“Innovazione e politiche industriali”. Questo titolo di un webinar organizzato da INSIEME cui ho partecipato ha un che di non definito quando indica sistemi produttivi sostenibili, in quanto sostenibile significa destinato a durare nel tempo, per cui esiste, per lo meno, una sostenibilità economica, una sociale e una ambientale naturale.
Perciò, le scelte e i risultati economici devono essere prese e valutati non ignorando gli aspetti relazionali (sociali) e gli effetti sull’ambiente naturale.
Risultati economici: non solo e non tanto i profitti aziendali realizzati con la crescita economica né la crescita del PIL, ma la disponibilità di beni (PIL – Esportazioni + Importazioni) e la creazione di posti di lavoro stabili e di elevato livello innovativo e creativo.
Aspetti relazionali: per dirla con poche parole, come la disponibilità di beni si ripartisce fra i membri della comunità – cioè la giustizia basata sull’equità – e l’espansione dello spirito comunitario che prevalga sull’individualismo.
Effetti naturali: è contrario al vero sviluppo il considerare la natura più importante della persona umana, ma è errato l’approccio tecnicistico secondo il quale la natura è materia di cui si può disporre a piacimento.
Tendenza diffusa è che la crescita economica debba avere la precedenza sugli altri obiettivi, del tipo che, qualora le fonti energetiche pulite e rinnovabili siano disponibili in misura non sufficiente per permettere la crescita economica, non si può fare a meno di riprendere in considerazione l’uso dell’energia prodotta dalla fissione nucleare, come se la crescita economica fosse un dato, un must.
Analogamente, che il modello di economia debba continuare ad essere quello degli ultimi trent’anni, anche se esso ha generato forti disuguaglianze nella distribuzione del reddito mondiale fra le diverse aree economiche del Pianeta e all’interno di esse e ha visto crescere, in molte aree, l’emarginazione di molti lavoratori nella direzione di lavori precari e mal remunerati nonché della disoccupazione.
Ora, in presenza di situazioni in cui gli obiettivi si presentano in contrapposizione fra di loro, le scelte devono essere assunte alla luce dei valori, dei principi etici posseduti da chi decide che dovrebbe ben esprimere i valori posseduti dalla maggioranza della popolazione), i quali individuano gli obiettivi e, in linea di principio, tutti e tre i precedenti hanno la stessa rilevanza.
Sono i valori posseduti dai decisori a creare gli ordini di precedenza fra gli obiettivi scaturiti dalla declinazione dei valori. Vediamo alcuni casi di conflitti risolti chiaramente con riferimento ai valori dei decisori.
In presenza della pandemia di Covid-19 si è avuto la drammatica contrapposizione fra obiettivi: salute della popolazione o salute dell’economia?
Da noi, si è data la precedenza alla salute della popolazione rispetto alla salute dell’economia perché è prevalso il principio etico della centralità della persona, principio che, fra l’altro, porta porta alla seguente sequela etica del lavoro: il lavoro è un bene dell’uomo, per l’uomo e per la comunità; ma l’uomo ha il primato sul lavoro, perché il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro e per l’economia; il lavoro ha il primato sul capitale e non il lavoro è al servizio del capitale. Inoltre – se ne abbia coscienza o no – non si può avere un’economia sana in una popolazione malata fisicamente o moralmente.
Negli ultimi tempi si è parlato molto di contrapposizione fra crescita economica e giustizia distributiva. Il principio di fraternità che integri il principio della centralità della persona richiede un’inversione di rotta: l’aumento della disponibilità di beni deve essere accompagnata da una crescita dell’equità distributiva.
Negli ultimi tempi (ma questo è destinato a continuare finanche ad accrescersi) si è parlato molto del contrasto fra crescita economica e distruzione del capitale naturale. Papa Francesco parla spesso di complementarietà fra l’umanità e la natura, ragion per cui la distruzione di capitale naturale costituisce un impoverimento per la società umana.
In conclusione, riferendomi al dibattito politico serio che non ci si limiti a enunciare le cose da fare, ma si riprometta di giungere a scelte che abbiano ben individuata la strada da imboccare, qualora s’incappi nei bivi che si possono incontrare combinando a due a due i tre obiettivi (crescita economica, giustizia e tutela del creato), alla luce dei valori della centralità della persona, della fraternità fra le persone e della tutela del creato.
Perciò, le scelte e i risultati economici devono essere prese e valutati non ignorando gli aspetti relazionali (sociali) e gli effetti sull’ambiente naturale.
Risultati economici: non solo e non tanto i profitti aziendali realizzati con la crescita economica né la crescita del PIL, ma la disponibilità di beni (PIL – Esportazioni + Importazioni) e la creazione di posti di lavoro stabili e di elevato livello innovativo e creativo.
Aspetti relazionali: per dirla con poche parole, come la disponibilità di beni si ripartisce fra i membri della comunità – cioè la giustizia basata sull’equità – e l’espansione dello spirito comunitario che prevalga sull’individualismo.
Effetti naturali: è contrario al vero sviluppo il considerare la natura più importante della persona umana, ma è errato l’approccio tecnicistico secondo il quale la natura è materia di cui si può disporre a piacimento.
Tendenza diffusa è che la crescita economica debba avere la precedenza sugli altri obiettivi, del tipo che, qualora le fonti energetiche pulite e rinnovabili siano disponibili in misura non sufficiente per permettere la crescita economica, non si può fare a meno di riprendere in considerazione l’uso dell’energia prodotta dalla fissione nucleare, come se la crescita economica fosse un dato, un must.
Analogamente, che il modello di economia debba continuare ad essere quello degli ultimi trent’anni, anche se esso ha generato forti disuguaglianze nella distribuzione del reddito mondiale fra le diverse aree economiche del Pianeta e all’interno di esse e ha visto crescere, in molte aree, l’emarginazione di molti lavoratori nella direzione di lavori precari e mal remunerati nonché della disoccupazione.
Ora, in presenza di situazioni in cui gli obiettivi si presentano in contrapposizione fra di loro, le scelte devono essere assunte alla luce dei valori, dei principi etici posseduti da chi decide che dovrebbe ben esprimere i valori posseduti dalla maggioranza della popolazione), i quali individuano gli obiettivi e, in linea di principio, tutti e tre i precedenti hanno la stessa rilevanza.
Sono i valori posseduti dai decisori a creare gli ordini di precedenza fra gli obiettivi scaturiti dalla declinazione dei valori. Vediamo alcuni casi di conflitti risolti chiaramente con riferimento ai valori dei decisori.
In presenza della pandemia di Covid-19 si è avuto la drammatica contrapposizione fra obiettivi: salute della popolazione o salute dell’economia?
Da noi, si è data la precedenza alla salute della popolazione rispetto alla salute dell’economia perché è prevalso il principio etico della centralità della persona, principio che, fra l’altro, porta porta alla seguente sequela etica del lavoro: il lavoro è un bene dell’uomo, per l’uomo e per la comunità; ma l’uomo ha il primato sul lavoro, perché il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro e per l’economia; il lavoro ha il primato sul capitale e non il lavoro è al servizio del capitale. Inoltre – se ne abbia coscienza o no – non si può avere un’economia sana in una popolazione malata fisicamente o moralmente.
Negli ultimi tempi si è parlato molto di contrapposizione fra crescita economica e giustizia distributiva. Il principio di fraternità che integri il principio della centralità della persona richiede un’inversione di rotta: l’aumento della disponibilità di beni deve essere accompagnata da una crescita dell’equità distributiva.
Negli ultimi tempi (ma questo è destinato a continuare finanche ad accrescersi) si è parlato molto del contrasto fra crescita economica e distruzione del capitale naturale. Papa Francesco parla spesso di complementarietà fra l’umanità e la natura, ragion per cui la distruzione di capitale naturale costituisce un impoverimento per la società umana.
In conclusione, riferendomi al dibattito politico serio che non ci si limiti a enunciare le cose da fare, ma si riprometta di giungere a scelte che abbiano ben individuata la strada da imboccare, qualora s’incappi nei bivi che si possono incontrare combinando a due a due i tre obiettivi (crescita economica, giustizia e tutela del creato), alla luce dei valori della centralità della persona, della fraternità fra le persone e della tutela del creato.
La sostenibilità, ai tempi dello Stato autoritario di sorveglianza, tra prescrizioni e sanzioni, propone una separazione netta al principio di sostenibilità, non fosse altro che limitando per mano pubblica le libertà personali, crea una contraddizione in termini, sancendo una autorità superiore alle autorità che hanno costruito il diritto positivo, dopo la Costituzione del ’48. Per dire che la sostenibilità come declinata è un obiettivo, mentre il centro del problema che abbiamo di fronte è la realtà del nostro presente continuo alla fine del diritto, per come abbiamo imparato a interpretarlo fin qui. Rappresentazione reale del sistema dinamico che l’antropologia del capitalismo ha saputo costruire, separando un onnivoro potere oligarchico privato e, poi, pubblico, dai cittadini, intervenendo sulle limitazioni indotte ad arte dalla competizione, come unico spazio recintato in cui vivere. Da questa prospettiva, noti i perché, quel che conta non è la dissertazione delle definizioni d’ambito della sostenibilità, ma caricarci tutti della realtà dei perché dei deficit e delle mancanze che restringono spazi vitali a tutti noi e alla biodiversità e qualità dell’ambiente unico in cui viviamo, per arrivare ai “come” costruire un sistema dinamico come l’altro, che non si fondi sulla competizione, ma sulla solidarietà, unico strumento che ha valore sociale, economico e politico, nella libera e incontrollabile disponibilità a tutti noi, per incamminarci in campo libero, verso un’orizzonte dove far nascere la sostenibilità, come equilibrata armonia della democrazia, su tutti i piani dell’organizzazione umana come parte del Tutto. Invito a riflettere che le oligarchie private e pubbliche del capitalismo internazionale a matrice occidentale e anglosassone, sono coloro che dopo aver distrutto, si sono messi all’opera per ricostruire, col medesimo sistema dinamico che si avvale del pilota automatico delle tecniche digitali e dell’induzione a competere sulla limitazione delle risorse, lasciando che molti cadano nella trappola dell’individualismo che va alla guerra, e solo tra noi. Eppure, la nostra identità cristiana dovrebbe stimolarci e favorire quel cammino in comune.