Nella situazione attuale italiana, il voto ultimo ha una sua logica. Siamo al punto di non ritorno per la democrazia italiana? Solo il 50 % va a depositare la scheda nelle urne, al punto che giustamente si può dire che l’astensione ha vinto su tutti.
Nelle grandi città se ne avvantaggia il PD, soprattutto là dove ha funzionato l’accordo o la desistenza dei 5 Stelle. Enrico Letta vince a Siena dove si è presentato al voto poco meno del 36 % dei votanti. Non essendo ancora riuscito a delineare un futuro per l’Italia, si deve accontentare di quello che passa un convento disaffezionato e molto più interessato ad altro. Dopo la prima euforia, potrà venire una più consistente riflessione sullo stato di salute del processo democratico che non basta affrontare solo dicendosi avversari della destra. Non può bastare neppure che Salvini se la cavi giustificando con l’astensionismo e la scelta tardiva dei candidati del centrodestra l’aver toccato il punto più basso di consenso raggiunti negli ultimi anni.
Non ci si può più limitare a curare i sintomi e non preoccuparsi della malattia, alle cui cause concorre il centrodestra come il centrosinistra. I primi commenti dei risultati, che vengano da questo, quella o quell’altro segretario non ci fanno proprio sperare per il meglio.
Queste elezioni saranno ricordate come quelle del suicidio della destra, del sovranismo e del populismo Dobbiamo riandare al bollettino del generale Diaz con un mese esatto di anticipo all’anniversario del 4 novembre 1918: “I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”.
Silvio Berlusconi, uno dei meglio dotati nella sondaggistica politica, aveva messo le mani avanti poche ore prima del voto sostenendo la tesi che erano stati sbagliati tutti i candidati presentati dal centrodestra nelle grandi città. Un po’ tardi per tirarsi fuori da un disastro che, per quanto ciascuno proverà ad adattare alle spalle degli altri comprimari, tutti coinvolgerà: Matteo Salvini, Giorgia Meloni, ma anche Giancarlo Giorgetti cui sicuramente gli avversari interni nella Lega rimprovereranno “ardite” esternazioni pre-elettorali.
La crisi dell’intero sistema politico italiano, su cui noi insistiamo da tempo, guadagnandoci a corrente alternata la critica di chi crede ancora nella validità del bipolarismo, che si trovi a destra o a sinistra poco cambia, è lì dipinta con caravaggesca capacità di staccare l’ombra dalle luci senza possibilità d’appello. Cos’altro ci si deve attendere per andare al cuore dell’attuale vero problema della democrazia italiana?
Ha colpito un commento della Lucia Annunziata nel corso di uno dei tanti inutilmente lunghi incontri televisivi organizzati durante lo spoglio delle schede. La giornalista ha praticamente riconosciuto l’errore di prospettiva commesso per lunghi mesi quando, per prima lo ha fatto la sinistra, è stata data per inarrestabile l’avanzata della destra. In quella sua frase, però, sta tutta intera la speculare e complementare crisi che continua a vivere la sinistra. Sta pure il riconoscimento della vacuità di un certo giornalismo politico che, tra una elezione ed un’altra, rincorre tanta inconsistenza della politica spettacolo e personalizzata. Quella che, ad esempio, fa diventare Luigi Paragone il rappresentante di un fatto politico significativo per poi ritrovarcelo con un misero 2%, probabilmente incassato in quella minimissima area di contestazione irrazionale che continua a credere in quegli Ufo che si chiamano antieuropeismo, antieuro, no-vax e no, no… a qualunque cosa. Il guaio è che le cose continueranno come se non fosse stato niente.
La nostra è una democrazia malata. Ha bisogno di un punto a capo. Quello che può venire solamente da una nuova legge elettorale in grado di farci uscire dalla logica asfittica di un bipolarismo che ha distrutto il processo democratico. Non l’ha affatto rigenerato come si sono illusi, e hanno provato a illudere pure noi italiani, i tanti politologi bravi a commentare i dati elettorali, ma assolutamente incapaci a prevederli perché anch’essi all’oscuro di quelle dinamiche sociali da cui loro, i partiti e i governanti sono troppo distanti.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Nelle grandi città se ne avvantaggia il PD, soprattutto là dove ha funzionato l’accordo o la desistenza dei 5 Stelle. Enrico Letta vince a Siena dove si è presentato al voto poco meno del 36 % dei votanti. Non essendo ancora riuscito a delineare un futuro per l’Italia, si deve accontentare di quello che passa un convento disaffezionato e molto più interessato ad altro. Dopo la prima euforia, potrà venire una più consistente riflessione sullo stato di salute del processo democratico che non basta affrontare solo dicendosi avversari della destra. Non può bastare neppure che Salvini se la cavi giustificando con l’astensionismo e la scelta tardiva dei candidati del centrodestra l’aver toccato il punto più basso di consenso raggiunti negli ultimi anni.
Non ci si può più limitare a curare i sintomi e non preoccuparsi della malattia, alle cui cause concorre il centrodestra come il centrosinistra. I primi commenti dei risultati, che vengano da questo, quella o quell’altro segretario non ci fanno proprio sperare per il meglio.
Queste elezioni saranno ricordate come quelle del suicidio della destra, del sovranismo e del populismo Dobbiamo riandare al bollettino del generale Diaz con un mese esatto di anticipo all’anniversario del 4 novembre 1918: “I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”.
Silvio Berlusconi, uno dei meglio dotati nella sondaggistica politica, aveva messo le mani avanti poche ore prima del voto sostenendo la tesi che erano stati sbagliati tutti i candidati presentati dal centrodestra nelle grandi città. Un po’ tardi per tirarsi fuori da un disastro che, per quanto ciascuno proverà ad adattare alle spalle degli altri comprimari, tutti coinvolgerà: Matteo Salvini, Giorgia Meloni, ma anche Giancarlo Giorgetti cui sicuramente gli avversari interni nella Lega rimprovereranno “ardite” esternazioni pre-elettorali.
La crisi dell’intero sistema politico italiano, su cui noi insistiamo da tempo, guadagnandoci a corrente alternata la critica di chi crede ancora nella validità del bipolarismo, che si trovi a destra o a sinistra poco cambia, è lì dipinta con caravaggesca capacità di staccare l’ombra dalle luci senza possibilità d’appello. Cos’altro ci si deve attendere per andare al cuore dell’attuale vero problema della democrazia italiana?
Ha colpito un commento della Lucia Annunziata nel corso di uno dei tanti inutilmente lunghi incontri televisivi organizzati durante lo spoglio delle schede. La giornalista ha praticamente riconosciuto l’errore di prospettiva commesso per lunghi mesi quando, per prima lo ha fatto la sinistra, è stata data per inarrestabile l’avanzata della destra. In quella sua frase, però, sta tutta intera la speculare e complementare crisi che continua a vivere la sinistra. Sta pure il riconoscimento della vacuità di un certo giornalismo politico che, tra una elezione ed un’altra, rincorre tanta inconsistenza della politica spettacolo e personalizzata. Quella che, ad esempio, fa diventare Luigi Paragone il rappresentante di un fatto politico significativo per poi ritrovarcelo con un misero 2%, probabilmente incassato in quella minimissima area di contestazione irrazionale che continua a credere in quegli Ufo che si chiamano antieuropeismo, antieuro, no-vax e no, no… a qualunque cosa. Il guaio è che le cose continueranno come se non fosse stato niente.
La nostra è una democrazia malata. Ha bisogno di un punto a capo. Quello che può venire solamente da una nuova legge elettorale in grado di farci uscire dalla logica asfittica di un bipolarismo che ha distrutto il processo democratico. Non l’ha affatto rigenerato come si sono illusi, e hanno provato a illudere pure noi italiani, i tanti politologi bravi a commentare i dati elettorali, ma assolutamente incapaci a prevederli perché anch’essi all’oscuro di quelle dinamiche sociali da cui loro, i partiti e i governanti sono troppo distanti.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Lascia un commento