In un recente articolo pubblicato su “Formiche” e ripreso da “Politica Insieme“, Domenico Delle Foglie chiude le sue argomentazioni – riguardanti chi possa oggi credere nella presenza di un partito d’ispirazione cristiana nel panorama politico italiano – con la domanda se il sistema Italia, «società fortemente secolarizzata e adeguatasi a vivere senza Dio» abbia bisogno di un partito d’ispirazione cristiana (CLICCA QUI); domanda che ovviamente sottintende un’altra domanda, ancora più impegnativa: se la nostra società abbia bisogno del Cristianesimo.
La risposta ha un punto di snodo nel significato che ha l’espressione società fortemente secolarizzata, che per l’Autore sembra voler dire una società adeguatasi a vivere senza Dio; specificazione che non aiuta a far comprendere il significato che l’Autore dà al concetto di secolarizzazione.
Vuole forse dire una società priva di valori o priva di valori cristiani? Ma i valori di cui tanto siamo fieri (la centralità, dignità e integralità della persona umana, la giustizia, la solidarietà, la sussidiarietà, la conservazione e il miglioramento dell’ambiente naturale, il valore umano dell’uguaglianza – fondamento per il riconoscimento dei diritti soggettivi: diritti personali di libertà, diritti politici, tutele sociali, parità fra uomo e donna, fra etnie, fra culture – essenzialità della coesione sociale e dell’inclusione di ogni persona nella società in cui vive, in tutte le società e altri) non hanno la loro matrice nella cultura ebreo-greca-romana-cristiana? E all’interno della cultura cristiana non sono dogmi della fede; sono valori laici.
Il fatto che nella bozza della Costituzione Europea – che non è stata poi varata – non si sia voluto, a maggioranza, far cenno all’origine cristiana della cultura e società europea (e si dovrebbe dire anche della cultura e società occidentale che, seppure ancora fortemente carente riguardo alla capacità di accoglienza degli stranieri e d’integrazione e di coesione sociale al proprio interno – come ci ha ricordato ancora di recente Papa Francesco, nel corso della sua visita a Cipro – è pur sempre la più etica che esiste nel mondo) costituisce un falso storico dovuto al prevalere di un approccio laicistico che deriva dalla confusione prodottasi nei secoli fra valori cristiani e azione politica delle chiese cristiane. Non accettando l’azione politica delle chiese cristiane (in particolare di quella della Chiesa cattolica) si è voluto e si vuole buttar via anche i valori etici cristiani che pervadono ampiamente la nostra cultura?
Ma libertà senza valori etici non è libertà così come democrazia senza valori etici non è niente!
I valori etici contenuti nelle seguenti parole di papa Francesco: «Promuovere lo sviluppo umano integrale richiede dialogo e coinvolgimento con i bisogni e le aspirazioni della gente, richiede di ascoltare i poveri e la loro quotidiana esperienza di privazioni molteplici e sovrapposte, escogitando specifiche risposte a situazioni concrete. Ciò richiede di dar vita, all’interno delle comunità e tra le comunità e il mondo degli affari, a strutture di mediazione capaci di mettere insieme persone e risorse, iniziando processi nei quali i poveri siano i protagonisti principali e i beneficiari. Un tale approccio all’attività economica, basato sulla persona, incoraggerà l’iniziativa e la creatività, lo spirito imprenditoriale e le comunità di lavoro e d’impresa, e in tal modo favorirà l’inclusione sociale e la crescita di una cultura di solidarietà efficace» (Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dalla Fondazione Vaticana Centesimus Annus - Pro Pontifice, 20 maggio 2017; e si potrebbero trovare in moltissime altre dichiarazioni dello stesso Papa) sono in contrasto con l’etica dei laicisti e di “coloro che vivono senza Dio”?
Spero di non essere contestato scrivendo che la sana azione politica dev’essere concepita ed elaborata alla luce dei propri principi etici, e non semplicemente – in una prospettiva agnostica e relativistica – ritenere la verità, ispiratrice della propria azione, come prodotto determinato dalla maggioranza e condizionato dagli equilibri politici. Nell’impegno sociale, il politico deve sapere elaborare un’azione ispirata alla fedeltà ai valori naturali (rispettando la legittima autonomia delle realtà temporali), ai propri valori morali (promuovendo la consapevolezza dell’intrinseca dimensione etica di ogni problema sociale e politico), ai propri valori religiosi.
Comportamento etico in politica significa che il politico deve impostare la sua attività in modo, non di essere al potere per il potere, ma per condurre la pólis verso determinati obiettivi. In primis, l’azione politica è pienamente etica solo se il politico ha chiari obiettivi finali da raggiungere. Poi sarà necessario agire in modo etico nella scelta degli obiettivi intermedi e dei mezzi e nel comportamento operativo, ma a monte ci dev’essere la scelta di una chiara rotta d’indirizzo per la pólis: il piccolo cabotaggio, senza meta, non è etico.
In effetti, la sana (etica) lotta politica consiste nel tentativo di condurre la pólis verso un determinato obiettivo che risulta essere in contrasto con l’obiettivo delle controparti e le competizioni elettorali per la costituzione degli organi legislativi e di governo non possono essere semplicisticamente impostate sull’essere favorevoli o no al Bene Comune (chi mai potrebbe dichiararsi contrario al Bene Comune!).
Non è, invece, sana (etica) lotta politica quella che consista nella contrapposizione di gruppi che hanno obiettivi simili e che si contrappongono solamente perché vogliono acquisire potere di governo, emarginando altri gruppi di potere. Questa è solamente una lotta di potere senza contenuti etici. Ma la lotta di potere senza contenuti etici è la matrice dell’attuale crisi dei partiti, come strumenti di rappresentanza e di partecipazione: crisi di trasformazioni involutive che li riducono sempre più a veri e propri comitati d’affari. Per di più, per una cronica mancanza di contenuti e di progettualità, i partiti si sono personalizzati, identificandosi con i loro leader. Questo è il significato dell’espressione “partiti personali” o “partiti del leader”, che è come dire “leader senza partiti” (che deriva da “partiti senza società”); il che indica la presenza di una separazione crescente fra cittadini e istituzioni pubbliche.
Due o più soggetti economici, in presenza degli stessi vincoli tecnici, sceglieranno in modi diversi a seconda dei propri valori etici. Diverso sarà il comportamento di un datore di lavoro, che non abbia scrupoli nel modo di trattare i propri dipendenti sui piani normativo, retributivo, previdenziale, rispetto a un datore di lavoro che rispetti le regole d’ingaggio dei dipendenti: l’obiettivo porterà, al suo interno, il rispetto, o no, delle regole, e conseguentemente le scelte del datore di lavoro risulteranno differenti nei due casi. Di fronte alle medesime condizioni (i vincoli tecnici e di mercato), soggetti economici diversi, quanto alla loro costituzione morale, si comporteranno in maniera diversa. Diverso sarà il comportamento (che realizza l’obiettivo dell’imprenditore) di un imprenditore capitalista puro, di un imprenditore che segua il principio dello shared value, di un imprenditore di cooperativa, di un imprenditore sociale, di un imprenditore socialmente responsabile, di un imprenditore di produzione di reciprocità, di un imprenditore con principi di economia di comunione, poiché il loro obiettivo prenderà configurazioni diverse alla luce dei principi etici di chi decide.
Allora, i cristiani hanno nulla da dire su: rispetto della vita e conservazione dell’ambiente naturale; famiglia, educazione, scuola, formazione professionale; lavoro e impresa; equità e solidarietà; migrazioni internazionali; bioetica e intelligenza artificiale; politica per il benessere sociale (Welfare State o Welfare Community); vera pace che discende dall’amore fraterno fra le persone e le genti?
Ma dirlo in modo isolato (o disperso come minoranza all’interno di movimenti politici che hanno prevalentemente valori non cristiani) non premia. Perché non presentare, sostenere e operare apertamente, nell’agone politico, in modo organizzativamente efficace, per l’affermazione dei valori cristiani?
La risposta ha un punto di snodo nel significato che ha l’espressione società fortemente secolarizzata, che per l’Autore sembra voler dire una società adeguatasi a vivere senza Dio; specificazione che non aiuta a far comprendere il significato che l’Autore dà al concetto di secolarizzazione.
Vuole forse dire una società priva di valori o priva di valori cristiani? Ma i valori di cui tanto siamo fieri (la centralità, dignità e integralità della persona umana, la giustizia, la solidarietà, la sussidiarietà, la conservazione e il miglioramento dell’ambiente naturale, il valore umano dell’uguaglianza – fondamento per il riconoscimento dei diritti soggettivi: diritti personali di libertà, diritti politici, tutele sociali, parità fra uomo e donna, fra etnie, fra culture – essenzialità della coesione sociale e dell’inclusione di ogni persona nella società in cui vive, in tutte le società e altri) non hanno la loro matrice nella cultura ebreo-greca-romana-cristiana? E all’interno della cultura cristiana non sono dogmi della fede; sono valori laici.
Il fatto che nella bozza della Costituzione Europea – che non è stata poi varata – non si sia voluto, a maggioranza, far cenno all’origine cristiana della cultura e società europea (e si dovrebbe dire anche della cultura e società occidentale che, seppure ancora fortemente carente riguardo alla capacità di accoglienza degli stranieri e d’integrazione e di coesione sociale al proprio interno – come ci ha ricordato ancora di recente Papa Francesco, nel corso della sua visita a Cipro – è pur sempre la più etica che esiste nel mondo) costituisce un falso storico dovuto al prevalere di un approccio laicistico che deriva dalla confusione prodottasi nei secoli fra valori cristiani e azione politica delle chiese cristiane. Non accettando l’azione politica delle chiese cristiane (in particolare di quella della Chiesa cattolica) si è voluto e si vuole buttar via anche i valori etici cristiani che pervadono ampiamente la nostra cultura?
Ma libertà senza valori etici non è libertà così come democrazia senza valori etici non è niente!
I valori etici contenuti nelle seguenti parole di papa Francesco: «Promuovere lo sviluppo umano integrale richiede dialogo e coinvolgimento con i bisogni e le aspirazioni della gente, richiede di ascoltare i poveri e la loro quotidiana esperienza di privazioni molteplici e sovrapposte, escogitando specifiche risposte a situazioni concrete. Ciò richiede di dar vita, all’interno delle comunità e tra le comunità e il mondo degli affari, a strutture di mediazione capaci di mettere insieme persone e risorse, iniziando processi nei quali i poveri siano i protagonisti principali e i beneficiari. Un tale approccio all’attività economica, basato sulla persona, incoraggerà l’iniziativa e la creatività, lo spirito imprenditoriale e le comunità di lavoro e d’impresa, e in tal modo favorirà l’inclusione sociale e la crescita di una cultura di solidarietà efficace» (Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dalla Fondazione Vaticana Centesimus Annus - Pro Pontifice, 20 maggio 2017; e si potrebbero trovare in moltissime altre dichiarazioni dello stesso Papa) sono in contrasto con l’etica dei laicisti e di “coloro che vivono senza Dio”?
Spero di non essere contestato scrivendo che la sana azione politica dev’essere concepita ed elaborata alla luce dei propri principi etici, e non semplicemente – in una prospettiva agnostica e relativistica – ritenere la verità, ispiratrice della propria azione, come prodotto determinato dalla maggioranza e condizionato dagli equilibri politici. Nell’impegno sociale, il politico deve sapere elaborare un’azione ispirata alla fedeltà ai valori naturali (rispettando la legittima autonomia delle realtà temporali), ai propri valori morali (promuovendo la consapevolezza dell’intrinseca dimensione etica di ogni problema sociale e politico), ai propri valori religiosi.
Comportamento etico in politica significa che il politico deve impostare la sua attività in modo, non di essere al potere per il potere, ma per condurre la pólis verso determinati obiettivi. In primis, l’azione politica è pienamente etica solo se il politico ha chiari obiettivi finali da raggiungere. Poi sarà necessario agire in modo etico nella scelta degli obiettivi intermedi e dei mezzi e nel comportamento operativo, ma a monte ci dev’essere la scelta di una chiara rotta d’indirizzo per la pólis: il piccolo cabotaggio, senza meta, non è etico.
In effetti, la sana (etica) lotta politica consiste nel tentativo di condurre la pólis verso un determinato obiettivo che risulta essere in contrasto con l’obiettivo delle controparti e le competizioni elettorali per la costituzione degli organi legislativi e di governo non possono essere semplicisticamente impostate sull’essere favorevoli o no al Bene Comune (chi mai potrebbe dichiararsi contrario al Bene Comune!).
Non è, invece, sana (etica) lotta politica quella che consista nella contrapposizione di gruppi che hanno obiettivi simili e che si contrappongono solamente perché vogliono acquisire potere di governo, emarginando altri gruppi di potere. Questa è solamente una lotta di potere senza contenuti etici. Ma la lotta di potere senza contenuti etici è la matrice dell’attuale crisi dei partiti, come strumenti di rappresentanza e di partecipazione: crisi di trasformazioni involutive che li riducono sempre più a veri e propri comitati d’affari. Per di più, per una cronica mancanza di contenuti e di progettualità, i partiti si sono personalizzati, identificandosi con i loro leader. Questo è il significato dell’espressione “partiti personali” o “partiti del leader”, che è come dire “leader senza partiti” (che deriva da “partiti senza società”); il che indica la presenza di una separazione crescente fra cittadini e istituzioni pubbliche.
Due o più soggetti economici, in presenza degli stessi vincoli tecnici, sceglieranno in modi diversi a seconda dei propri valori etici. Diverso sarà il comportamento di un datore di lavoro, che non abbia scrupoli nel modo di trattare i propri dipendenti sui piani normativo, retributivo, previdenziale, rispetto a un datore di lavoro che rispetti le regole d’ingaggio dei dipendenti: l’obiettivo porterà, al suo interno, il rispetto, o no, delle regole, e conseguentemente le scelte del datore di lavoro risulteranno differenti nei due casi. Di fronte alle medesime condizioni (i vincoli tecnici e di mercato), soggetti economici diversi, quanto alla loro costituzione morale, si comporteranno in maniera diversa. Diverso sarà il comportamento (che realizza l’obiettivo dell’imprenditore) di un imprenditore capitalista puro, di un imprenditore che segua il principio dello shared value, di un imprenditore di cooperativa, di un imprenditore sociale, di un imprenditore socialmente responsabile, di un imprenditore di produzione di reciprocità, di un imprenditore con principi di economia di comunione, poiché il loro obiettivo prenderà configurazioni diverse alla luce dei principi etici di chi decide.
Allora, i cristiani hanno nulla da dire su: rispetto della vita e conservazione dell’ambiente naturale; famiglia, educazione, scuola, formazione professionale; lavoro e impresa; equità e solidarietà; migrazioni internazionali; bioetica e intelligenza artificiale; politica per il benessere sociale (Welfare State o Welfare Community); vera pace che discende dall’amore fraterno fra le persone e le genti?
Ma dirlo in modo isolato (o disperso come minoranza all’interno di movimenti politici che hanno prevalentemente valori non cristiani) non premia. Perché non presentare, sostenere e operare apertamente, nell’agone politico, in modo organizzativamente efficace, per l’affermazione dei valori cristiani?
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