La famiglia è un capolavoro che dovremmo prendere a modello per costruire una società libera e forte, non una bandierina ideologica da sventolare. Perché se la famiglia funziona, il mondo intero è al sicuro.
Le discussioni e parte dei contenuti emersi in questi giorni riguardanti il Congresso di Verona li ho trovati veramente conflittuali, fuori luogo e desolanti.
La vocazione naturale della famiglia e la sua cornice costituzionale meritano degli atteggiamenti relazionali e soprattutto una riflessione coerente con il suo ruolo unitivo. Non è una proprietà di qualcuno, di una religione o una filosofia: ma un valore dell'intera comunità poiché custode dell'educazione all'umanità, promotrice di valori come il rispetto e la condivisione.
Viaggiando in numerosi Paesi, ho avuto l'opportunità di frequentare diverse famiglie e vedere al loro interno le medesime scene colorate, simili ad affreschi pieni di umanità. Ho maturato la convinzione che, se pur con leggere sfumature, il suo ruolo e i suoi valori sono elementi presenti universalmente.
È il centro del nostro modello di convivenza, si fonda sull'aiuto reciproco e sull'esempio, ispirato alle necessità dei suoi membri, che concorrono a realizzarlo. La sua autorità valica le barriere del tempo, accompagnando le persone nel resto della vita, la sua influenza si estende oltre i confini domestici, sostenendo lo sviluppo armonico della società.
Il modo in cui siamo cresciuti in essa, è la vitale testimonianza da cui abbiamo appreso, quello che è mancato, è la prevalente sofferenza che patiamo; una ferita che genera reazioni e comportamenti deviati. Ogni problema nasce dall'assenza di affetto percepito, che ha prodotto l'inibizione di un comportamento naturale; lo possiamo comprendere pensando ai primi anni della vita, dove il riconoscimento e l'apprezzamento costituiscono una piattaforma solida, non rimpiazzabile con nessun altro materiale. Possiamo sintetizzare dicendo che quello che siamo diventati è primariamente il frutto di come nostra madre ci ha guardato e come nostro padre ci ha ascoltato.
È doloroso costatare gli attuali fenomeni disgregatori che la famiglia è costretta a vivere: fratture, violenze, divisioni che mettono in pericolo la sua tenuta, indebolendo l'intera rete sociale.
L'attuale dibattito, individualista e divisivo, sembra non cogliere il cuore della questione, litiga su quale sia il genere di famiglia legittima, fra integralismi e libertini, senza riflettere sull'importanza del femminile e del maschile, ovvero della cura e dell'autorità, per la piena maturazione personale e collettiva, ovvero la missione stessa della famiglia.
Osservando alcune famiglie si ha la sensazione che non siano un'entità unica, solo la somma di singoli individui disgiunti fra loro, ognuno dei quali pensa ai propri interessi particolari. Qualcosa non ha funzionato; non è vissuta come l'espressione nobile per il compimento dei singoli animi, ma al contrario, come una gabbia formale che impedisce all'ego nocivo di prevalere. Le emozioni sfavorevoli si accumulano sfociando nell'insofferenza e nell'aggressività, reazioni secondarie a un bisogno di amore insoddisfatto, con il risultato che gli altri membri e le regole sono percepiti come degli ostacoli alla propria individualità.
Come conseguenza, ormai da numerosi anni, assistiamo alla disintegrazione delle famiglie e della società: tensioni interne, fratelli che non si parlano, genitori e figli in perenne ostilità. La configurazione individualista dell'attuale società, implica che i suoi ritmi e modelli forgino il tipo di socialità, determinando le priorità del sistema.
Appare quindi plausibile ritenere che le famiglie, dovendo sottostare a questo tipo di struttura, devono adeguarsi a qualcosa che le snatura a livello comportamentale, diventando luoghi di ripetuto conflitto. In questo ambiente non benevolo alle loro vocazioni, denso di elementi provocatori di tensioni e della rottura delle relazioni fondamentali, sono spinte a isolarsi per difendersi.
Dietro le complicazioni del vivere, possiamo scorgere un comportamento innaturale rispetto la natura familiare; una forma di reazione, un adattamento rispetto una mancanza, un bene che non abbiamo ricevuto, in particolare nella dimensione delle relazioni nella nostra famiglia.
Se esiste un segreto è quello di prendersi cura dell'autonomia degli altri, essere dei giardinieri, più che pasticceri, che indirizzano le persone lasciando che la natura svolga il resto, senza desiderarle uguali a un modello o sostituirsi a loro.
Dentro di noi abbiamo tutto ciò che occorre per rimediare a eventuali carenze, trovando il modo di riscattarci, consapevoli che la famiglia, le famiglie di tutti, sono la via per realizzare una società consapevole, libera e giusta.
Le discussioni e parte dei contenuti emersi in questi giorni riguardanti il Congresso di Verona li ho trovati veramente conflittuali, fuori luogo e desolanti.
La vocazione naturale della famiglia e la sua cornice costituzionale meritano degli atteggiamenti relazionali e soprattutto una riflessione coerente con il suo ruolo unitivo. Non è una proprietà di qualcuno, di una religione o una filosofia: ma un valore dell'intera comunità poiché custode dell'educazione all'umanità, promotrice di valori come il rispetto e la condivisione.
Viaggiando in numerosi Paesi, ho avuto l'opportunità di frequentare diverse famiglie e vedere al loro interno le medesime scene colorate, simili ad affreschi pieni di umanità. Ho maturato la convinzione che, se pur con leggere sfumature, il suo ruolo e i suoi valori sono elementi presenti universalmente.
È il centro del nostro modello di convivenza, si fonda sull'aiuto reciproco e sull'esempio, ispirato alle necessità dei suoi membri, che concorrono a realizzarlo. La sua autorità valica le barriere del tempo, accompagnando le persone nel resto della vita, la sua influenza si estende oltre i confini domestici, sostenendo lo sviluppo armonico della società.
Il modo in cui siamo cresciuti in essa, è la vitale testimonianza da cui abbiamo appreso, quello che è mancato, è la prevalente sofferenza che patiamo; una ferita che genera reazioni e comportamenti deviati. Ogni problema nasce dall'assenza di affetto percepito, che ha prodotto l'inibizione di un comportamento naturale; lo possiamo comprendere pensando ai primi anni della vita, dove il riconoscimento e l'apprezzamento costituiscono una piattaforma solida, non rimpiazzabile con nessun altro materiale. Possiamo sintetizzare dicendo che quello che siamo diventati è primariamente il frutto di come nostra madre ci ha guardato e come nostro padre ci ha ascoltato.
È doloroso costatare gli attuali fenomeni disgregatori che la famiglia è costretta a vivere: fratture, violenze, divisioni che mettono in pericolo la sua tenuta, indebolendo l'intera rete sociale.
L'attuale dibattito, individualista e divisivo, sembra non cogliere il cuore della questione, litiga su quale sia il genere di famiglia legittima, fra integralismi e libertini, senza riflettere sull'importanza del femminile e del maschile, ovvero della cura e dell'autorità, per la piena maturazione personale e collettiva, ovvero la missione stessa della famiglia.
Osservando alcune famiglie si ha la sensazione che non siano un'entità unica, solo la somma di singoli individui disgiunti fra loro, ognuno dei quali pensa ai propri interessi particolari. Qualcosa non ha funzionato; non è vissuta come l'espressione nobile per il compimento dei singoli animi, ma al contrario, come una gabbia formale che impedisce all'ego nocivo di prevalere. Le emozioni sfavorevoli si accumulano sfociando nell'insofferenza e nell'aggressività, reazioni secondarie a un bisogno di amore insoddisfatto, con il risultato che gli altri membri e le regole sono percepiti come degli ostacoli alla propria individualità.
Come conseguenza, ormai da numerosi anni, assistiamo alla disintegrazione delle famiglie e della società: tensioni interne, fratelli che non si parlano, genitori e figli in perenne ostilità. La configurazione individualista dell'attuale società, implica che i suoi ritmi e modelli forgino il tipo di socialità, determinando le priorità del sistema.
Appare quindi plausibile ritenere che le famiglie, dovendo sottostare a questo tipo di struttura, devono adeguarsi a qualcosa che le snatura a livello comportamentale, diventando luoghi di ripetuto conflitto. In questo ambiente non benevolo alle loro vocazioni, denso di elementi provocatori di tensioni e della rottura delle relazioni fondamentali, sono spinte a isolarsi per difendersi.
Dietro le complicazioni del vivere, possiamo scorgere un comportamento innaturale rispetto la natura familiare; una forma di reazione, un adattamento rispetto una mancanza, un bene che non abbiamo ricevuto, in particolare nella dimensione delle relazioni nella nostra famiglia.
Se esiste un segreto è quello di prendersi cura dell'autonomia degli altri, essere dei giardinieri, più che pasticceri, che indirizzano le persone lasciando che la natura svolga il resto, senza desiderarle uguali a un modello o sostituirsi a loro.
Dentro di noi abbiamo tutto ciò che occorre per rimediare a eventuali carenze, trovando il modo di riscattarci, consapevoli che la famiglia, le famiglie di tutti, sono la via per realizzare una società consapevole, libera e giusta.
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