Due anni di guerra: urge una soluzione diplomatica



Giuseppe Davicino    24 Febbraio 2024       0

Sono trascorsi due anni da quando il 24 febbraio 2022 la Russia diede inizio all'invasione dell'Ucraina. È tempo ormai di qualche bilancio.

Credo si debba evidenziare innanzitutto l'impegno profuso dall'Italia insieme agli Alleati nel sostegno all'Ucraina, in piena continuità tra il governo attuale e quello precedente, e con una condivisione praticamente di tutte le forze di opposizione, in primis di quelle di centro e di sinistra. Indice di un Paese affidabile, coeso e determinato nel mantenere i propri impegni internazionali. E questo rafforza l'autorevolezza della posizione italiana presso le organizzazioni internazionali di cui facciamo parte.

Proprio alla luce di questo impegno, ritengo che si dovrà valutare bene il responso sul campo di battaglia, emerso in questi primi due anni di guerra: costi umani, economici, ambientali altissimi che richiamano le pagine più buie della storia del Novecento, che hanno generato una situazione di stallo capace di protrarsi indeterminatamente, almeno fintantoché si lasceranno le armi a parlare anziché la diplomazia.

Fatti che suonano come una mesta conferma di quale sia sempre, come ha osservato Papa Francesco durante l'Angelus del 14 gennaio scorso, la vera natura della guerra: "la guerra è in se stessa un crimine contro l'umanità".

Sul piano poi dei risultati conseguiti ad un così alto prezzo, purtroppo, si deve constatare che la situazione attuale dell'Ucraina non sembra risultare migliore non solo di quella precedente all'inizio del conflitto, che risale a un decennio fa, ma anche non migliore di quella all'inizio dell'invasione russa del 2022. Ciò accresce le responsabilità di quanti fecero saltare l'intesa dettagliata tra i belligeranti, raggiunta un mese dopo la brutale invasione russa, nei colloqui di pace di Istanbul del marzo 2022.

Sembra materializzarsi il rischio che questo terzo anno di guerra sia destinato a procedere per inerzia col suo carico quotidiano di morte e distruzione sulle linee del fronte, in attesa dei cruciali appuntamenti politici e elettorali previsti nell'anno in corso.

Ciò potrebbe rendere questo 2024 un anno in cui in Russia e sulle due sponde dell'Occidente, quella europea e quella americana, si raggiunge una maggiore consapevolezza del fatto che una possibile soluzione non potrà venire dalle armi bensì solo dalla politica.

Una consapevolezza peraltro che guida l'azione diplomatica della Santa Sede, e che si sta sempre più diffondendo fra i cattolici anche nel nostro Paese. Accanto alle prese di posizione della gerarchia si moltiplicano quelle dei laici. Come il recente appello lanciato dal presidente dell'Azione Cattolica e da quello del Comitato Scientifico dell'istituto Toniolo per dare una soluzione negoziale al conflitto, che ponga fine a quella che a tutti gli effetti può esser considerata come una nuova guerra civile europea, tra popoli fratelli e di tradizione cristiana.

In ogni caso il conflitto ucraino induce a un'accelerazione dell'integrazione europea sotto diversi punti di vista. Riguardo a un maggiore coordinamento dei sistemi di difesa nazionali, in modo da rafforzare il pilastro europeo della Nato. Riguardo alla creazione degli strumenti finanziari e fiscali comuni necessari a sostenere il crescente impegno militare europeo. Riguardo, infine, alla definizione di una comune strategia, distinta e autonoma, intorno agli interessi europei da fare valere qualunque sarà l'esito delle elezioni americane del prossimo 5 novembre.

Possibilmente non dimenticando anche che mentre le economie europee,a differenza di quella americana, si devono adattare alle condizioni più sfavorevoli seguite al conflitto ucraino e a una ancora indeterminata durata della guerra, continua la crescita dei Paesi non occidentali, non solo sul piano economico ma anche su quello geopolitico. In particolare a fine ottobre, poco prima delle elezioni americane, si terrà il XVI Vertice BRICS a Kazan, in Russia, che potrebbe ulteriormente mutare gli equilibri fra Occidente e il cosiddetto Sud Globale, con la probabile entrata nel Coordinamento di altri Paesi asiatici, africani e latinoamericani, di primaria importanza per posizione geografica, popolazione, ricchezza di risorse naturali ed energetiche. In prospettiva l'Europa non può continuare a consumarsi in questa nuova guerra fratricida tra Est e Ovest proprio mentre sta nascendo un nuovo mondo multipolare incentrato su protagonisti degli altri continenti, che richiederebbe addirittura, se non vi fosse la guerra, uno sforzo di collaborazione fra Stati Uniti, Unione Europea e Federazione Russa, che insieme costituiscono a malapena un settimo della popolazione mondiale.

Tutto cio rende ancor più evidente che la transizione geopolitica in corso, di portata epocale, va gestita soprattutto con le armi della diplomazia, puntando alla definizione di un nuovo ordine globale multilaterale più aderente alla realtà del XXI secolo, più giusto e inclusivo. Che è anche l'unica alternativa al lasciare che sia ancora una volta una grande guerra, che avrebbe il suo epicentro in Europa, in tutta l'Europa, a determinare il futuro assetto degli equilibri globali.

Auspicando che la lezione di questi due anni di guerra venga ben appresa da tutte le parti in causa, credo rimanga la necessità e l'urgenza di assumere una iniziativa politica (aperta anche al contributo dei cattolici in politica) per evidenziare l'inidoneità, dimostrata dai fatti, della guerra nel costruire soluzioni e la necessità di puntare a una soluzione diplomatica che inscriva la soluzione del conflitto ucraino in un più ampio accordo sulla sicurezza in Europa e nel mondo, del quale accordo l'Ue dovrà esser protagonista se vuole evitare che un'intesa venga comunque raggiunta da Stati Uniti, Russia e Cina ma sulla testa degli europei.


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