Stati Uniti, Russia, Ucraina: il mondo al contrario



Aldo Novellini    1 Marzo 2025       2

Ben oltre il famoso libro di Roberto Vannacci, il mondo al contrario si sta davvero materializzando con quanto sta accadendo nel conflitto russo-ucraino. Siamo cioè arrivati all'assurdo – il rovesciamento del mondo, per l'appunto - che l'Ucraina viene ritenuta dal presidente americano Donald Trump responsabile dell'invasione russa avendo provocato la reazione di Mosca. Come dire che nel 1939 fu la Polonia ad indurre Hitler ad attaccarla. Poi il tycoon ha iniziato a delegittimare il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky parlandone come di un dittatore privo di reale consenso tra la popolazione e chiedendo addirittura un'elezione presidenziale in Ucraina nell'attuale stato di guerra.

I colloqui alla Casa Bianca tra i due leader, finiti a male parole – mai visto nulla di simile in un incontro internazionale – complicano ogni cosa, perché da Washignton è giunto un messaggio favorevole alla Russia che potrebbe alzare il piatto. Una situazione a dir poco incredibile, nella quale – ha detto bene il ministro degli Esteri, Antonio Tajani - occorre mantenere i nervi saldi, per evitare che tutto precipiti.

Resta però del tutto incomprensibile perché la ripresa del dialogo tra Russia ed America, primo passo necessario per chiudere il conflitto, debba vedere Trump allinearsi totalmente a Putin, rinunciando, a priori, di mantenere in agenda l'ingresso dell'Ucraina nella Nato. Che poi era, e resta, la sola questione decisiva: unico credibile deterrente contro eventuali, per quanto ipotetiche, future mire espansionistiche moscovite.

Proprio questo timore ha indotto due Paesi neutrali come Svezia e Finlandia a chiedere ospitalità sotto l'ombrello atlantico. Ombrello che invece per l'Ucraina non si aprirà. Trump ha tolto dal tavolo la sola contrapartita che, persi i territori occupati, fornirebbe ad un accordo con la Russia un sapore diverso da una semplice resa. Se infatti Donbass e regioni attigue non saranno restituiti ecco che la Nato servirebbe a proteggere in modo duraturo l'integrità del resto del Paese.

Le cose stanno invece andando diversamente e Kiev si ritrova addirittura sul banco degli imputati. Dinanzi a questo paradosso, l'Europa viene esclusa, per ora, da qualsiasi trattativa. La verità è che contiamo poco o nulla a causa delle nostre endemiche divisioni e per gli Stati Uniti, in versione trumpizzata, dovremo contare ancora meno. Mai come oggi Washington vede il processo di integrazione europea come fumo negli occhi e, non a caso sia il vicepresidente James D. Vance sia Elon Musk appoggiano apertamente, al limite dell'ingerenza negli affari altrui, quelle formazioni di estrema destra avverse all'unificazione del continente e sostenitrici di un sovranismo fuori dal tempo che lascerebbe i singoli Paesi alla mercé delle grandi potenze. Stati Uniti in primis.

Lo schema trumpiano fa a meno dell'Unione europea e prevede il ritorno ad un bipolarismo Russia-Stati Uniti in stile “guerra fredda” cosa che a Mosca fa estremamente comodo, consentendole di tornare a recitare un ruolo di primo piano a livello internazionale. Ruolo cui, peraltro, è pienamente legittimo voglia aspirare. In questa prospettiva - che con un ossimoro potremmo definire “diplomazia della prepotenza” - l'Europa è solo un fastidioso ostacolo e decidere le sorti dell'Ucraina senza consultarla ne è la logica conseguenza. Washington e Mosca vogliono mettere Kiev dinanzi al fatto compiuto con una spartizione in due aree di influenza tra annessioni di territori e sfruttamento dei giacimenti di terre rare.

Gli Stati Uniti pretendono di accollare la difesa dell'Ucraina ad una forza di interposizione europea senza fare entrare Kiev nella Nato. La beffa oltre al danno. Un'impostazione che pare preludere ad un ridimensionamento dell'Alleanza atlantica. In filigrana sembra esserci non solo, o non tanto, il mancato ingresso ucraino nella Nato, quanto una sorta di sganciamento americano dalla stessa: si blocca l'ingresso di nuovi soci perché si pensa di chiudere la “ditta”. Ma se realmente le cose stanno così, va messo in pista il capitolo della difesa comune europea, avviando non solo lo scorporo delle spese militari dal debito pubblico dei singoli Paesi ma allestendo un meccanismo sovranazionale per il loro finanziamento. Avremo modo, razionalizzando il complessivo sistema di armamenti, di fare economie di scala, riducendo le spese militari per impiegarle in sanità, ricerca ed istruzione. Trasformando un'inopinata crisi in una promettente opportunità.


2 Commenti

  1. L’ ignavia europea è la sommatoria dei peccati di omissione di una classe dirigente politica dei 27 paesi, ratificata democraticamente dalle maggioranze dei popoli elettori, che ha trovato più conveniente per sé la disunione sotto l’ombrello USA (che non è mai stato gratis) piuttosto che una unione vera con riduzione dei poteri di ogni singolo stato. Questa situazione va avanti da decenni indipendentemente da chi è al potere nei singoli stati. Adesso qualcuno finalmente ha capito che tra essere nemici degli USA ed esserne gli schiavi vi è anche la possibilità di essere amici con pari dignità, ma questo non si costruisce in un giorno per giunta con una guerra in corso. Se poi prevale una logica mercantile/concorrenziale priva di valori ideali, chi può dare una svolta strategica alla politica europea?
    L’ integrazione dei mezzi di difesa (forse ora la prima cosa che capiscono persino i governanti europei) è attività di anni, ammesso che ci si dia da fare subito e non ci si divida tra chi vuole inchinarsi a Trump e chi ha già deciso di inchinarsi a Putin. Un pericolo, soprattutto in Italia, è limitarsi a discutere su chi negli ultimi lustri è stato il più responsabile delle omissioni sopradette. Tale discussione è utile in vista delle prossime elezioni; unica cosa percepita dai nostri rappresentanti eletti.

  2. Spero che l’ultima frase di questa chiara disamina della situazione scritta da Novellini sia più che un auspicio. La riorganizzazione delle forze armate, il loro coordinamento corrisponde al rafforzamento più che legittimo della politica di difesa e potrebbe condurre al contenimento delle spese senza penalizzare investimenti altrettanto importanti. Ma l’interoperabilità, mi dicono amici militari più esperti sicuramente di me in questo campo, è difficile fuori dal coordinamento NATO: l’alleanza dovrà certamente mutare criteri di governance ma non potrà essere sostituita rapidamente( gli ammiragli della Royal Navy dicevano che in pochi anni si costruisce una flotta ma ci vuole un secolo per fare la Marina militare). E poi c’è la politica. Siamo certi che una postura pregiudizialmente ostile verso la Russia porterà più sicurezza? Non rappresenta la svolta statunitense l’opportunità per l’Europa di riallacciare normali relazioni commerciali, culturali, diplomatiche con la Russia? Con buona pace degli inglesi (da sempre nemici di quel paese che sia governato dagli zar, dai bolscevichi o da Putin) e a vantaggio della propria prosperità. Un’Eurasia cooperativa e dialettica insieme è la miglior garanzia per la pace: anche dell’Ucraina.

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