Ucraina sotto attacco



Aldo Novellini    25 Febbraio 2022       1

Impossibile capire cosa abbia davvero in mente il presidente russo Vladimir Putin nell'ordinare l’invasione dell’Ucraina. Impossibile dirlo perché questo scenario di guerra in Europa, che ci riporta ai giorni più bui della Seconda guerra mondiale, va ben al di là di qualsiasi previsione. E’ pur vero che da tempo gli Stati Uniti avevano suonato l’allarme per l’ammassarsi di truppe russe ai confini dell’Ucraina ma quella di Mosca pareva una mossa più per guadagnare terreno nelle trattative con l’Occidente che non il preludio ad un attacco su così vasta scala. Adesso che il peggio si è materializzato speriamo che dietro l’angolo non ci sia qualcos’altro di peggiore ancora.

Come abbiamo potuto giungere sino a questo punto? Cosa si può fare per evitare escalation ancora più drammatiche? Interrogativi che in queste ore ci attanagliano e ai quali non esiste risposta certa. La sola certezza è che Putin vuole riportare la Russia ai tempi dell’Unione sovietica, quando Mosca era una delle due superpotenze del pianeta e per raggiungere questo scopo ritiene indispensabile circondare il Paese di satelliti a sovranità limitata. Vassalli del suo sistema di dominio. Forse ci si è illusi troppo presto che le mire putiniane fossero circoscritte al Donbass a maggioranza russa. Quello era solo un pretesto, rapidamente messo da parte: a Mosca interessa che l’Ucraina sia nella propria sfera d’influenza.

L'idea è di instaurare un regime fantoccio prono ai diktat moscoviti, lontano non solo dalla Nato ma anche da una prospettiva europea. Non a caso Putin si è rivolto ai militari ucraini perché rovescino il legittimo presidente Volodymyr Zelensky. Forse pensa sia malagevole imbarcarsi direttamente in quest'impresa: si assisterebbe al capo del Cremlino nei panni di Augusto Pinochet, il golpista cileno che tradì Salvador Allende. Qualcosa di cui vergognarsi agli occhi del mondo e allora spera lo facciano, al suo posto, i generali di Kiev. I quali - e speriamo mantengano questa linea - hanno risposto picche, rimanendo fedeli al presidente.

Nei giorni scorsi Putin aveva enunciato con chiarezza la propria visione. L’Ucraina è uno Stato inesistente, inventato all’Occidente in chiave antirussa e ovunque vi siano - non solo in territorio ucraino - minoranze russofone esse saranno protette da Mosca. Se all'Ucraina sostituiamo la Cecoslovacchia e alle popolazioni russofone quelle tedesche, si ritrova l'armamentario hitleriano del 1938-39. Tutti sappiamo dove condusse. E oggi nell’anno 2022 come andrà a finire? Non si possono fare previsioni, può solo dirsi che l'immediata reazione euro-americana con sanzioni crescenti è la strada seguire.

E non importa se, almeno in parte, esse creeranno problemi anche a chi le adotta. Sul conto mettiamoci pure il fatto che - come in Italia all'epoca della guerra d'Etiopia - le sanzioni possono ricompattare il Paese attorno al suo capo. Per una dittatura è un attimo ergersi a vittima di una congiura mondiale e giocare la carta dell’orgoglio nazionale.

In ogni caso per la Russia non sarà facile dominare un Paese come l’Ucraina più grande della Francia, con una popolazione ostile che potrebbe dar vita ad una resistenza in grado di sfibrare l’invasore. Certo, questa vicenda ci consegna una Russia con una classe dirigente imbevuta di nazionalismo convinta che la forza di un Paese consista nel territorio conquistato e nel rumore delle armi. Più che muoversi sul terreno economico, scientifico o tecnologico, Mosca si aggrappa a quello nazional-militare: retaggio del passato da cui, in fondo, emerge l'arretratezza culturale di chi oggi ha le redini del potere.

Muovendo contro Kiev i suoi odiosi carri armati - come nel 1956 a Budapest e nel 1968 a Praga - la Russia è comunque riuscita a rivitalizzare la Nato e a ricompattare Unione europea, Stati Uniti e Giappone. L'uso della forza potrà forse pagare nel breve, ammesso, e non concesso, che l'Ucraina venga domata, ma alla lunga risulterà perdente.


1 Commento

  1. “In un’Europa che per settantanni è vissuta in pace, ritorna la guerra riportandoci ai giorni bui della Seconda guerra mondiale” è quanto dicono molti commentatori ed eminenti uomini politici. Tutti sembrano aver dimenticato le guerre che hanno insanguinato la Jugoslavia negli anni Novanta, di cui sono state protagoniste le nazioni della federazione (Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia islamica), non senza sostegni, incentivi ed interventi di alcuni paesi occidentali. In particolare, si dimentica la campagna Nato del 1999 (a cui ha partecipato l’Italia con il governo D’Alema) con i pesanti bombardamenti aerei sulla Serbia (che hanno colpito duramente Belgrado) ed il successivo dispiegamento delle forze di terra per occupare il paese, che ancora oggi è disseminato di uranio impoverito presente nelle migliaia di bombe impiegate per piegarne la resistenza. Il risultato è stata la divisione dello Stato serbo con la creazione del Kosovo indipendente, subito consegnato nelle mani della banda criminale dell’UCK. A quanto pare modificare i confini degli Stati con la guerra non è un divieto valido per tutti.

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