Black Eminence e l’eterno gentilonismo



Alessandro Risso    13 Agosto 2025       5

L’intervista rilasciata alcuni giorni fa a “La Stampa” dal cardinale Camillo Ruini merita una riflessione spassionata su uno dei temi che “il capo storico della Chiesa italiana” (così lo ha presentato il quotidiano in prima pagina) ha trattato. Diciamo subito che non si è aggiunto nulla di nuovo a quanto osservatori attenti al rapporto tra cattolici e politica avessero già ben chiaro.

Il presidente emerito della CEI durante il lunghissimo pontificato di papa Wojtyla ha incarnato la linea conservatrice della Chiesa, declinata all’insegna del fil rouge seguito dalla Gerarchia per tutto il Novecento: il realismo gentiloniano, di cui il ruinismo è stata solo la versione aggiornata alla Seconda Repubblica. È noto il solido appoggio che Ruini diede a tutta la parabola berlusconiana. Colpisce che nell’intervista il cardinale dichiari apertamente “a Silvio Berlusconi mi univa un’amicizia”, riconoscendogli anche delle “doti di carisma”, ma non aggiunge molto alla realtà dei fatti: la parte conservatrice del mondo cattolico ha avuto per un ventennio nel Cavaliere il punto di riferimento politico, almeno sino a quando le boccaccesche vicende personali lo hanno reso meno presentabile.

Negli ultimi anni il riferimento è diventata Giorgia Meloni, “che è davvero molto brava e ha saputo circondarsi di collaboratori di riconosciuto valore come il sottosegretario a palazzo Chigi Alfredo Mantovano, giurista cattolico di indubbio spessore”. Vengono in mente Santanché, La Russa, Lollobrigida, Sangiuliano, Donzelli, Delmastro e altri cortigiani il cui spessore ricorda quello della carta velina. Ma la benedizione di Ruini non finisce qui: “Il fatto che la premier richiami nella sua azione di governo le radici cristiane costituisce un fattore estremamente positivo per l’Italia e per il cattolicesimo politico”. Benedizione che estende al bipolarismo destra-sinistra, sistema che il cardinale approva e che prevede rimarrà ancora stabile a lungo, “sulla traccia di quanto avviene in Europa”.

Ampia parte dell’intervista riguarda gli ultimi Pontefici, tra cui emerge chiaramente la poca sintonia con papa Francesco. Ma anche questa non è una novità, che si può approfondire leggendo il testo completo (CLICCA QUI).

Dove invece mettiamo la lente di ingrandimento e sulla constatazione che l’unità politica dei cattolici è finita da tempo e che è possibile “impegnarsi in qualunque partito e testimoniare la propria identità cristiana”. Ergo, per Ruini non occorre un partito cattolico. Siamo d’accordo con lui sulla fine della forzata unità dei cattolici nella DC disgregatasi per il crollo del mondo bipolare, prima ancora che per Tangentopoli. E capiamo benissimo che per il campione del gentilonismo un partito di cultura cattolica non sia necessario né auspicabile: la Chiesa ha sempre saputo tutelare da sola i suoi interessi – nell’Italia liberale, fascista, repubblicana – offrendo consenso in cambio di tutela e conservazione di interessi. I cattolici conservatori non hanno bisogno di un loro partito, con buona pace di Lupi e altri in cerca di qualche strapuntino nel polo di destra. Bastano e avanzano Forza Italia ieri e Fratelli d’Italia oggi, come un secolo fa bastò il PNF.

Sarebbero invece i cattolici democratici ad avere necessità di un partito di riferimento, capace di rappresentare laicamente nella scena politica i valori della Chiesa di papa Francesco. Un partito autonomo, in dialogo con tutti e riferimento per i tanti che vedono l’inganno del bipolarismo e vogliono scardinare il sistema, che allontana sempre più i cittadini elettori dalla politica, ridotta a un teatrino mediatico, con l’Italia affidata a governi poco rappresentativi – con ministri spesso imbarazzanti – in balia delle oligarchie mondiali. Non entro nel tema dei “cattodem” – i Delrio, i Castagnetti e altri – che continuano a farsi andar bene il bipolarismo, pensando di mantenersi uno spazio nel polo di centrosinistra creando una corrente nel PD della Schlein. L’insignificanza dei cardini programmatici cari ai democratici popolari di ispirazione cristiana, a destra come a sinistra è un dato di fatto. E sarebbe presuntuoso per chiunque pensare di avere ricette miracolose per uscire da una gabbia che dura da oltre trent'anni.

Ricordiamo solo che 120 anni fa Luigi Sturzo esortò i cattolici a scegliere se essere “o sinceramente democratici o sinceramente conservatori”, aggiungendo, a scanso di equivoci, che per lui i conservatori erano dei “fossili”.

Con buona pace del Cardinal Ruini, immarcescibile eminenza nera (o Black Eminence, per dirla alla Littizzetto) della destra cattolica.


5 Commenti

  1. Concordo totalmente con l’articolo. Avevo letto la c.d. intervista al card. Ruini, rafforzando le impressioni di sempre: amicizia per il Cavaliere (nonostante tutto… chi siamo per giudicare?) e perfetto allineamento con lui e i successori in perfetta continuità. Esilarante il passaggio sulla qualità dei collaboratori: manca quello sui “compagni di viaggio” (il Salvini dei mancati salvataggi e quello recentissimo che raderebbe al suolo tutti i campi-Rom). Sarà per una prossima occasione, forse.

  2. Ruini ha riproposto posizioni che conoscevamo. E che non si possono condividere per chi si colloca nel popolarismo e nel personalismo comunitario. Non c’è neanche da rispondere, sperando che pochi abbiano letto e meno ancora condiviso.

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