la memoria. In questi anni ci è toccato infatti di assistere a uno spettacolo piuttosto deprimente: chi si è autocertificato come improbabile componente dell’ultimo Consiglio Nazionale della DC per poter adire alla magistratura, chi vi ha fatto ricorso per ottenere l’uso del simbolo, chi per l’uso della testata “Il Popolo”, chi non era presente all’ultimo Congresso del PPI perché allora non vi aderiva e successivamente ha avanzato pretese le più disparate, chi in questi anni ha transitato da varie sigle politiche e da ultimo è salito su una improbabile cattedra di coerenza politica. C’è posto per tutti e non sarò io a contestarlo.

Personalmente non ne sono convinto, ma se c’è qualcuno oggi che intende dar vita a un nuovo partito di cattolici o altre esperienze di collegamento lo osserverò con tutto il rispetto e l’attenzione interessata, ovviamente.

Ma, se possibile, lo si faccia senza attivare polemiche infondate e inevitabilmente penose.

 

N.B. Castagnetti ha tenuto a precisare che la risposta si limita al solo articolo qui indicato, non al successivo intervento di Giorgio Merlo anche da noi pubblicato (n.d.r.).


2 Commenti

  1. Anche Castagnetti nonostante le responsabilità che ha avuto e che ha cade nell’equivoco di parlare di “partito di cattolici” evocando così l’immagine di un soggetto confessionale che si presta a facili critiche. Io che ho qualche anno più di Castagnetti ho sempre sentito De Gasperi e tanti altri parlare sempre di “partito di ispirazione cristiana”. Questo perchè se per esempio un luterano o un anglicano ritenesse che nei valori cristiani vi sono i fondamenti per una mediazione sociale e per un progetto di società condivisibile non dovrebbe avere remore a votare per il partito che li pone a suo fondamento.

  2. In questo scritto Castagnetti spiega molto bene ciò che ha evitato di fare e perchè. Sarebbe bello per un individuo marginale come me sapere perchè nessuno di coloro che avrebbero avuto l’ esperienza e la notorietà per agire ha fatto nulla per evitare che le proprie idee (le nostre idee) svanissero dalla scena politica (salvo tutelare la personale presenza in scena).

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