La destra ha vinto, Fratelli d'Italia diviene il primo partito del Paese e la sua leader, Giorgia Meloni, quasi certamente approderà a palazzo Chigi.
Le cifre parlano chiaro: la coalizione di destra consegue il 44 per cento; il centro-sinistra il 26; in terza posizione il Movimento 5 Stelle con il 15 e a chiudere Azione-Italia viva che si avvicina all'otto.
Netta la preponderanza di Fdi che, con il 26 per cento supera la somma degli altri tre soci. Un'alleanza che, pertanto, va chiamata di destra (senza dare a questo termine un'accezione negativa) e non di centro-destra in quanto la componente centrista tra Forza Italia e Noi moderati è alquanto ridotta. Sebbene alla resa dei conti, crediamo abbia diverse carte da giocare, specie nei rapporti con l'Unione europea.
La destra avrà 112 seggi al Senato e 235 alla Camera; il Pd e i suoi alleati ne conseguono rispettivamente 39 e 80. I seggi pentastellati saranno 28 a palazzo Madama e 55 a Montecitorio, mentre il Polo centrista ottiene 9 senatori e 21 deputati. Maggioranza assoluta, dunque, in entrambi i rami del Parlamento per la coalizione vincente. Una soglia che la pone in condizioni di governare, e questo è un bene, perché l'Italia ha bisogno di maggioranze stabili. Ma anche una soglia, sotto i due terzi dei seggi, che le evita la tentazione (qualora mai le fosse passata per la testa) di fare le riforme costituzionali in solitario. E questo è altrettanto un bene, poiché le regole del sistema vanno condivise con l'opposizione.
Questo l'esito di una tornata elettorale che, a ben vedere, non ha fatto registrare alcuna sorpresa. Tutto era già ampiamente scritto, per lo meno nelle linee di fondo, dal momento in cui il centro-sinistra si è presentato diviso. Inutile adesso attribuire a questo o a quello le responsabilità di una scelta che si è rivelata suicida. Il fatto è che nei collegi uninominali del Rosatellum divisi si perde ed uniti si vince: una regola elementare.
Oggi ci troviamo con un'Italia mai così sbilanciata a destra. Una destra figlia del Msi, erede di più o meno recondite nostalgie fasciste, ascende per la prima volta alla guida del Paese. Qualcosa di inedito nella storia repubblicana che, senza agitare spauracchi su improbabili derive autoritarie, pone non di meno qualche interrogativo su come una formazione con quel passato saprà rapportarsi alla nostra vicenda democratica che trova nella Resistenza e nella Guerra di liberazione le proprie radici più profonde.
Altro banco di prova sarà la piena collocazione europeista che da sempre caratterizza il nostro Paese, membro fondatore della Comunità europea. Per ragioni storiche, politiche nonché di peso economico e demografico, l'Italia, è assieme alla Francia e alla Germania, una delle tre imprescindibili gambe su cui si regge l'intera Unione. Impensabile comportarsi dunque come Polonia o Ungheria, due nazioni tutto sommato marginali, senza le quali tutto procederebbe quasi come se niente fosse.
Ci sarà comunque tempo per riflettere su questi temi, così come sulla futura compagine di governo e sul programma che la caratterizzerà. Per ora il dato più eclatante è che, probabilmente, Giorgia Meloni si troverà ad essere la prima donna a diventare presidente del Consiglio. Una novità assoluta. E che questa novità provenga da destra, suona quasi paradossale per una sinistra che sui diritti delle donne e sulle quote rosa ha costruito molte delle proprie politiche.
Per la giovane leader di Fdi un'occasione storica. Certo non le basterà ripetere da un palco slogan banali del tipo: "sono donna, sono madre, sono cristiana", ma dovrà mettere in campo un progetto politico che sappia parlare al Paese. Quella la sfida cui è chiamata: vedremo se ne sarà all'altezza.
Le cifre parlano chiaro: la coalizione di destra consegue il 44 per cento; il centro-sinistra il 26; in terza posizione il Movimento 5 Stelle con il 15 e a chiudere Azione-Italia viva che si avvicina all'otto.
Netta la preponderanza di Fdi che, con il 26 per cento supera la somma degli altri tre soci. Un'alleanza che, pertanto, va chiamata di destra (senza dare a questo termine un'accezione negativa) e non di centro-destra in quanto la componente centrista tra Forza Italia e Noi moderati è alquanto ridotta. Sebbene alla resa dei conti, crediamo abbia diverse carte da giocare, specie nei rapporti con l'Unione europea.
La destra avrà 112 seggi al Senato e 235 alla Camera; il Pd e i suoi alleati ne conseguono rispettivamente 39 e 80. I seggi pentastellati saranno 28 a palazzo Madama e 55 a Montecitorio, mentre il Polo centrista ottiene 9 senatori e 21 deputati. Maggioranza assoluta, dunque, in entrambi i rami del Parlamento per la coalizione vincente. Una soglia che la pone in condizioni di governare, e questo è un bene, perché l'Italia ha bisogno di maggioranze stabili. Ma anche una soglia, sotto i due terzi dei seggi, che le evita la tentazione (qualora mai le fosse passata per la testa) di fare le riforme costituzionali in solitario. E questo è altrettanto un bene, poiché le regole del sistema vanno condivise con l'opposizione.
Questo l'esito di una tornata elettorale che, a ben vedere, non ha fatto registrare alcuna sorpresa. Tutto era già ampiamente scritto, per lo meno nelle linee di fondo, dal momento in cui il centro-sinistra si è presentato diviso. Inutile adesso attribuire a questo o a quello le responsabilità di una scelta che si è rivelata suicida. Il fatto è che nei collegi uninominali del Rosatellum divisi si perde ed uniti si vince: una regola elementare.
Oggi ci troviamo con un'Italia mai così sbilanciata a destra. Una destra figlia del Msi, erede di più o meno recondite nostalgie fasciste, ascende per la prima volta alla guida del Paese. Qualcosa di inedito nella storia repubblicana che, senza agitare spauracchi su improbabili derive autoritarie, pone non di meno qualche interrogativo su come una formazione con quel passato saprà rapportarsi alla nostra vicenda democratica che trova nella Resistenza e nella Guerra di liberazione le proprie radici più profonde.
Altro banco di prova sarà la piena collocazione europeista che da sempre caratterizza il nostro Paese, membro fondatore della Comunità europea. Per ragioni storiche, politiche nonché di peso economico e demografico, l'Italia, è assieme alla Francia e alla Germania, una delle tre imprescindibili gambe su cui si regge l'intera Unione. Impensabile comportarsi dunque come Polonia o Ungheria, due nazioni tutto sommato marginali, senza le quali tutto procederebbe quasi come se niente fosse.
Ci sarà comunque tempo per riflettere su questi temi, così come sulla futura compagine di governo e sul programma che la caratterizzerà. Per ora il dato più eclatante è che, probabilmente, Giorgia Meloni si troverà ad essere la prima donna a diventare presidente del Consiglio. Una novità assoluta. E che questa novità provenga da destra, suona quasi paradossale per una sinistra che sui diritti delle donne e sulle quote rosa ha costruito molte delle proprie politiche.
Per la giovane leader di Fdi un'occasione storica. Certo non le basterà ripetere da un palco slogan banali del tipo: "sono donna, sono madre, sono cristiana", ma dovrà mettere in campo un progetto politico che sappia parlare al Paese. Quella la sfida cui è chiamata: vedremo se ne sarà all'altezza.
Ottima analisi , a mio avviso mancante di citare almeno la colpa principale dei DEM da anni a questa parte: quella di esser loro i migliori, i giusti, quelli che sanno, quelli che festeggiano entusiasti il gay pride (per la maggioranza delle persone lo slogan “banale” Dio Patria e Famiglia è migliore di quelli urlati ai gay pride). Quelli che hanno affondato tutti i diritti sociali a scapito di quelli civili. Dove volevano andare? E’ già troppo quello che il PD ha preso anche perchè, anzichè far autocritica, ha subito detto “Se abbiamo perso è colpa di Conte”. Quindi: ma di cosa stiamo a parlare?
Ecco un articolo bene pensato e ben scritto. Grazie.
Certo la tua analisi è centrata, ma attenzione all’alterazione della comunicazione, che peraltro il nostro Paese ha già sperimentato negli anni 40 col regime. E un tipo di governo di questo tipo fa leva sulle fasce sociali più ignoranti.
era ora di cambiare. Finalmente non sentiremo per un po di tempo le farneticazioni delle Cirinna’ di turno e dei comunisti che perdono sempre ma riescono ugualmente a governare! Spero che ci sarà uno straccio di pulizia morale. E poi, finalmente una donna al comando. Vediamo cosa sarà capace di fare in questo che è uno dei momenti tra i più difficili per l’Italia, dopo la fine dell’ultima guerra mondiale.