Voglio brevemente intervenire su due argomenti vittime di ideologie e semplificazioni.
Il primo è il problema delle migrazioni, di cui mi occupo lateralmente essendo vicepresidente di un centro studi (Federico Peirone) che promuove il dialogo e lo studio delle relazioni cristiano-islamiche.
Un problema oltremodo complesso e drammatico. Mi piacerebbe che almeno una forza politica invitasse a lasciar stare la polemica più astiosa e di parte. L'Istat ci dice che abbiamo bisogno di giovani che l'inverno demografico fa mancare in grande quantità: i dati parlano di 240mila all'anno. Nel breve periodo nemmeno una, improbabile, impennata delle nascite (che dipendono non solo dalle condizioni economiche ma forse di più da una cultura e dai suoi valori) può colmare.
Si tratta innanzitutto di favorire immigrazioni governate che portino manodopera in settori specifici, anche stagionale, affidando l’organizzazione a grandi organizzazioni di categoria. Lo Stato mi pare faccia acqua come gli Enti locali. Penso ad esempio alla Coldiretti per i lavori agricoli: chi sa che un raccoglitore di olive in Tunisia guadagna 1 euro al giorno? Se qui da noi guadagnasse anche solo 5 euro netti all’ora e avesse un minimo di accoglienza, lavorando stagionalmente per 90 giorni all’anno sarebbero 3600 euro e tornerebbe a casa sua con un gruzzolo che gli permetterebbe di vivere per tutto l’anno. Si aiuterebbe in questo modo anche il Paese di origine a combattere fame e disoccupazione.
Altra proposta: far gestire da ONU e Croce Rossa i campi dove questi disgraziati si ammassano. E naturalmente promuovere per quanto possibile la pace e lo sviluppo sociale e democratico di certi Paesi. Tutto il resto è propaganda sciocca e inutile (povero PD! povera Lega!). Non è né facile né semplice, ma secondo me non è una via impossibile da intraprendere.
Secondo tema, i cosiddetti diritti che io chiamerei “desideri”. Ho letto con interesse l’articolo, molto documentato scientificamente, di Massimo Molteni (“Sulla maternità surrogata” CLICCA QUI) che ci ricorda e spiega come la specie umana non sia ermafrodita e le condizioni necessarie per generare.
Mi pare che nel dibattito giornalistico e politico si cerchi di fare confusione. Si dice: non c'entra nulla la pratica del cosiddetto “utero in affitto” (o maternità surrogata) o la vendita di gameti maschili (nel caso di una coppia di donne). Bisogna stare “al passo con i tempi” (cioè Europa), difendere i diritti dei bambini. Come dire: non guardiamo che cosa c'è dietro, fermiamoci al risultato finale. Ovviamente essendo un risultato finale c'è un prima che è appunto il commercio di ovuli o semi e “l’affitto” di uteri (per dirla più elegantemente "la maternità surrogata”). Fassina ha ricordato come già Gramsci condannasse “la vendita delle ovaie di fanciulle povere a ricche signore… il quattrino deturpa e abbrutisce tutto ciò che cade sotto la sua legge implacabilmente feroce”. Una pratica che allora si profilava e si può avvicinare a quelle odierne.
Ora persino in Francia (in USA il dibattito è molto più vivace che in Europa) sono usciti articoli di filosofe e scrittrici, l'ultimo di Eugenie Bastié, che contestano le teorie gender e le pratiche annesse e denunciano l'apartheid sociale, culturale e lavorativo cui va incontro chi pubblicamente non le condivide. Il DDl Zan era uno di questi tentativi. Siamo fra l'altro in piena contraddizione: da un lato bisogna difendere la parità di genere, dall'altro si nega il genere. Sembra di vivere in un oscurantismo bigotto che ritiene la biologia una pura opinione.
In realtà mi pare che si stia viaggiando, consapevolmente o meno, verso una società dominata da dottrine come il “transumanesimo”, che amplifica temi propri delle società postindustriali (cibernetica, robotica, telematica, realtà virtuale, biotecnologie, clonazione), temi che negli anni ’80 ispirarono romanzi premonitori di genere cyberpunk.
Pensiamo a un romanzo come La matrice spezzata di Bruce Sterling che narra di un’umanità che non solo ha la possibilità di alterare il proprio corpo sia meccanicamente sia geneticamente, ma anche di prolungare la vita indefinitamente, e dove madri fattrici producono figli per donne delle caste più elevate che vogliono un figlio senza gli inconvenienti della maternità.
Sappiamo, purtroppo, che non è fantascienza.
Pensiamo alle teorie gender, che negano la realtà dei corpi con l’idea che la biologia, nell’accezione di scienza che definisce l’essere uomo o donna, è una opinione perché in fondo già oggi sarebbe indefinibile la realtà dei corpi è già modificabile meccanicamente e forse domani anche geneticamente.
Pensiamo, appunto alla procreazione sottratta alla relazione affettiva maschio femmina.
Naturalmente l’eugenetica gioca e giocherà sempre più un ruolo importante per permettere la scelta di un figlio esattamente come lo sogno: alto, occhi azzurri o neri, capelli biondi o scuri, con geni di una fattrice o di un donatore con quoziente intellettivo superiore.
Vorrei suggerire ai politici di varie tendenze di riflettere su queste cose e parlar chiaro all’opinione pubblica. Il criterio per decidere non deve essere “lo stare al passo con i tempi”, né la paura di essere “reazionari”. Criteri che sono effimeri: negli anni Trenta per fascisti, nazisti e comunisti i reazionari erano i democratici e “al passo con i tempi” erano i regimi autoritari che dilagavamo in Europa, dal Portogallo all'Unione Sovietica.
Il primo è il problema delle migrazioni, di cui mi occupo lateralmente essendo vicepresidente di un centro studi (Federico Peirone) che promuove il dialogo e lo studio delle relazioni cristiano-islamiche.
Un problema oltremodo complesso e drammatico. Mi piacerebbe che almeno una forza politica invitasse a lasciar stare la polemica più astiosa e di parte. L'Istat ci dice che abbiamo bisogno di giovani che l'inverno demografico fa mancare in grande quantità: i dati parlano di 240mila all'anno. Nel breve periodo nemmeno una, improbabile, impennata delle nascite (che dipendono non solo dalle condizioni economiche ma forse di più da una cultura e dai suoi valori) può colmare.
Si tratta innanzitutto di favorire immigrazioni governate che portino manodopera in settori specifici, anche stagionale, affidando l’organizzazione a grandi organizzazioni di categoria. Lo Stato mi pare faccia acqua come gli Enti locali. Penso ad esempio alla Coldiretti per i lavori agricoli: chi sa che un raccoglitore di olive in Tunisia guadagna 1 euro al giorno? Se qui da noi guadagnasse anche solo 5 euro netti all’ora e avesse un minimo di accoglienza, lavorando stagionalmente per 90 giorni all’anno sarebbero 3600 euro e tornerebbe a casa sua con un gruzzolo che gli permetterebbe di vivere per tutto l’anno. Si aiuterebbe in questo modo anche il Paese di origine a combattere fame e disoccupazione.
Altra proposta: far gestire da ONU e Croce Rossa i campi dove questi disgraziati si ammassano. E naturalmente promuovere per quanto possibile la pace e lo sviluppo sociale e democratico di certi Paesi. Tutto il resto è propaganda sciocca e inutile (povero PD! povera Lega!). Non è né facile né semplice, ma secondo me non è una via impossibile da intraprendere.
Secondo tema, i cosiddetti diritti che io chiamerei “desideri”. Ho letto con interesse l’articolo, molto documentato scientificamente, di Massimo Molteni (“Sulla maternità surrogata” CLICCA QUI) che ci ricorda e spiega come la specie umana non sia ermafrodita e le condizioni necessarie per generare.
Mi pare che nel dibattito giornalistico e politico si cerchi di fare confusione. Si dice: non c'entra nulla la pratica del cosiddetto “utero in affitto” (o maternità surrogata) o la vendita di gameti maschili (nel caso di una coppia di donne). Bisogna stare “al passo con i tempi” (cioè Europa), difendere i diritti dei bambini. Come dire: non guardiamo che cosa c'è dietro, fermiamoci al risultato finale. Ovviamente essendo un risultato finale c'è un prima che è appunto il commercio di ovuli o semi e “l’affitto” di uteri (per dirla più elegantemente "la maternità surrogata”). Fassina ha ricordato come già Gramsci condannasse “la vendita delle ovaie di fanciulle povere a ricche signore… il quattrino deturpa e abbrutisce tutto ciò che cade sotto la sua legge implacabilmente feroce”. Una pratica che allora si profilava e si può avvicinare a quelle odierne.
Ora persino in Francia (in USA il dibattito è molto più vivace che in Europa) sono usciti articoli di filosofe e scrittrici, l'ultimo di Eugenie Bastié, che contestano le teorie gender e le pratiche annesse e denunciano l'apartheid sociale, culturale e lavorativo cui va incontro chi pubblicamente non le condivide. Il DDl Zan era uno di questi tentativi. Siamo fra l'altro in piena contraddizione: da un lato bisogna difendere la parità di genere, dall'altro si nega il genere. Sembra di vivere in un oscurantismo bigotto che ritiene la biologia una pura opinione.
In realtà mi pare che si stia viaggiando, consapevolmente o meno, verso una società dominata da dottrine come il “transumanesimo”, che amplifica temi propri delle società postindustriali (cibernetica, robotica, telematica, realtà virtuale, biotecnologie, clonazione), temi che negli anni ’80 ispirarono romanzi premonitori di genere cyberpunk.
Pensiamo a un romanzo come La matrice spezzata di Bruce Sterling che narra di un’umanità che non solo ha la possibilità di alterare il proprio corpo sia meccanicamente sia geneticamente, ma anche di prolungare la vita indefinitamente, e dove madri fattrici producono figli per donne delle caste più elevate che vogliono un figlio senza gli inconvenienti della maternità.
Sappiamo, purtroppo, che non è fantascienza.
Pensiamo alle teorie gender, che negano la realtà dei corpi con l’idea che la biologia, nell’accezione di scienza che definisce l’essere uomo o donna, è una opinione perché in fondo già oggi sarebbe indefinibile la realtà dei corpi è già modificabile meccanicamente e forse domani anche geneticamente.
Pensiamo, appunto alla procreazione sottratta alla relazione affettiva maschio femmina.
Naturalmente l’eugenetica gioca e giocherà sempre più un ruolo importante per permettere la scelta di un figlio esattamente come lo sogno: alto, occhi azzurri o neri, capelli biondi o scuri, con geni di una fattrice o di un donatore con quoziente intellettivo superiore.
Vorrei suggerire ai politici di varie tendenze di riflettere su queste cose e parlar chiaro all’opinione pubblica. Il criterio per decidere non deve essere “lo stare al passo con i tempi”, né la paura di essere “reazionari”. Criteri che sono effimeri: negli anni Trenta per fascisti, nazisti e comunisti i reazionari erano i democratici e “al passo con i tempi” erano i regimi autoritari che dilagavamo in Europa, dal Portogallo all'Unione Sovietica.
Siamo in un periodo di libertinaggio delle parole, dove i ragionamenti vengono banditi in nome delle suggestioni, uniche deputate a guidare e dividere la pubblica opinione. Tornare a discutere delle idee senza intrupparsi in tifoserie vocianti dovrebbe essere la sfida di chi vuole interessarsi di politica. Teorie gender, maternità surrogata, governo del fenomeno immigrazione l’inverno demografico italiano … sono questioni che esigono risposte e non slogan! Le provocazioni di questo articolo a mio parere vanno nella giusta direzione.