Superbonus, il troppo che stroppia



    17 Febbraio 2023       0

La notizia del giorno è lo stop ai credito d’imposta del superbonus edilizio, decisa dal governo e spiegata così dal ministro Castelli: “Una misura d'impatto che si rende necessario per bloccare gli effetti di una politica scellerata usata anche in campagna elettorale e che ha prodotto beneficio per alcuni cittadini ma posto alla fine in carico a ciascun italiano 2mila euro a testa”. La decisione ha subito provocato grida di dolore e rabbia dei costruttori e di quel Giuseppe Conte che con i suoi governi di segno opposto si era intestato il provvedimento. Dimostrando in pieno l’insipienza dei Cinquestelle, ben peggio dei mitici banchi di scuola con le rotelle della ministra Azzolina che erano costati “solo” un centinaio di milioni: la follia del superbonus è arrivata a costare alle casse dello Stato – cioè a quelle dei contribuenti – una cifra vicina ai 120 miliardi di euro. Che diviso per i 59 milioni di italiani fa più o meno i 2000 euro pro capite menzionati da Giorgetti.

Al netto delle truffe acclarate e di quelle ancora sommerse, rimane un mistero come uomini di governo e alti funzionari dello Stato abbiano potuto partorire un tale mostro, che è prima di tutto un insulto al buon senso. Ogni transazione di mercato si basa sul controllo dell’acquirente. Poniamo il superbonus al 90%: su 150mila euro di lavori il privato ne deve pagare 15mila. Se il costrutture gliene chiede 20mila, perché i prezzi sono lievitati per eccesso di domanda o per speculazione, il privato può obiettare e anche rinunciare all’intervento. Ma, come recita il noto proverbio, “il troppo stroppia”, e infatti il superbonus al 110 elimina la contrattazione, perché tanto “paga Pantalone”: “Non si preoccupi se è caro, tanto non paga mica lei…” si sono sentiti dire tanti proprietari di casa, in genere benestanti e beneficiati da tanta idiozia al governo, al pari dei costruttori e delle banche che si sono assicurate tante cessioni di credito con il guadagno non disprezzabile dal 10 al 20% del capitale.

Benestanti, costruttori, banche: altro che “avvocato del popolo”, professor Conte...


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