L’Europa carolingia che non s’ha da fare



Giuseppe Ladetto    4 Maggio 2023       4

Il patto franco-tedesco è stato sempre mal sopportato dagli Stati Uniti (che temono possa costituire l’embrione di quel matrimonio europeo che non s’ha da fare). Tuttavia, anche in Europa non mancano quanti lo avversano, o sono molto critici nei suoi confronti: i Paesi scandinavi e quelli dell’Europa orientale lo vedono con il fumo negli occhi ritenendolo un direttorio che discrimina le nazioni minori; pesanti critiche, quando non aperta ostilità, si riscontra pure altrove, come accade nel nostro Paese con Meloni e Salvini, essendo i due partner europei accusati di utilizzare la loro posizione a proprio esclusivo vantaggio.

Tuttavia, la valutazione dell’intesa franco-tedesca deve scaturire da un bilancio molto ampio, volto a comprendere quanto essa abbia contato, e conti ancora, nel cercare di dare voce ad una Europa che voglia essere un soggetto primario sulla scena internazionale.

Dobbiamo ricordare che, malgrado le storiche rivalità, con i reciproci duri colpi scambiatisi per più secoli, i francesi e i tedeschi, dopo i disastri prodotti dalla Seconda guerra mondiale, hanno capito che i loro Paesi potevano evitare il declino ed avere un futuro, per sé e per l’Europa, solo se avessero saputo dimenticare il passato. Senza questa preliminare riconciliazione (codificata più tardivamente con il patto sottoscritto da De Gaulle e Adenauer), nessuno parlerebbe di unificazione europea o di federalismo europeo.

Di tale spirito di riconciliazione, sono stati altresì partecipi i Paesi fondatori del primo nucleo della Comunità europea, quell’Europa dei sei corrispondente in notevole misura al territorio dell’impero fondato da Carlo Magno più di dodici secoli fa. Di qui, viene la denominazione di “Europa carolingia”, un riferimento a cui corrisponde un fondamento culturale comune: ancora nei secoli XII e XIII, i suoi abitanti erano indistintamente designati come “franchi” da arabi, greci, nordici e slavi.

Bisogna riconoscere che quello spirito di riconciliazione alla base della creazione del primo nucleo unitario è sempre difettato nei Paesi successivamente entrati nella Comunità europea, mossi principalmente, se non esclusivamente, da motivazioni economiche. Uno spirito che è totalmente assente negli ultimi arrivati (gli ex satelliti dell’URSS), Paesi imbevuti di un nazionalismo estremo, e del tutto estranei alle istanze basilari dell’Unione, essendo in essi sempre presenti gli odi ed i rancori ereditati da un passato per loro mai trascorso. Per questo, l’estensione ad est del confine della UE ne ha modificato negativamente la natura, pur questi ultimi Paesi rappresentandone complessivamente una porzione assi ridotta sul piano demografico.

È pertanto importante per il destino dell’Europa comprendere che cosa potrà scaturire da un eventuale accantonamento dell’intesa franco-tedesca o da un suo indebolimento.

Perché oggi si può parlare di un ridimensionamento o di un indebolimento del patto franco-tedesco?

La guerra in Ucraina, con le conseguenze che ne sono scaturite su vari piani, ne è la causa prima avendo esaltato criticità già presenti da tempo. Infatti, se l’intesa franco-tedesca è stata ed è la costruzione su cui poggiano le prospettive di un serio progetto europeo, tuttavia a questo cammino hanno spesso fatto da freno il permanere degli interessi nazionali e fattori che potremmo definire di ordine geopolitico.

L’attenzione della Francia è rivolta principalmente verso Sud (Paesi mediterranei, Africa Sud sahariana, Vicino Oriente), quella della Germania verso Est (Paesi del Trimarium) e Sud-Est (Balcani fino alla Turchia ).

Anche le rispettive percezioni della sicurezza non coincidono. Fino alla vigilia dell’intervento russo in Ucraina del febbraio 2022, la Francia non avvertiva alcuna minaccia russa. Ha sempre ritenuto la Russia una componente importate della civiltà europea. Ancora oggi, la sua classe politica (sia quella governativa, sia quella dell’opposizione di destra e di sinistra) in prevalenza respinge l’idea di una cortina di acciaio calata a dividere l’Europa, e vuole un riavvicinamento a Mosca.

Invece, la Germania, più prossima alla Russia, pur avendo mantenuto con Mosca solidi legami economici, ha avuto atteggiamenti più prudenti nei suoi confronti più che altro perché deve tenere conto delle preoccupazioni e dei sentimenti russofobi dei Paesi dell’Europa centro-orientale, dove Berlino da tempo cerca di avere un ruolo di capofila geo-economico.

Altrettanto nei rapporti con l’alleato americano, ci sono sensibilità differenti.

La Francia (ancora segnata dal gollismo) è meno atlantizzata della Germania. Pur avendo uno storico rapporto di amicizia con gli Stati Uniti (che risale al sostegno ad essi dato nella guerra di indipendenza), avverte la necessità di trovare uno spazio autonomo per sé e per la costituenda Europa perché la visione e gli interessi europei spesso non collimano con quelli americani. Da sempre, mira ad una autonomia strategica, tuttavia non raggiungibile al solo livello nazionale, e pertanto spinge per una militarizzazione della UE con l’aspirazione di porsene a capofila.

La Germania, da quando Adenauer rifiutò la proposta di Stalin (invece accolta dall’Austria) di una immediata riunificazione condizionata alla sua neutralità, ha affidato agli Stati Uniti (potenza nucleare) la sua sicurezza, ospitandone sul territorio basi e consistenti forze militari. Non può pertanto prendere una eccessiva distanza dall’alleato americano, anche quando non ne condivide le azioni o gli obiettivi.

In questo momento, è la Germania a presentare un posizionamento enigmatico, e molto dell’intesa con la Francia, e della potenziale attivazione del nucleo carolingio dipende da quale strada imboccherà.

Bisogna tenere conto che tale nazione, nelle relazioni con la Russia e in quelle con gli Stati Uniti, non ha mai sciolto storici nodi che ne condizionano il comportamento.

Il rapporto della Germania con la Russia è sempre stato oscillante fra contrapposizione e ricerca di collaborazione. Non dimentichiamo che la grande zarina Caterina era tedesca e che spesso le mogli degli zar erano principesse tedesche. Per Bismarck, i buoni rapporti con la Russia dovevano essere un punto fermo della politica estera tedesca. Malgrado ciò, i due Paesi sono stati su fronti opposti nelle due guerre mondiali, terminate con la sconfitta tedesca quasi a confermare la tesi del cancelliere di ferro che vedeva un pericolo per il proprio Paese in ogni eccessiva presa di distanza dal grande Paese euro-asiatico.

In tempi a noi più vicini, è intervenuta la Ost-politik, una strada (percorsa con Brandt, Schmidt, Schroder e Kohl) tesa a superare la guerra fredda, e poi ad instaurare rapporti di reciproco interesse con la Russia postsovietica. Oggi, tuttavia, il clima pare mutato, essendo entrate a far parte del nuovo governo tedesco formazioni (i verdi e i liberali) intese a interrompere ogni tipo di rapporto con Mosca, e volte a rafforzare i vincoli con gli USA.

Difficoltà permangono anche con l’America (nazione che nelle due guerre mondiali è stata determinante per la sconfitta tedesca). Ancora oggi, negli USA, si è sempre sospettosi nei confronti dei tedeschi (malgrado questi siano la principale componente di origine europea che ha formato il popolo americano). Infatti, Washington non gradisce il patto franco-tedesco, visto come un mezzo per sottrarsi al suo controllo; avverte con preoccupazione l’attrazione che la Germania storicamente manifesta verso la Russia; teme che la Germania, avendone i mezzi, diventi un polo di aggregazione di una parte di Europa.

Berlino, dal canto suo non intende, per soddisfare gli americani, chiudere totalmente con la Russia, la cui economia è complementare alla sua, ed ancor meno interrompere i proficui rapporti economici con Pechino. Si sta inoltre sviluppando in Germania un certo risentimento nei confronti di Washington per le pesanti ricadute delle sanzioni, dalle quali gli USA sembrano quasi esenti (il costo dell’energia per le aziende manifatturiere tedesche, come per quelle italiane, è diventato molto più elevato di quello che grava su quelle americane); inoltre, le politiche promosse da Biden per il rilancio dell’industria americana (in specie dell’auto) con ingenti finanziamenti pubblici e palesi misure protezionistiche penalizza l’industria tedesca (ed europea) con una concorrenza ritenuta sleale.

Oggi, a turbare ulteriormente la situazione è intervenuta la decisione di Berlino di procedere al riarmo del Paese, stanziando 100 miliardi di euro per rinnovare i suoi armamenti, ed estendendo la spesa militare ad almeno il 2% del PIL. In tal modo, la Germania diventerà, nell’arco di qualche anno, la prima potenza militare europea. Non si tratta di una scelta nata per realizzare un’autonomia strategica continentale, ovvero un primo passo verso la creazione di una forza di difesa europea, ma per la sua sicurezza e per i suoi interessi nazionali.

Berlino ha rotto ogni esitazione in tema di riarmo (proprio a seguito delle vicende ucraine, ove non è stata in grado di esercitare alcun ruolo per evitare il conflitto) perché si è resa conto che il Paese, per contare sulla scena internazionale, deve avere un peso politico (e non solo economico) per conseguire il quale è indispensabile essere credibile militarmente, pur restando nella NATO. Inoltre, a spingere in tale direzione, si è fatta sentire pesantemente l’industria bellica nazionale che, in un momento di crisi di vari settori industriali, intravede significative opportunità di crescita dall’incremento della spesa in questo settore.

Tutto ciò allarma o preoccupa vari Paesi: la Francia che vede squilibrasi a suo sfavore il rapporto fino ad oggi paritetico con Berlino; i Paesi del Trimarium (in particolare Polonia e Cechia) che, quando non sono impegnati contro la Russia, si mettono in guardia rispetto alla Germania; i Paesi “bottegai” che vogliono beneficiare di uno spazio economico in Europa senza avere impegni di ordine politico o peggio militare; infine gli Stati Uniti incerti tra il vantaggio di avere, con una Germania forte, un argine nei confronti della Russia (che consenta loro di dedicarsi prevalentemente alla Cina) ed il pericolo che la Germania si renda autonoma e sfugga al loro controllo.

Questo nuovo scenario vede una Unione Europea indebolita dalle pesanti ricadute sulla sua economia prodotte dalla guerra, dalle connesse sanzioni, e dal costo molto più elevato del gas sostitutivo di quello russo, mentre sul piano politico si sono rese palesi, tra i vari Paesi comunitari, le diverse finalità assegnate al progetto europeo. Inoltre, la freddezza sorta tra Parigi e Berlino rende evidente che l’UE non è in grado di essere un attore indipendente e decisivo sulla scena internazionale. Brilla infatti oggi per l’assenza di qualunque suo tentativo di porre un freno alla sempre più pericolosa china a cui conduce il confronto fra Stati Uniti e Russia.

Teniamo conto che, malgrado l’apparente unità a sostegno dell’Ucraina, la UE è più che mai divisa. Lo è sull’atteggiamento da tenere verso la Russia, riguardo alle questioni a cui dare preminenza in campo internazionale, circa l’estensione degli obiettivi assegnati alla NATO, sui passi da intraprendere nel cammino europeo, ed infine sulle priorità in campo economico. Una divisione, già esistente prima dei fatti ucraini, che la guerra va sempre più accentuando

La prospettiva di una seria unità politica europea si è ulteriormente allontanata. La NATO, da alleanza militare circoscritta all’ambito europeo, sta diventando il cuore di una Comunità atlantica che assume su di sé (o meglio assegna al Paese leader) ogni ruolo politico-strategico, lasciando alla UE ed ai singoli Stati che la compongono compiti secondari, talora quasi solo di tipo amministrativo. Vedremo se l’attenzione europea manifestata verso il piano di pace cinese (protagonisti Macron, Sanchez e Van der Layen) rappresenti un cambio di passo rispetto a Washington o almeno un timido segnale di dissenso dalla linea intransigente di Biden finalizzata a ridimensionare ogni potenza ritenuta pericolosa per il primato americano, o comunque di ostacolo.

Siamo infatti di fronte al tentativo di dividere su base ideologica il mondo in due schieramenti contrapposti (il bene, la libertà, la democrazia contro il male, la tirannia e quant’altro). Pertanto, in questa rappresentazione manichea che non considera le ragioni degli altri demonizzandoli, c’è sempre meno spazio per un autonomo soggetto europeo.

Tuttavia grandi Paesi (India, Pakistan, Brasile, Sudafrica, ecc.) insieme a varie potenze medie (Arabia Saudita, Turchia, Messico, Bangladesh, ecc.) non intendono stare al gioco e rivendicano un proprio spazio culturale e politico, realizzabile e sostenibile solo in un mondo multipolare. A conferma di quanto detto, ricordo che Paesi rappresentativi del 60% dell’umanità non hanno votato all’ONU secondo i desideri di Washington in tema di Russia.

Bisogna comunque essere consapevoli che gli Stati Uniti sono ben determinati a mantenere, o anzi a rafforzare la loro egemonia planetaria. A tale fine, dispongono di ottime carte: una forza militare sostenuta da una spesa che relega molto indietro i suoi potenziali competitori (40% di quella mondiale, 70% con gli alleati), numerose basi militari (circa 700) sparse in ogni continente, il dollaro ancora in grado di esercitare un dominio sulla finanza internazionale, e infine una capacita tecnologica di primo piano.

Malgrado ciò, le cose potrebbero cambiare, se pure al momento sembra difficile, offrendo anche all’Europa una prospettiva di autonomia e sovranità, se capace di coglierne le opportunità,. Ma deve essere ben chiaro che nessuna seria unità politica europea potrà prendere corpo (almeno inizialmente) da un comune cammino con Paesi (come quelli dell’est e del nord) del tutto estranei allo spirito che è stato alle base della formazione del primo nucleo europeo, la cosiddetta Europa carolingia. Ogni passo, per quanto oggi difficoltoso, verso una vera federazione europea richiede comunque il rafforzamento di tale nucleo.

A tal fine, a fronte delle odierne esitazioni tedesche, le logiche geopolitiche dovrebbero spingere l’Italia con la Spagna a rinsaldare i legami con la Francia (processo già avviato con l’intesa Mattarella-Macron) per condizionare Berlino affinché non getti alle ortiche quanto è già stato costruito fino ad ora.

Tuttavia ad ostacolare un tale accordo è soprattutto la linea di Meloni (atlantista più che europeista) che privilegia il rapporto con Washington rispetto a quello con le storiche capitali europee, e che cerca di costruire un’intesa, di cui mettersi alla guida, con i Paesi nazionalisti o conservatori del nord ed est europeo. Così agevola quel “divide et impera” che da sempre caratterizza l’atteggiamento americano verso l’Europa.


4 Commenti

  1. L’inutile Guerra fratricida russo-ucraina, di cui annoto di seguito alcune riflessioni
    In Germania e in Italia, si sta sviluppando un certo risentimento nei confronti di Washington per le pesanti ricadute delle sanzioni, dalle quali gli USA sembrano quasi esenti (il costo dell’energia per le aziende manifatturiere tedesche, come per quelle italiane, è diventato molto più elevato di quello che grava su quelle americane); inoltre, le politiche promosse da Biden per il rilancio dell’industria americana (in specie dell’auto) con ingenti finanziamenti pubblici e palesi misure protezionistiche penalizza l’industria tedesca (ed europea) con una concorrenza ritenuta sleale.

    SI PROPONGA UN NEGOZIATO IN QUESTI TERMINI:

    a) Revisione delle sanzioni economiche contro Mosca
    a) Ripristino di rapporti con Mosca
    b) Nuovi rapporti con gli USA
    c) L’ingresso dell’Ucraina nell’UE deve avvenire con referendum dei cittadini UE (L’Ucraina è un Paese immaturo antepone la morte e la distruzione al negoziato proposto Kissinger, con troppi mercenari nazisti pronti a creare seri problemi sociali)
    d) Un errore l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, la loro neutralità avrebbe conferito maggiore sicurezza alla pace mondiale.
    Ad oggi la guerra Russo Ucraina, inutile e sanguinosa, costa 120MMUSD (80USA + 30EU)
    Soldati morti 354.000, mentre la battaglia per Bakhmut continua, soluzioni diplomatiche lontane
    La rivalità Franco/Tedesca e il tentennamento dell’Italia (Meloni, atlantista e sovranista), impediscono una forte ed unita Europa Carolingia
    La NATO (Stoltemberg), un’istituzione che sembrava in declino ed inutile, invece ha provocato una guerra che peserà sui nostri figli e nipoti e moltissimo sull’Unione Europea, in particolar modo sullo spread ed il debito pubblico dell’Italia. In 10 anni di governo PD, il debito pubblico è quasi raddoppiato. Oltre 100 MM di €/anno versiamo all’UE d’interessi passivi, ci mancava pure la guerra Russo-Ucraina ad affossarci definitivamente. Non più armi per una guerra inutile, devastante e fratricida, ma aiuti esistenziali. Attenzione!!! Occorre la realpolitik, atlantismo si ma con moderazione. Zelensky rappresenta il cavallo di Troia della pace mondiale e quasi certamente sarà il motivo per cui la Comunità Europea potrebbe disgregarsi. Con quest’importo e senza l’incalcolabile perdita di vite umane, avremmo potuto donare luce gratuita a mezzo mondo: non si tratta di una contesa qualsiasi ma di una disputa senza pari per dimensione e crudeltà, senza quel codice d’onore di giustizia e di moderazione che caratterizza gli scontri di potere e noi in Italia ne stiamo pagando le più alte conseguenze inflazionistiche, i prezzi nei supermercati sono alle stelle e siamo invasi da centinaia di migliaia di immigrati irregolari e profughi, senza contare che i pronto soccorso sono al collasso per presenza d’immigrati. Se mandiamo armi all’Ucraina, la guerra non finirà mai, le risorse energetiche Russe sono immense, con il rischio inoltre che sfoci in un conflitto nucleare. Formosa e sotto la Nato e contro la Cina, rischiamo la terza guerra mondiale. Tutto questo potrebbe influire negativamente sul voto del 25 set. p.v. Il nostro aiuto deve concretizzarsi unicamente in beni alimentari, sanitari e di ospitalità, senza considerare che le stesse armi possono alimentare altre guerre. Occorre aprire un negoziato per la pace con la formula “Kissinger”, Andrea RICCARDI di Sant’Egidio, prenda in mano l’iniziativa, non basta unicamente l’accoglienza, ma urge arginare il dilagare del conflitto ai Balcani (Kossovo contro Serbia)!
    La Nato ha favorito le ambizioni imperiali Usa (economiche e commerciali).
    L’Ucraina e il benessere del popolo ucraino non è l’obiettivo dell’Occidente e della Nato, ma un mezzo per difendere i propri interessi, si vorrebbe dare alla pace un indirizzo che accontenti, Papa Francesco e le diplomazie ONU. Secondo il mio parere licenzierei l’intemperante Jean Stoltemberg, mal consigliato dal suo mentore Joe Biden, che sta affondando l’Italia per via delle sanzioni e le armi all’Ucraina. Dobbiamo prepararci per creare una grande e propositiva “Europa Carolingia” (quella dei 9 stati trainanti con l’83% del PIL complessivo, dei 27 attuali) in grado di offrire al mondo un originale miracolo economico, con l’ottimismo ed il pragmatismo lapiriano che ci ha contraddistinto dopo la seconda guerra mondiale:
    a) indipendenza energetica,
    b) indipendenza alimentare,
    c) difesa comune sovranazionale
    d) una scuola superiore per la formazione dei futuri quadri UE.
    Se siamo giunti a poter scrivere fatti con più respiro e speranza, il nostro plauso va alle seguenti premesse: “Quando Putin invade l’Ucraina io mi indigno e grido contro Putin perché è un invasore”, dice Piero Sansonetti, chiedendo l’intervento della diplomazia. “Tutto il Parlamento, tranne una decina di deputati, ha votato compatto per mandare le armi in Ucraina: io non so la politica che fine fa di questo passo”, osserva il direttore de Il Riformista. Riprendendo la parola, Paolo Liguori, che condivide l’opinione dell’amico e collega, spinge sulla linea. Il Parlamento italiano ha innescato un furore diseducativo collettivo, dovevamo negoziare subito, invece abbiamo deciso l’aumento delle spese militari più otto miliardi di altro debito pubblico e con lo spread oltre 250 punti. Oltre a mantenere i rifugiati in generale, così facendo il reddito degli italiani scemerà fino al punto da non avere occhi per piangere. Il mondo è eccitato dalla guerra, il guerrafondaio Biden a Putin: “Criminale assassino”. Succede quando chi ci governa non ha soluzioni per i problemi reali di un vivere civile e di pace. Secondo Putin, l’Occidente è malato e ci vuole pulizia, per questo ventimila mercenari occidentali sono in Ucraina. Per resistere all’invasione russa, bambini e ragazzi ucraini imbracciano già il kalashnikov, quindi questi odieranno tutta la vita. Le speranze per un cessate il fuoco sono ridotte al minimo. Per fermare la guerra, dobbiamo ragionare da europei e non da pistoleros yankee, ossessionati dalla Cina che si appresta di diventare leader mondiale commerciale ed economico. Basta armi e munizioni europee e della Nato al molesto Zelensky, che col suo presenzialismo su tutti i canali TV è diventato stucchevole e che smetta di ripetere che combatte per la libertà dell’Europa, non è vero lotta per la sua ambizione che noi occidentali non capiamo, in quanto ragiona da slavo. Per ammissione generale la guerra russo ucraina per un verso è fratricida e per l’altro verso per interessi commerciali e di mercato, l’intromissione dell’Europa peggiora la situazione, spero che Ursula Van der Lynen, lo capisca e persegua la politica negoziale intrapresa Emmanuele Macron e da Olaf Scholz. L’intromissione Americana pesa e peserà molto sull’Europa, in particolar modo sullo spread e il debito pubblico dell’Italia, per la troppa accondiscendenza di Draghi verso gli USA. Visto che l’UE va riorganizzata, troppi veti di staterelli ne condizionano lo sviluppo alla pari dei trattati di Maastricht e Schengen, l’eventuale allargamento ad altri stati deve avvenire preventivamente con referendum popolare, 27 Paesi sono troppi, mal governati e rappresentati, perciò a mio avviso l’Ucraina dovrà fare il mea culpa, riappacificarsi con Putin e aspettare che le acque si calmino. Se escludiamo gli USA, mezza Europa e il resto del mondo non vogliono la guerra.

  2. Splendida analisi del sempre magnifico professor Ladetto. Squallida ed incredibile follia letteraria dell’assist all’assassino Putin del Sig. Filippo Arpaia che, per fortuna, non conosco e spero di non incontrare mai fisicamente in vita mia! Un largo abbraccio al normale e pacifico popolo russo che non merita il massacro dei suoi giovani figli, mandati a morire dal loro nuovo folle Hitler, dai veri nazisti mercenari da lui prezzolati. Il tutto contro un popolo laborioso che ha il DIRITTO di essere libero ed indipendente ed aiutato militarmente contro un aggressore assassino. Ci provi il sig Arpaia a difendersi da un delinquente, armato con una mazza di scopa e di tanta prosopopea letteraria!

  3. L’Europa ha bisogno di una leadership autorevole e forte, ha ben ragione Ladetto, ma il duopolio franco tedesco non appare forte e coeso come in passato; intanto la Germania guidata dalla “coalizione Scholz ” è estremamente disorientata divisa fra la soggezione all’alleato statunitense, il tentativo di non rompere definitivamente i vitali collegamenti economici ed energetici con la Russia (forse qualcuno si mangia le mani per aver decretato la fine delle centrali nucleari), il revanscismo militare di chiara marca prussiana: quasi bastassero i muscoli a compensare l’incertezza politica e le difficoltà economiche all’orizzonte; stanno dimenticando i tedeschi le lezioni di Clausewitz e Bismarck ? E di Hitler! Quando una soverchiante potenza bellica è posta al servizio di un folle disegno politico imperiale il disastro è appena dietro l’angolo (tra l’altro: i nemici della Russia dipingono Putin come un nuovo Hitler pronto a invadere i più remoti villaggi del Portogallo ma è questa una loro pia, anche abbastanza ridicola, illusione: la dirigenza moscovita non è così stupida, i russi hanno conosciuto due volte in un secolo e mezzo l’onda d’urto delle ambizioni imperiali e in entrambi i casi hanno saputo respingerla, difficilmente replicheranno gli errori madornali dei due avversari del passato; limitano infatti il proprio raggio d’azione al Russky mir). Francia e Germania dovrebbero capire quello che molti osservatori (cfr. alcuni interventi apparsi su Limes) suggeriscono: cercare un minimo comun denominatore con i Paesi del mediterraneo Spagna e Italia in primis. Mettere tra parentesi o governare le divergenze e i contrastanti interessi economico-commerciali (le filiere italo tedesche peraltro sono già molto interconnesse). Il Quad potrebbe rappresentare un blocco carolingio allargato capace di offrire un nuovo baricentro all’Europa creando le condizioni perché essa possa giocare le proprie carte in un sistema internazionale che inclina sempre più verso il multilateralismo: promuovere attivamente il multilateralismo anziché subirlo (o restare alla finestra per capire da che parte conviene andare) è la condizione per ridare uno scopo e un senso alla nostra Europa. Intanto in Germania hanno assegnato a Zelensky il premio Carlo Magno fra le proteste e di numerosissimi tedeschi: buon per il presidente ucraino (e per il premier tedesco) che il grande imperatore sia da tempo nella pace di Dio, quello era un tipo che non scherzava……

  4. Temo che il quadro più realistico della situazione sia quello delineato da Filippo Arpaia.
    Come ho affermato in altre circostanze questo ritengo che sia generato dalla cultura anarcocapitalistica americana che non ha, come credevano certe teste d’uovo americane, distrutto le sovranità politiche in nome della globalizzazzione commerciale, vista come una chiesa redentrice dell’umanità.
    Temo anche che l’Occidente, culturalmente (visione antropologica e visione del mondo) non sia in grado di creare visioni alternative alla presente che, sbagliando, ha finito coll’identificare la sovranità con Satana e la globalizzazzione commerciale una divinità salvatrice, un’evoluzione mentale tipica della cultura americana, a dispetto della storia e, prima ancora, del buon senso.
    Confondere, come tutti quelli che o difendono o attaccano il sovranismo, che il concetto di sovranità sia un valore o un disvalore (come la cultura contemporanea occidentale ormai priva di concetti che non provengano dagli Stati Uniti, visto come un faro di luce, grazie anche alle distruttive sciocchezze che la cultura europea a sua volta aveva creato tra il 1914 ed il 1945) quando esso in realtà è un concetto che ha la sua base in un fatto: che il potere si costruisce piramidalmente per motivi di fatto e non per scelta ideologica. Chi afferma che la sovranità è un valore, o un disvalore, dovrebbe riflettere al rapporto che in ambito giuridico c’è tra il possesso, che è una mera realtà di fatto e l’istituto giuridico della proprietà. Chi invece di perdersi dietro ai folclorismi del sovrannismo di quei nani degli stati nazionali europei (e crede di individuare nel concetto di sovranità Satana) non si accorge che il potrere sovrano, proprio perché è un fatto (proprio come il possesso), vuoi che sia congiunto ad una legittimazione giuridica di tale potere di fatto o meno, esiste sempre e comunque. Il problema è se sia opportuno che per il bene comune sia nelle mani di chi al presente la sovranità la detiene o passi in altre mani.
    Il vuoto culturale europeo, scaturito dai disastri del periodo 1914-1945, ha favorito che l’anarchca visione statunitense facesse apparire come salvatrice del mondo l’anarchca concezione statunitense. Pertanto l’Occidente è in grado di pensare solo come pensa la cultura delle élites di potere statuntense(che potremmo imperonare nella volpe machiavellica). Un potere che non usa nè il polonio nè i gulag, come la barbarica Russia (la cui classe dirigente potremmo impersonare nell leone dachiavellico, destinato a perdere secondo Machiavelli), ma, illuministicamente e liberalmente, lascia la massima libertà alla cultura non funzionale alle élites politico-economiche dominanti, purcHè non disturbino il manovratore.
    Questo ha creato sociologicamente una situazione in cui, portando all’estremo l’individualismo privato (si fa per dire, in realtà il potere delle grandi corporations, viste, come in una sorta di “guelfismo economico” come le “redentrici dell’umanità”) che merita la sovranità, cioè il vertice del potere al posto della politica.
    Quanto dico potrebbe sembrare fantasioso ma chi analizza quale sia oggi in occidente (dove la parte più tragic dedll’egemonia statunitense sta nell’egemonia culturale) il vertice del potere (che si è creduto di poter imporre al mondo intero, oltre che all’inetta, e svuotata di cultura ormai dal 1945 e quindi inetta e servile, Europa anche a chi del potere politico ha una visione sacrale, diciamo da zar o da Celeste Impero attraverso il libero mercato mondiale ed il WTO ha sbagliato i suoi calcoli. E adesso noi occidentali non possiamo che raccogliere i risultai di tanta stoltezza. E la guerra ucraina è il primo dei guai che ci è capitato per le suddette follie antropologiche …….
    Un solo esempio concreto, per non perdersi nell’astrattezza teorica, raccontato da CINAMERICA, una trasmissione televisiva di RAI 3 in cui si comparava la sconfitta del governo americano inferta da multinazionale statunitense davanti, uscita sovrana da una battaglia legale da un confronto con l’Amministrazione federale e la sconfitta subita da una altrettanto potente società di comunicazione cinese, rimessa in riga da eccessi, frutto da hybris originata da suoi successi sul mercato mondiale, ritenuti non consoni al pubblico interesse.

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