Alternativo alla guerra è prendere atto del multipolarismo



Giuseppe Davicino    26 Ottobre 2023       1

La ripresa della guerra tra Hamas e Israele, una guerra particolarmente crudele che miete la maggior parte delle vittime fra civili inermi dell'una e dell'altra parte, riportando indietro l'orologio della storia alle atrocità di altri tempi, seppure avvenga nell'ambito di una ancora irrisolta e ben nota questione palestinese, si colloca in un contesto profondamente diverso dai conflitti passati tra palestinesi e israeliani. Dalla costituzione dello Stato di Israele, infatti, è la prima volta che questo annoso conflitto si ripropone in un mondo dove l'Occidente non è più in grado di esercitare un'egemonia globale.

Negli ultimi due anni in particolare, vi è stata un'accelerazione di processi che già erano in corso e che rendono sempre più consapevole il Resto del Mondo della sua forza demografica, economica, culturale nei confronti dell'Occidente e delle responsabilità globali per i Paesi extraoccidentali, che derivano dalla loro formidabile crescita.

La Russia nel 2022, attraverso quella che noi occidentali chiamiamo l'invasione dell'Ucraina, ha notificato all'Occidente che per ottenere la disgregazione della Federazione in decine di staterelli, o quantomeno la retrocessione di Mosca al rango di potenza regionale, occorrerà assumersi il rischio di passare per una guerra lunga, dispendiosa e dagli sviluppi imponderabili. Nel 2023 uno dei maggiori eventi di politica internazionale è stato l'allargamento dei BRICS ad altri sei Stati tra cui ben quattro attori chiave nell'area mediorientale: Egitto, Arabia Saudita, Iran e Emirati Arabi Uniti. In tal modo si è creato un soggetto almeno di pari importanza al G7 sulla scena internazionale, che insieme ad altri organismi internazionali come il G77 che raggruppa quasi tutto il Sud del Mondo, e altre importanti organizzazioni internazionali tematiche o regionali, ha portato di fatto alla creazione di una opinione pubblica e di un dibattito politico globale non più egemonizzabile da qualche centrale occidentale.

Anche se viviamo in una società dove alla fine sulle cose che contano per i cittadini e per gli Stati, prevale sempre un unico punto di vista, che in ultima analisi pare riconducibile agli interessi di una cerchia di oligarchi occidentali, dovremo in futuro abituarci ad ascoltare opinioni e narrazioni che differiscono dalle nostre, o almeno da quelle che ci vengono proposte a senso unico. Questa è la condizione richiesta per partecipare ai processi decisionali del multipolarismo.

Questo nuovo stato di cose non è senza conseguenze neanche sugli equilibri in Medio Oriente. Con circa l'80% degli Stati collocati su posizioni autonome da quella occidentale, appare impossibile non affrontare e rinviare ulteriormente la proposta della soluzione a due Stati del conflitto israelo-palestinese, contando su uno scudo che gli stessi Stati Uniti non possono più offrire come in passato, tale è la loro interdipendenza con gli altri grandi attori globali.

Se non si riconosce il nuovo assetto multipolare globale, a Israele, come anche a tutto il resto dell'Occidente, non rimane che la via dell'arroccamento, dello scontro, della guerra a oltranza su fronti che si moltiplicano. Non possiamo rassegnarci al fatto che il passaggio dall'ordine mondiale sorto in seguito alla Seconda guerra mondiale al nuovo ordine multipolare avvenga attraverso la guerra, anche se la tentazione serpeggia negli ambienti che vedono nella guerra l'ultima possibilità per fermare il declino del vecchio ordine.

Se in questi tempi nuovi c'è una missione, nel rispetto del sistema di alleanza in cui il Paese è collocato, per politiche equilibrate e di centro, che molti fra noi Popolari invochiamo anche per il nostro Paese e per l'Europa, essa sembra consistere primariamente proprio nel riuscire a imprimere un carattere di moderazione e di dialogo nelle relazioni internazionali, volto a chiudere i troppi fronti di guerra in corso (prima che ne veniamo travolti) e a rilanciare su nuove basi le relazioni con l'Est, con i popoli dell'Asia e quelli dell'Africa. Queste nuove basi sono costituite dal riconoscimento della pari dignità degli interlocutori, della logica win-win, del reciproco vantaggio, e del rispetto reciproco dell'autonomia e della diversità di ciascuna parte.


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