Un partito di Draghi?



Giuseppe Davicino    28 Agosto 2025       3

Se gli argomenti con cui l’ex presidente della BCE nel suo discorso al Meeting di Rimini ha sferzato l’UE ad affrontare le sfide di un tempo nuovo non producono ricadute politiche, rischiano di rimanere belle parole.

Il seme di una visione che germoglia

In effetti, se non sembra appropriato parlare di un “partito di Draghi”, non si può non rilevare che un seguito trasversale, ben oltre la politica, nei luoghi del potere del Paese e degli altri partner comunitari, alle priorità indicate da Draghi, in questi anni si sia manifestato. Perché quando si getta il seme di un’idea (e magari lo si fa anche per un breve ma intenso periodo da presidente del Consiglio), di una visione delle cose adeguata ai tempi, è inevitabile che da qualche parte questo seme germogli e dia frutti.

Ciò è testimoniato, solo per citare qualche esempio, da nuovi criteri di gestione della finanza pubblica affermatisi negli anni Venti, sia a livello nazionale che comunitario; dalla riscoperta, rispetto a un passato anche recente, di un intervento dello Stato in economia nella giusta misura, per creare i presupposti, orientare e massimizzare lo sviluppo economico e sociale in precise direzioni e capace di reggere il confronto a livello internazionale; dal decollo di un grande progetto di cooperazione con l’Africa, il Piano Mattei, con enormi implicazioni geopolitiche e in un settore strategico come quello energetico.

Cose che ci dicono che un “partito di Draghi” c’è ed opera in modo concreto, andando a incidere in profondità, talvolta scontando anche una incredibile riluttanza di una politica senza basi, ridotta alla personalizzazione e al modello degli influencer dei social media, ad affrontare le questioni che davvero contano per il bene comune e per il futuro.

Una politica debole e insignificante

La controprova si ha nel fatto che una politica che si accomoda per tatticismo sulla scia prodotta da altri, su narrazioni estrinseche ad essa, che rinuncia a voler decidere in autonomia sui temi della guerra e della pace, delle politiche monetarie, di una distribuzione della ricchezza più equa fra i diversi ceti sociali, finisce con l’essere percepita come insignificante da una parte consistente di cittadini.

Draghi non perde occasione per ricordarci che il tempo delle decisioni per l’Europa non è illimitato e che rinviare queste decisioni oltre il tempo giusto in cui vanno prese potrebbe rivelarsi esiziale per l’Unione Europea. Ci indica i concreti rischi di ulteriore declino fino al punto di non ritorno della sua irreversibilità.

Parole, sì parole, pesanti però come le pietre. Parole che non possono che innescare un processo virtuoso di risveglio, di presa di coscienza della posta in gioco, di abbandono di un fatalistico atteggiamento di mera gestione del declino.

Una sfida per il popolarismo

In questa prospettiva, un “partito di Draghi” si può innescare nelle diverse piattaforme politiche senza bisogno che qualcuno dia il la che non sia la stessa forza dell’intelligenza delle cose, e nel caso della tradizione politica popolare, cattolico-sociale, l’esempio che ci viene da fasi del passato anche più critiche di quelle attuali, che videro i cattolici impegnati in politica capaci di dare un contributo decisivo e lungimirante a districare i nodi politici a loro contemporanei.

Perché non può esserci popolarismo senza un programma. Ciò che dice Mario Draghi non è accademia ma appartiene all’ambito del “si può fare”.

(Tratto da www.ildomaniditalia.eu)


3 Commenti

  1. Lo scorso 18 agosto, nella commemorazione della scomparsa dello Statista Trentino, si è tenuta la consueta “Lectio Degasperiana”; quest’anno particolarmente intensa, profonda e sentita. Solo recentemente nel mondo politico, giornalistico, economico, sociale altro rispetto al tradizionale “mondo cattolico”, si avvertono focolai di interesse per l’opera e le attività Politiche (sì proprio con la maiuscola) di Alcide de Gasperi. Il pensiero corre veloce, attraversando questi focolai, al discorso di presentazione alla Camera dei Deputati del Presidente del Consiglio dei Ministri incaricato Mario Draghi. Non banale né scontato il suo ricorrere all’esperienza di Statista di Alcide de Gasperi per inquadrare la sua missione, in itinere, al servizio dell’Italia e dell’Europa. A trent’anni dalla fine annunciata dell’esperienza politica della Democrazia Cristiana, in tempi inediti ma entro il solco tracciato dal Partito Popolare di Luigi Sturzo, si registrano “attenzioni” da parte del mondo sopra citato cominciando a riflettere sull’opera e sul ruolo della Democrazia Cristiana di Alcide Gasperi, Amintore Fanfani e Aldo Moro nella storia repubblicana. Mario Draghi si distingue in questi focolai, per le sue peculiarità: non giornalista, non politico bensì banchiere. Un allievo di Franco Modigliani e Federico Caffè, illustri italiani dal pensiero non comune, che parla e scrive di Alcide de Gasperi come nemmeno i democristiani sanno fare. Bisogna ricorrere ai Popolari autenticamente “Liberi e Forti” o ai Democratici-Cristiani per trovare analoghe elegie. Pongo una domanda: sarebbe utile coinvolgere o affidare a una personalità come Mario Draghi, interprete autorevole dell’esercizio di ruoli di governo in Italia ed all’estero (anche rispetto agli omologhi europei), una sicura fallimentare esperienza politico/elettorale come quelle già percorse dai predecessori Lamberto Dini e Mario Monti o dal trio Giulio Andreotti/Pippo Baudo/Sergio D’Antoni? La risposta soffia nel vento. Analizzando l’attuale disperata situazione geopolitica nel suo complesso, verrebbe da pensare a ruoli molto più autorevoli per Mario Draghi. Ad esempio, mentre in Cina si tiene il vertice Sco, organizzato da governi che ambiscono a sostituire l’ordine mondiale uscito dai Patti di Yalta, seguendo uno dei tre principali contraenti di quel Patto; contraente che punta tutto alla roulette russa (mi si passi il bisticcio lessicale), esercitando nei fatti un neo Imperialismo e militarismo, declamando l’annichilimento dell’Unione Europea, Mario Draghi ci ricorda come solo una rinnovata Europa Politica soggettuale e fattuale possa influire sui processi decisionali che porteranno “de facto” ad un nuovo assetto geopolitico. Da perfetto Statista, in barba ai principianti di cui brulica la scena politica italiana ed europea. Come ho già avuto modo di ricordare solo il rinnovato soggetto politico europeo, comunque lo si voglia definire, potrà influire e determinare l’esito dei processi geopolitici in corso, forzati attraverso guerre stile millennio scorso. Eppure qualcuno si ostina pervicacemente ad incolpare l’ordine mondiale uscito dai Patti di Yalta (continuo a ricordare agli smemorati: leggete i resoconti ora pubblici) di essere colpevole di ciò che accade in Ucraina per tramite, di volta in volta, di Stati Uniti d’America, United Kingdom, Stati Europei, Nato, ONU e quant’altro. Ci si intrattiene, giustamente, sui crimini di guerra commessi dal Capo del Governo Israeliano, tralasciando la distinzione tra le sue origini non semite e quelle del popolo ebreo semite (che lo ha eletto); mentre si giustificano, direttamente o indirettamente i crimini di guerra perpetrati all’inerme popolazione civile ucraina dagli inquilini di Cremlino e dintorni. Sottolineando una presunta volontà europea di boicottare i negoziati, ignorando volutamente le minacce dirette ai governi europei e la dichiarata e reiterata volontà di annettersi territori ucraini del Cremlino. Verrebbe proprio da affermare che questo “doppiopesismo” è roba da neobolscevismo nostrano permeante luoghi che dovrebbero esserne avulsi.
    Serve un sussulto di POPOLARISMO il quale può manifestarsi nell’esclusiva condizione di aver letto Luigi Sturzo, il nostro Padre Pensatore e Alcide de Gasperi, atleti del POPOLARISMO che hanno scritto nel secolo scorso pagine illuminanti anche sulle questioni che ho appena rimarcato. Suggerisco anche la lettura della “Sociologia Storicista” di Don Luigi, metodo senza tempo, illuminante, parte precipua del “metodo generale” del POPOLARISMO. Scritti, pensieri e parole prerogative degli “uomini futuri” come Luigi Sturzo e Alcide de Gasperi. Non è possibile comprendere compiutamente gli accadimenti attuali leggendo solo autori estranei.

  2. Ho dovuto rileggere più volte questo articolo e verificare di aver letto bene il nome dell’autore, Giuseppe Davicino, un caro amico che stimo molto. Proprio per questo sono rimasto colpito e sorpreso dall’insieme positivo nei confronto di Draghi che emerge dal pezzo. Vorrei ricordare solo alcune perle di questo signore , oggi osannato.
    1) Gestione Covid: Draghi è l’autore delle più famigerate restrizioni e della imposizione del Green pass senza dimenticare la perla “Se non ti vaccini ti ammali, se ti ammali muori” abbiamo visto come è andata e cosa sta uscendo dai verbali del CTS.
    2) Guerra russo ucraina, ricordiamo la famosa frase “volete il condizionatore o la pace”, da sola è più che sufficiente per misurare la levatura del soggetto
    3) Politica economica: Draghi è un banchiere vero, anche molto bravo e capace, ma la sua bravura non è certo diretta ai ceti popolari ma bensì a far si che la grande finanza prosperi senza problemi… sotto qualsiasi sole .

    • Caro Beppe Mila, credo che si debba cogliere lo stimolo al dibattito sul futuro dell’Ue negli interventi di Draghi, successivi alla sua esperienza di governo.
      Quanto a guerra ucraina, agli anni bui di una opaca e strumentale gestione di problemi sanitari, e al primato della finanza sulla politica, che sta affossando l’Occidente, questi sono temi che vanno oltre il giudizio che si può avere su Draghi.

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