Meglio essere una grande Svizzera



Intervista a Sergio Romano    12 Giugno 2018       0

Sergio Romano, diplomatico già ambasciatore presso la Nato e a Mosca, editorialista e autore di vari libri, fra i quali uno recente su Putin e la ricostruzione della grande Russia, intervistato per “Libero” da Piero Senaldi, ci fornisce una rappresentazione del contrasto che ha ridato corso a una nuova guerra fredda fra Occidente e Russia, riportando a soffiare venti di guerra sul continente europeo. Tenuto conto di un curriculum che gli consente di osservare gli eventi con il distacco di chi possiede competenze in materia e ha vissuto tesi momenti storici, riteniamo utile rilanciare la sua valutazione, che parte dai primi segnali in politica estera del nuovo governo tra 5 Stelle e Lega.

 

Per ora l' unico leader al mondo che si è dichiarato favorevole all'esecutivo giallo-verde è proprio lo zar Vladimir: la stupisce?
È accaduto quel che accade sempre: gli avversari del mio nemico sono automaticamente miei amici. In realtà nessuno sa che cosa pensi davvero Putin di M5S e Lega. Li sostiene perché è preoccupato dalla linea che da 20 anni gli Usa hanno impresso alla loro politica verso Mosca; e questo lo porta a vedere di buon occhio le forze anti-sistema.

Quanto sono fondate le preoccupazioni avanzate da giornali e Pd, che affermano che questo governo ci creerà problemi con la Nato?
Nei miei incontri pubblici non ho mai riscontrato tra gli elettori dei vincitori delle ultime elezioni un diffuso e dichiarato anti-atlantismo. Credo che le preoccupazioni in questo senso siano eccessive. Tanto più che molti di coloro che accusavano Salvini di essere antiamericano sono gli stessi che un anno e mezzo fa lo attaccavano per essere stato l' unico politico italiano ad andare in Usa per festeggiare l' elezione di Trump.
Allora neppure Trump amava la Nato. Oggi però si è reso conto che gli Usa possono servirsene e non la butterà via. Specie ora che siamo tornati a un clima di Guerra Fredda.

Come è successo e di chi sono le responsabilità maggiori?
L' allargamento della Nato, voluto dagli Usa, ai Paesi della ex Cortina di Ferro e perfino alle Repubbliche Baltiche, che fino a pochi anni prima erano parte integrante dell' Urss, è vissuto da Mosca come una minaccia; ed è difficile darle torto, visto che il Patto Atlantico è un' alleanza militare, creata per preparare la guerra con un comandante supremo, forze militari integrate e basi americane, in Europa.
Gli Usa si giustificano dichiarando che volevano stabilizzare la regione dopo il crollo sovietico, ma è un' affermazione alquanto ipocrita.

Quindi il vertice di Pratica di Mare, con Berlusconi che mise insieme Putin e Bush fu solo una grande messinscena?
Io avevo qualche speranza. Mi sembrava che la Nato avesse deciso di trasformarsi da alleanza politica militare - un' organizzazione che, come tale, deve avere sempre un nemico - in un' associazione per la sicurezza collettiva della regione, con lo scopo di evitare ostilità fra i suoi membri.

Si parlò di un ingresso di Mosca nella Nato: poi cosa accadde?
Gli Usa fecero retromarcia: non riuscirono a buttar via quel patrimonio di animosità e competizione con la Russia che fu l' essenza della Nato durante i decenni della guerra fredda. Anche in Obama, premio Nobel per la Pace, prevalsero occasionalmente vecchi riflessi storici. È una miopia, di cui è responsabile anche la Gran Bretagna, dove si coltivano nostalgie imperiali, alimentate da una classe dirigente che le ritiene utili a preservare lo status internazionale del Paese.

Anche la Ue del commissario Prodi premeva per estendere la Nato fino ai confini russi.
Come presidente della Commissione di Bruxelles, Prodi assecondava la Germania, che premeva per l' allargamento della Ue ai Paesi dell' Est. Dopo essere stata divisa per quarant' anni ed essere divenuta marca di frontiera tra l' Est e Ovest, Berlino ritenne che la fine della guerra fredda fosse un' occasione da cogliere per non avere più nemici ad Est dando agli ex satelliti una collocazione nel sistema occidentale. Non era una cattiva idea, ma poteva essere realizzata anche senza offrire loro un seggio nella Ue.

Un Drang nach Osten (spinta verso Est, ndr) democratico, 50 anni dopo lo scoppio della guerra?
Piuttosto un atteggiamento velleitario e non sempre coerente. Quando Bush jr. manifestò l' intenzione di far aderire l' Ucraina alla Nato, la Germania ebbe la lucidità di opporsi.

Non trova curioso che i giornali italiani mettano a tema la nostra uscita dalla Nato quando la Turchia di Erdogan flirta con Putin e ha trattato con l' Isis ma resta bellamente nell' Alleanza Atlantica?
È una buona domanda. Anche se Mosca e Ankara sono sempre stati due Paesi ostili, con ambizioni confliggenti: è un' intesa tattica e momentanea. Erdogan vuole riportare la Turchia da Stato islamico moderno a sultanato, in una sorta di riedizione dell' Impero Ottomano. Dubito che Putin sia favorevole a questo progetto.

Che senso ha oggi, per l' Europa e per l' Italia, essere anti-Putin?
Non vedo alcuna convenienza. Russia e Ue sono complementari: a loro mancano la tecnologia e la cultura del mercato, a noi le materie prime. Dovremo ricercare degli accordi economici con Mosca.

Quindi ha ragione la Lega a inserire nel programma di governo lo stop alle sanzioni russe?
La Lega ha un bacino elettorale importante nei territori dove le sanzioni alla Russia hanno avuto l' impatto economico più negativo, e ha fatto comprensibilmente di questi malumori una piattaforma politica, anche perché essere filorussi in questi tempi rafforza l' immagine di movimento anti-sistema. Comunque le sanzioni producono quasi sempre effetti diversi da quelli sperati. Creano un' economia nera, alimentano il nazionalismo nella nazione colpita e ne rafforzano il governo. Noi italiani dovremmo saperlo: il fascismo raggiunse il proprio picco di popolarità nel 1936, quando la Società delle Nazioni ci punì per l' attacco all' Etiopia, instillando nelle vene del Paese un patriottismo vittimista del quale non sono ancora del tutto sparite le tracce. Quando poi, come nel caso russo, vengono dagli Usa, le sanzioni diventano particolarmente pericolose perché Washington ha un concetto di extraterritorialità elastico e opportunistico: sono capaci di processare chiunque le abbia violate, anche se il fatto non è accaduto sul loro territorio.

Che consigli dà allora al nuovo governo italiano in politica estera?
L' Italia si dovrebbe impegnare a portare gradualmente la Ue su posizioni di neutralità, come se fosse una grande Svizzera. L' Europa non ha più interesse a legare il proprio destino ai rapporti con gli Usa, specie ora che la politica di Trump è imprevedibile.

Pensa a un'alleanza con Mosca?
No. Le alleanze comportano obblighi che vanno al di là di quanto è giustificabile e sufficiente. Non è necessario firmare trattati. Però l' Europa dovrebbe cogliere la Brexit come un'occasione straordinaria. La Gran Bretagna non era entrata nella Ue per aiutarci a realizzare l' unione, ma per impedirci di farla e trattenerci in un ambito atlantico di cui le due maggiori potenze di lingua inglese avrebbero conservato la guida. La sua uscita dalla Ue elimina un equivoco. Purtroppo temo che la classe politica europea non voglia prendere posizioni così nette e coraggiose.

Mattarella è fortemente atlantista: non la pensa come lei?
Credo che il presidente della Repubblica abbia a cuore soprattutto la credibilità europea del Paese. Ma l' Italia è fragile e decisioni così importanti, come uscire dall' orbita americana, si possono prendere solo quando c' è un esecutivo che possa realizzare progetti almeno a medio termine. Oggi se il governo mettesse in discussione la Nato verrebbe travolto, indipendentemente dalla sensatezza delle sue critiche. Ma il sentimento dominante dell' elettorato italiano attuale è l' antieuropeismo, incarnato molto dalla Lega e un po' meno dal M5S.

(intervista di Piero Senaldi, tratta da “Libero” dell’8 giugno 2018)


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