Il ragazzo con il fucile d’assalto



AMERICANA di Beppe Mila    26 Novembre 2021       3

Ricostruire con dati certi quanto accaduto a Kenosha nel processo che ha assolto Kyle Rittenhouse dall’accusa di omicidio per la morte di due manifestanti in un corteo di Black Lives Matter è importante, sia per capire meglio l’America sia per evitare strumentalizzazioni controproducenti come quelle fatte in Italia da giornali paladini del “politicamente corretto”, che hanno persino trasformato i due sfortunati manifestanti uccisi da bianchi a neri, per attrarre maggior simpatia alla causa.

Se c’è qualcosa invece su cui ci si deve interrogare, a parte il naturale cordoglio per la perdita di vite umane, è come sia possibile oggi, in una zona altamente urbanizzata come l’hinterland di Chicago, per un ragazzo 17enne andare in giro armato con uno Smith & Wesson M&P15, un fucile semiautomatico simile al fucile d’assalto AR-15.

Comprenderei se fossimo in uno sparuto presidio in Alaska, dove la natura può esser aspra e pericolosa, circondati da lupi e orsi. Kenosha invece è una città che, pur trovandosi nel Wisconsin, fa parte del vasto hinterland di Chicago, la metropoli dell’Illinois posta quasi al confine tra i due Stati. Kyle Rittenhouse è residente ad Antioch, un sobborgo settentrionale di Chicago, posto a circa 15 miglia da Kenosha. Nell’agosto 2020 gli Stati Uniti erano scossi dalle manifestazioni di Black Lives Matter, dopo l’uccisione di George Floyd a Minneapolis. Il giorno 23 un poliziotto colpisce con sette proiettili alla schiena l’afroamericano Jacob Blake di 29 anni, salvatosi ma rimasto poi semiparalizzato alle gambe. Per tre giorni Kenosha è teatro di forti scontri, specie notturni, tra attivisti e polizia, diventando terra di nessuno.

La sera del 25 agosto Rittenhouse decise di pattugliare il centro di Kenosha insieme ad altri uomini armati per proteggere dai saccheggi dei manifestanti una concessionaria di auto usate,che era stata attaccata la sera prima. Non si sa se anche gli altri lo fossero, ma di certo Rittenhouse faceva parte di una milizia armata, la Kenosha Guard. Su questo punto scrivere non è semplice, perché da noi è difficile capire come in un Paese moderno e democratico possano esistere milizie armate che per difendere l’ordine pubblico coinvolgono minorenni che imbracciano armi da guerra.

Sta di fatto che per la legge statunitense Kyle Rittenhouse poteva stare dove era e nel modo in cui era armato, senza commettere alcun reato. E questa è la prima cosa importante da tenere a mente.

Il resto è una sequenza di eventi drammatici così riassumibili: mentre sorvegliava la concessionaria, Kyle venne inseguito da manifestanti e finì per sparare mortalmente a due di loro, Joseph Rosenbaum e Anthony Huber, ferendone un terzo, Gaige Grosskreutz. Tutte le persone coinvolte sono bianche. In dettaglio, Rittenhouse venne inseguito dapprima da Rosenbaum, con cui ebbe una colluttazione, durante la quale sparò uccidendolo.

Subito dopo la folla dei manifestanti scatenò la caccia a Rittenhouse che tentava di fuggire verso gli agenti di polizia, venendo gettato a terra e colpito da oggetti lanciati dagli assalitori, tra cui lo skateboard di Huber, che quasi riuscì a impadronirsi del suo facile, ma Rittenhouse fece in tempo a sparare uccidendolo. Nella sparatoria venne ferito anche Grosskreutz, che tra l’altro era pure lui armato con una pistola.

La ricostruzione sopra riportata è stata confermata in dettaglio nell’aula del tribunale esaminando i filmati di due telecamere di sicurezza che avevano ripreso ogni cosa. Questa è la ragione per cui il giudice ha deciso di ritenere valide le giustificazioni della difesa, secondo cui l’imputato aveva agito per autodifesa nel ragionevole timore di morte imminente o di riportare gravi danni fisici, assolvendo Kyle da ogni accusa. Sentenza che ha comunque scatenato nuove polemiche e proteste.

Fin qui la cronaca. Rimane in ogni caso una vicenda tragica e inquietante da qualsiasi parte li si guardi. Fatti come questo dovrebbero portare alla moderazione da parte di tutti. Così non è, purtroppo. Su questi temi l’America è sempre calda, caldissima: a differenza nostra (ma anche noi ci stiamo un po’ alla volta radicalizzando) non si sentono commenti moderati o di riappacificazione, e ogni parte cavalca l’evento con estremismo, mantenendo vecchie divisioni e ponendo le basi per nuovi scontri.


3 Commenti

  1. questo articolo tocca un punto estremamente dolente del tempo in cui viviamo: l’enorme difficoltà di superare l’idea di affidare la propria sicurezza (=difesa) alle armi; è una mentalità antica, da sempre praticata dal “sapiens” e che solo con tempi evolutivi (secolari!) potrà essere superata; nel frattempo si è introdotta la potenza degli interessi economici, che sulle armi ha costruito rendite di posizione difficilmente sradicabili (e di cui l’Italia fa parte, come produttrice attivissima di armi, prodotto commerciale di largo successo); in Italia, mentre l’obiezione di coscienza ha ottenuto l’esito di rendere scelta individuale e non più obbligo, quella di imbracciare un’arma per “servire la Patria”, non è proseguita con altrettanta forza la necessaria fase successiva, di educazione alla costruzione della pace con appropriati metodi e strumenti: basta osservare il declino di grandi istituzioni come l’ONU; insomma, alla fase dell’obiezione occorre far seguire la fase dell’educazione, passaggio che non si è ancora operato con adeguata credibilità.

  2. Siamo inondati di film e sceneggiati televisivi americani, i media danno grande risalto agli avvenimenti del paese dello zio Sam; malgrado ciò, conosciamo ben poco dell’America profonda che, nel bene e nel male, ne incarna l’anima. Sono grato a Beppe Mila che da qualche tempo ci dà degli spaccati di questa America ignorata o snobbata perché non corrispondente all’immagine che una certa élite nostrana ha imposto della nazione leader dell’Occidente.

  3. Ho riflettuto molto se fosse opportuno o no da parte mia commentare i messaggi su questo pezzo di spaccato della società americana, soprattutto sulle poche incisive parole di Giuseppe Ladetto che stimo molto. E’ verissimo, se guardiamo alla mole di film e telefilm sembra quasi che l’America sia più vicina della Svizzera, occorre tener sempre presente che in America, a Hollywood vi è la più grande fabbrica di sogni del pianeta, e, bisogna riconoscere che il loro lavoro lo sanno fare bene. Quindi i messaggi che si vogliono veicolari sulla America da cartolina sono confezionati molto bene. Però bisogna anche esser onesti, soprattutto in un passato non troppo recente vi è stato anche un un grosso filone di film di denuncia( tutto il filone sul sistema carcerario americano, un titolo solo: “Brubaker”, poi più importante ancora molti registi visionari hanno immaginato un futuro che oggi proprio tanto futuro non è. Ridley Scott in primis con “Blade Runner” ma perchè no (anche se qualcuno storcerà il naso) tutta la serie di Matrix e soprattutto Minority report. Il primo film di Matrix (non i due sequel) è per davvero visto con gli occhi di oggi iperrealistico (malauguratamente )… In conclusione: l’ America è grande, fisicamente e a seguire in tante altre cose, quindi molto fa e propone, sta poi a noi discernere.

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