8-9 giugno: tra diritti sul lavoro e cittadinanza più inclusiva



Aldo Novellini    5 Giugno 2025       2

L'8 e il 9 giugno prossimi saremo chiamati a votare su cinque referendum. Quattro di essi riguardano il mondo del lavoro, il quinto l'acquisizione della cittadinanza. Come prevede la nostra Costituzione, si tratta di referendum abrogativi. Votando Sì, la norma in oggetto viene eliminata; scegliendo il No, la norma rimane in vigore. Affinché la prova referendaria sia valida occorre però che si rechi alle urne almeno il 50 per cento più uno degli elettori. In caso contrario la consultazione risulterà priva di effetti.

Nessun dubbio, l'astensione al voto è legittima, tanto che nel referendum abrogativo è una delle possibili opzioni. Però in tempi di crescente disimpegno elettorale, stupisce sentire figure istituzionali come il presidente del Senato, Ignazio La Russa o la premier Giorgia Meloni propugnare l'assenteismo anziché incoraggiare l'affluenza alle urne. Decisamente meglio ascoltare il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, quando ha ricordato che <<la partecipazione politica contraddistingue la nostra democrazia>>, considerando che la disaffezione al voto mette a rischio se non la tenuta, certo la vitalità delle nostre istituzioni democratiche.

Detto questo, vediamo in breve i cinque quesiti. Il primo vuole abrogare l'assetto sui licenziamenti illegittimi introdotto con il Jobs Act ripristinando il reintegro, ovvero la riammissione sul posto di lavoro come garantiva l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Il reintegro continua a valere per le persone assunte prima dell'approvazione del Jobs Act, derivandone un mercato del lavoro spezzato in due. Ben 3,5 milioni di lavoratori, peraltro destinati ad aumentare col tempo, sono privi di questa tutela anche se colpiti da un licenziamento illegittimo, non sostenuto cioè da giusta causa o giustificato motivo.

Il secondo quesito propone di cancellare il tetto massimo di sei mensilità dell’indennità dovuta, in caso di licenziamento illegittimo, ai lavoratori delle imprese fino a 15 dipendenti. Rimuovendo questa soglia, l'entità del risarcimento sarà demandata al giudice che stabilirà l'indennizzo, anche in base alle condizioni del lavoratore: anzianità di servizio, qualificazione o carichi di famiglia.

Il terzo referendum è dedicato ai contratti a termine. Oggi il rapporto di lavoro a tempo determinato può instaurarsi, fino ad un anno di durata, senza alcuna motivazione che ne giustifichi il ricorso. Un incentivo alla precarietà. Il quesito chiede che siano ripristinate le causali, ossia le ragioni per cui le aziende intendono usare il lavoro temporaneo.

La sicurezza dei lavoratori è al centro del quarto referendum. Obiettivo è di estendere la responsabilità dell'appaltatore principale in caso di violazione delle norme antinfortunistiche da parte delle aziende in subappalto, anche se l'infortunio è connesso ai rischi professionali di queste ultime. Tenuto conto che buona parte degli infortuni si verificano proprio nella catena di subappalti, dove la riduzione dei costi si accompagna a minori tutele per i lavoratori, l'ampliamento della responsabilità obbligherebbe l'appaltatore capofila ad un più incisivo controllo sul rispetto delle norme di sicurezza nelle aziende sottoposte.

Con l'ultimo quesito si punta a ridurre da dieci a cinque anni il periodo minimo per richiedere la cittadinanza italiana per le persone extra comunitarie legalmente presenti nella nostra penisola. Un lasso di tempo che andrebbe ad allinearsi con quanto previsto in parecchi Stati Ue: dalla Francia alla Germania, al Belgio, alla Svezia. Il referendum dimezza il periodo di residenza ininterrotta in Italia senza modificare gli altri requisiti richiesti: reddito stabile, conoscenza della lingua italiana, regolare pagamento delle tasse, assenza di precedenti penali. Si riducono solo i tempi per divenire cittadino italiano, status che poi viene trasmesso in automatico ai figli minorenni conviventi. Gli stessi che vanno a scuola con i nostri ragazzi.

Questo l'insieme dei cinque quesiti. Cosa dire? Il referendum sulla cittadinanza, essendo in gioco soltanto una tempistica, è anche l'unico che può applicarsi senza ulteriori interventi legislativi. Per gli altri, in caso di vittoria dei Sì, qualche aggiustamento forse potrebbe rivelarsi necessario. Del resto, per sua natura il referendum è draconiano. Chiede un sì o un no: molto semplicemente. Forse troppo. A ben vedere però quello che realmente conta in consultazioni del genere è fornire una direzione di marcia.

Reintegrare il lavoratore ingiustamente licenziato, accrescere l'indennizzo nei licenziamenti illegittimi, chiedere alle imprese di motivare l'uso del lavoro temporaneo, responsabilizzare la stazione appaltante sulla sicurezza significa, nel suo complesso, indicare una chiara direzione. Foriera, magari, di qualche successivo intervento parlamentare, ma dalla quale emerge comunque un ben preciso contesto cui riferirsi: minor precarietà, più diritti nel mondo del lavoro, un'idea più inclusiva di cittadinanza. Insomma, un dirigersi – per usare le indimenticabili parole di Aldo Moro - verso equilibri sociali più avanzati.


2 Commenti

  1. Per chi condivide principi di equità e di solidarietà, propri di una cultura definita riduttivamente “di sinistra” o “progressista”, è indiscutibile la partecipazione all’appuntamento referendario.
    Chi,invece, condivide diverse convinzioni, non dovrebbe esimersi dal considerare che, da un punto di vista puramente economico, è controproducente perpetuare un sistema di basso costo del lavoro e di basso livello di qualità e di sicurezza del posto del lavoro, utilizzandoli strumentalmente nella competizione del mercato internazionale.
    Purtroppo, le previsioni della vigilia non fanno ben sperare sull’affluenza, ma,appunto per questo, non bisogna demordere.

  2. bravo Aldo. Ciò che conta è un’indicazione di sostegno ai lavoratori e ai migranti. Purtroppo mi sembra che anche molti democratici popolari e sociali intendano difendere leggi che hanno ridotto tutele nel mondo del lavoro, rispetto a quanto riconosceva lo Statuto dei Lavoratori. Oppure temono di essere solo “trascinati” da Landini. Landini fa il suo mestiere; sono i demo-popolari che devono tornare ad ampliare le tutele e le garanzie di chi lavora!

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