
Le parole di Benedetto XV, che bollò come “inutile strage” la carneficina della Prima guerra mondiale, si possono ripetere uguali riferite ad ogni conflitto, rinforzate dal giudizio di papa Bergoglio: “La guerra è una follia”. Anche questa sentenza di Francesco (cui va la nostra preghiera in questo momento difficile) merita di rimanere nei libri di Storia come epitaffio della stoltezza umana.
Folle è stato il precipitare della guerra in Ucraina, che dura da tre lunghi anni. Una guerra che ci fa particolarmente male perché guerra europea, nel continente che più ha sofferto per gli apocalittici conflitti mondiali del Novecento. E che da queste tragiche lezioni avrebbe dovuto imparare. A dire il vero per tre quarti di secolo la lezione è stata recepita, con un lungo periodo di pace mai vissuto nei secoli precedenti. Settantacinque anni in cui sono stati compiuti molti passi verso la collaborazione e l’unità europea. Un processo che progressivamente è rallentato, deviato verso derive burocratiche e mercantili, per poi interrompersi e arretrare di fronte a sovranismi ed egoismi nazionali. La guerra ucraina ha infine assestato un colpo mortale alla prospettiva di un’Europa unita, capace di essere protagonista nel nuovo mondo multipolare. Ricordiamo in tanti lo sconfortante editoriale di Guido Bodrato che elencava le miopi visioni dell’Unione rassegnandosi a constatare lo svanire di un sogno. E siamo da molto tempo ben consci del fatto che siano in conflitto insanabile il progetto dell’Unione Europea e il patto atlantico con un alleato che non ci vuole uniti e autonomi ma divisi e sudditi. E qui, pur con stili molto diversi, non c’è sostanziale differenza di vedute tra gli ultimi inquilini della Casa Bianca.
Ma nel terzo anniversario della guerra, prima di ogni considerazione sul fallimento europeo, sul ritorno in scena di Trump, sulle prospettive politiche ed economiche, non possiamo non pensare alle persone. Alle famiglie ucraine e russe che piangono i loro morti. Anche se i media, parlando quotidianamente della guerra, ci fanno vedere solo le facce di Zelensky e Putin e non i corpi martoriati al fronte, come facciamo a rimuovere la vera tragedia umana che ogni apocalisse in terra porta con sé? Siamo o no consapevoli di essere confinati in una realtà fasulla costruita dai media, che ci informano ogni giorno sulle vuote parole di protagonisti e comprimari ma ci occultano la realtà, cruda e stomachevole, della guerra?
Non ci sono dati certi sul numero di vittime. La censura e la propaganda tendono a nascondere i propri morti e ad amplificare quelli del nemico. Da parte russa solo silenzio. Da parte ucraina si parla unicamente delle perdite inflitte ai russi. Se prendiamo per buoni i loro dati, sarebbero più di 600.000 le vittime di parte russa, di cui circa 200.000 i morti. Possiamo pensare che le vittime ucraine siano un numero almeno analogo, visto anche l’andamento della guerra favorevole a Mosca?
E se ritenessimo gonfiate queste cifre, anche dimezzate rappresentano un’enorme e inaccettabile tributo di lutti, dolore e sangue per una guerra inutile, anzi, più che mai dannosa se vista dai nostro punto di vista europeo.
Le responsabilità di Putin sono evidenti e acclarate, ma non è il solo colpevole.
Non possiamo dimenticare gli anni in cui si sono lasciati marcire in silenzio – per ignavia o deliberato proposito non fa differenza – gli accordi di Minsk, che avrebbero composto il conflitto regionale nel Donbass iniziato dopo il colpo di stato a Kiev nel 2014. Un conflitto durato otto anni, nel disinteresse dell’Europa, che aveva causato 14.000 morti, di cui circa 4000 civili.
Non possiamo dimenticare che un solo mese dopo l’inizio dell’invasione russa, fallita miseramente la rapida conquista di Kiev pensata da Putin, sia mancata la volontà di far tacere le armi rifiutando la tregua costruita a Istanbul da Erdogan e che il leader inglese Boris Johnson si adoperò perché la guerra continuasse, ben spalleggiato da una influente parte dell’establishment statunitense. L’esistenza di una “cupola” in Occidente – quel “complesso militare-industriale” denunciato come pericolo dal presidente Eisenhower nel suo discorso di commiato il 17 gennaio 1961 – che lucra sulle guerre è così evidente da non dover essere spiegato. La massa di denaro originata dal commercio delle armi (Beppe Ladetto ci ha fornito dati aggiornati, 2443 miliardi di dollari nel 2023) corrompe la politica, oggi come ieri.
Ricordiamo come l’Italia entrò nella Prima guerra mondiale, contro il volere delle masse e di parte della classe dirigente: Giolitti sapeva che restando neutrale avrebbe portato comunque all’Italia Trento e Trieste, ma venne travolto dalla propaganda interventista, foraggiata dalla grande industria.
Entrare in quel conflitto ci costò 600.000 morti, e un milione e mezzo di feriti e invalidi. Che tanta insopportabile retorica cercò nobilitare o nascondere, proprio come sta avvenendo ora.
Nessuna retorica, nessun dotto maquillage può rendere presentabile la negazione dell’umanità rappresentata dalla guerra. Quella in Ucraina ci fa male anche sul piano economico, e non poteva essere diversamente dopo aver rinunciato al metano russo, sostituito dal gas liquefatto americano che costa il quadruplo al nostro Paese, sprovvisto di fonti energetiche. Un po’ meglio sta la Francia grazie al nucleare, peggio la Germania di cui seguiamo con apprensione le vicende: il partito della destra nazionalista ha superato ieri il 20% dei consensi... Ma tutto questo viene dopo.
Prima vengono le persone, prima viene la vita. La pace è vita, la guerra è morte. Di fronte a tanto male non abbattiamoci, ricordando sempre: “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”.
Folle è stato il precipitare della guerra in Ucraina, che dura da tre lunghi anni. Una guerra che ci fa particolarmente male perché guerra europea, nel continente che più ha sofferto per gli apocalittici conflitti mondiali del Novecento. E che da queste tragiche lezioni avrebbe dovuto imparare. A dire il vero per tre quarti di secolo la lezione è stata recepita, con un lungo periodo di pace mai vissuto nei secoli precedenti. Settantacinque anni in cui sono stati compiuti molti passi verso la collaborazione e l’unità europea. Un processo che progressivamente è rallentato, deviato verso derive burocratiche e mercantili, per poi interrompersi e arretrare di fronte a sovranismi ed egoismi nazionali. La guerra ucraina ha infine assestato un colpo mortale alla prospettiva di un’Europa unita, capace di essere protagonista nel nuovo mondo multipolare. Ricordiamo in tanti lo sconfortante editoriale di Guido Bodrato che elencava le miopi visioni dell’Unione rassegnandosi a constatare lo svanire di un sogno. E siamo da molto tempo ben consci del fatto che siano in conflitto insanabile il progetto dell’Unione Europea e il patto atlantico con un alleato che non ci vuole uniti e autonomi ma divisi e sudditi. E qui, pur con stili molto diversi, non c’è sostanziale differenza di vedute tra gli ultimi inquilini della Casa Bianca.
Ma nel terzo anniversario della guerra, prima di ogni considerazione sul fallimento europeo, sul ritorno in scena di Trump, sulle prospettive politiche ed economiche, non possiamo non pensare alle persone. Alle famiglie ucraine e russe che piangono i loro morti. Anche se i media, parlando quotidianamente della guerra, ci fanno vedere solo le facce di Zelensky e Putin e non i corpi martoriati al fronte, come facciamo a rimuovere la vera tragedia umana che ogni apocalisse in terra porta con sé? Siamo o no consapevoli di essere confinati in una realtà fasulla costruita dai media, che ci informano ogni giorno sulle vuote parole di protagonisti e comprimari ma ci occultano la realtà, cruda e stomachevole, della guerra?
Non ci sono dati certi sul numero di vittime. La censura e la propaganda tendono a nascondere i propri morti e ad amplificare quelli del nemico. Da parte russa solo silenzio. Da parte ucraina si parla unicamente delle perdite inflitte ai russi. Se prendiamo per buoni i loro dati, sarebbero più di 600.000 le vittime di parte russa, di cui circa 200.000 i morti. Possiamo pensare che le vittime ucraine siano un numero almeno analogo, visto anche l’andamento della guerra favorevole a Mosca?
E se ritenessimo gonfiate queste cifre, anche dimezzate rappresentano un’enorme e inaccettabile tributo di lutti, dolore e sangue per una guerra inutile, anzi, più che mai dannosa se vista dai nostro punto di vista europeo.
Le responsabilità di Putin sono evidenti e acclarate, ma non è il solo colpevole.
Non possiamo dimenticare gli anni in cui si sono lasciati marcire in silenzio – per ignavia o deliberato proposito non fa differenza – gli accordi di Minsk, che avrebbero composto il conflitto regionale nel Donbass iniziato dopo il colpo di stato a Kiev nel 2014. Un conflitto durato otto anni, nel disinteresse dell’Europa, che aveva causato 14.000 morti, di cui circa 4000 civili.
Non possiamo dimenticare che un solo mese dopo l’inizio dell’invasione russa, fallita miseramente la rapida conquista di Kiev pensata da Putin, sia mancata la volontà di far tacere le armi rifiutando la tregua costruita a Istanbul da Erdogan e che il leader inglese Boris Johnson si adoperò perché la guerra continuasse, ben spalleggiato da una influente parte dell’establishment statunitense. L’esistenza di una “cupola” in Occidente – quel “complesso militare-industriale” denunciato come pericolo dal presidente Eisenhower nel suo discorso di commiato il 17 gennaio 1961 – che lucra sulle guerre è così evidente da non dover essere spiegato. La massa di denaro originata dal commercio delle armi (Beppe Ladetto ci ha fornito dati aggiornati, 2443 miliardi di dollari nel 2023) corrompe la politica, oggi come ieri.
Ricordiamo come l’Italia entrò nella Prima guerra mondiale, contro il volere delle masse e di parte della classe dirigente: Giolitti sapeva che restando neutrale avrebbe portato comunque all’Italia Trento e Trieste, ma venne travolto dalla propaganda interventista, foraggiata dalla grande industria.
Entrare in quel conflitto ci costò 600.000 morti, e un milione e mezzo di feriti e invalidi. Che tanta insopportabile retorica cercò nobilitare o nascondere, proprio come sta avvenendo ora.
Nessuna retorica, nessun dotto maquillage può rendere presentabile la negazione dell’umanità rappresentata dalla guerra. Quella in Ucraina ci fa male anche sul piano economico, e non poteva essere diversamente dopo aver rinunciato al metano russo, sostituito dal gas liquefatto americano che costa il quadruplo al nostro Paese, sprovvisto di fonti energetiche. Un po’ meglio sta la Francia grazie al nucleare, peggio la Germania di cui seguiamo con apprensione le vicende: il partito della destra nazionalista ha superato ieri il 20% dei consensi... Ma tutto questo viene dopo.
Prima vengono le persone, prima viene la vita. La pace è vita, la guerra è morte. Di fronte a tanto male non abbattiamoci, ricordando sempre: “Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”.
Condivido integralmente il giudizio sulla guerra ucraina, e sul suo contesto geopolitico, di Alessandro Risso
Il valore di questo editoriale di Alessandro Risso, a mio avviso, non sta solo nel contenuto, ma nel fatto che gli stessi concetti lui, e altre firme di Rinascita Popolare, li andavano spiegando da più di un decennio. L’inutilità e la follia di una nuova guerra civile europea, quale è quella ucraina, la praticabilità che vi è sempre stata in questo secolo di una soluzione diplomatica che garantisse ad un tempo l’integrità dell’Ucraina e la sua neutralità per la sicurezza reciproca di Est e Ovest. Ed ora non resta che la sofferenza di vedere i leaders dei principali Paesi UE convocati a Londra a prendere istruzioni, da uno stato che ha lasciato l’Ue, sul riarmo, su come prolungare il conflitto e su come respingere il piano di pace di Trump, che sarà pure un pericoloso sovranista, assistito da un personaggio per certi versi inquietante come Elon Musk, ma che mira apertamente a un accordo strategico con la Russia sulla testa non tanto dell’Ucraina ma dell’Unione Europea la quale, è tristissimo esser costretti a constatarlo, esprime una linea insoddisfacente sia rispetto alle priorità di questa fase, sia rispetto ai valori e agli ideali per i quali è stata fondata.
Questo giudizio merita la massima attenzione per poter aprire un processo come quello di Norimberga, io vorrei essere il Pubblico Ministero e sul banco degli imputati chiamare a rispondere: Stoltemberg -Biden- Putin – Zelenschi – Ursula Von der Lyen con tutti i capi e capetti dei Paesi UE, imputati di un conflitto inutile e devastante, che ha causato 1.000.000 di morti e 1000 miliardi di danni economici. Il 29 gennaio 2022, scrisse Lucio Caracciolo: “se la Cina è diventata per l’America l’avversario Numero Uno, sarebbe logico che i vertici americani ripetessero l’operazione di Kissinger aprendo alla Russia (l’avversario Numero Due), isolando Pechino. Perché invece non lo fanno? Lo spiegò chiaramente Dario Fabbri ad Ominibus. Lo scopo primo assegnato da Washington alla Nato (Stoltemberg) è mantenere assoggettati i paesi europei impedendo una effettiva loro autonomia, militare prima, politica poi. Per giustificare il mantenimento in vita della Nato, bisogna pertanto alimentare le tensioni con la Russia, rappresentandola come una minaccia per i Paesi europei”. Pertanto si deduce che un esercito europeo è un sogno irrealizzabile per l’UE. Mi auguro che Giorgia abbia capito e stia al gioco! Sono per “il primato del bene sul giusto”. Si attribuisce ad Eschilo questa frase: “la prima vittima della guerra è la verità”
Perfettamente d’ accordo con l’ analisi di Alessandro Risso. E’ che la classe politica europea ha tradito, ed ha servito, anzichè le popolazioni, gli interessi delle corporations americane e dei poteri profondi – finanziari e armamenti ecc. – rappresentati da Wef, Bildenberg e compagnia cantante.
Questo articolo è un documento storico a futura memoria, molto ben articolato senza enfasi gratuite e dovrebbe essere la stella polare di ogni persona di buonsenso. Detto ciò, ci sarà pure qualche reponsabilità… e oggi in Italia e a Bruxelles il PD è il partito della guerra più totale, della pace raggiunta con la forza, che fa di tutto per sabotare le prime intese tra Putin e Trump. Ma il PD è fatto da gente comune, nelle amministrazioni, nel volontariato etc. Che non battono ciglio alla deriva militarista di questo partito, se vogliamo esser onesti anche Rinascita popolare deriva da quel mondo ed alimenta un retroterra che permette ai leader del PD di continuare indisturbati la guerra santa pro Ucraina.
Errata corrige : non so come ha fatto a finire la lettera z davanti a mila. Sono sempre Beppe Mila e la z davanti non ha nulla a che vedere con la Z sui mezzi corazzati russi.
La Storia si incaricò di validare la visione di Benedetto XV. La Prima guerra mondiale fu il punto di caduta delle tensioni europee scaturite dalla lunga fase agonica dell’ordine stabilito a Vienna (che assicurò al continente quasi 40 anni di pace almeno sino allo scoppio del conflitto in Crimea voluto dalla Gran Bretagna) ma anziché sciogliere i nodi li ingarbugliò ulteriormente. Il trattato di Versailles giustamente vietò il riarmo tedesco, che peraltro fu avviato sottobanco già durante la Repubblica di Weimar, ma umiliò la Germania (la crisi del ’29 ne minò poi la fragile ripresa economica e istituzionale) e il crollo dei grandi imperi centrali generò instabilità. Oggi assistiamo anche in Italia al risorgere velleitario dell’interventismo.