I ripensamenti del mainstream



AMERICANA di Beppe Mila    12 Giugno 2021       2

Nella politica USA qualcosa sta succedendo, per lo più in campo repubblicano, ma molto invece si sta muovendo, come vedremo, sul tema del racconto del Covid e della sua origine .

Ma iniziamo dalla politica. I democratici stentano a trovare una via o meglio una immagine forte da dare al mondo, specie in questo momento in cui la voce più forte del partito è quella della ultra radicale Alexandria Ocasio Cortez che è riuscita nelle settimane scorse (mentre infuriavano i combattimenti a Gaza) a bloccare l’invio di armi ad Israele per ben 735 milioni di dollari. Un fatto senza precedenti per gli USA.

L’establishment moderato del partito è abbastanza preoccupato ma al momento non riesce a trovare la quadra. Un fatto comunque è certo: il partito di presidenti come Roosevelt, Truman, Kennedy non può continuare ad essere schiacciato sull’ala radicale e sulla cancel culture di una parte di esso.

Non aiutano poi, anzi creano perplessità le virate ad U da parte dell’Amministrazione Biden sull’immigrazione e sull’origine del Covid-19, quest’ultima pur assai apprezzata dall’opinione pubblica. Ma molti, e non solo repubblicani, si interrogano più o meno così: “Ma come? se lo diceva Trump che il virus era sfuggito ai cinesi, era un pazzo; e oggi invece Biden ha dato addirittura ordine a tutte le agenzie federali di intelligence di scoprire la verità sull’origine del virus...”.

Stesso discorso per l’immigrazione: Trump era accusato di barbarie per il muro al confine del Messico. Oggi nulla è cambiato, la costruzione continua e la vicepresidente Kamala Harris, icona illuminata del politicamente corretto, va addirittura nei Paesi dell’America Centrale per dire senza giri di parole ai tanti che vorrebbero emigrare negli States: “Non venite, sarete rispediti indietro”.

Si prevede un bel fermento nei prossimi mesi.

In campo repubblicano le novità arrivano principalmente da nuove leggi emesse negli Stati in cui essi sono al governo. Il governatore repubblicano della Florida Ron DeSantis ha escluso il valore del passaporto vaccinale per entrare o uscire dallo Stato. Il governatore ha dichiarato che qualsiasi compagnia che fa affari in Florida, in particolare le compagnie di crociera, non può richiedere la prova della vaccinazione a un passeggero per salire a bordo. La legge dello stato della Florida, che vieta i passaporti per i vaccini, entrerà in vigore il 1° luglio: "Applicheremo la legge della Florida". Ha chiarito che le compagnie di crociera della Florida, come Royal Caribbean, non possono pretendere il certificato di vaccinazione Covid-19 per viaggiare sulla nave.

Sempre sul tema, la governatrice repubblicana Kay Ivey dell’Alabama ha vietato ogni forma di “passaporto vaccinale” firmando una legge che vieta alle imprese private e alle istituzioni pubbliche di richiederlo. La firma del provvedimento è arrivata dopo l’approvazione da parte dello Stato dell'Alabama per 76 voti favorevoli e 16 contrari qualche settimana fa. In questo provvedimento si afferma che gli Enti pubblici non possono rilasciare certificati di immunizzazione di un individuo ribadendo altresì che si sostiene il vaccino solo su base volontaria.

Tutto questo rientra comunque nel dibattito tipico di uno Stato democratico. Il vero cambiamento oggi sta avvenendo nei mass media, nel racconto di tutto quello che riguarda la pandemia.

L’ America è sempre un grande Paese e sovente è riuscita da sola a correggere errori ed aprire nuove prospettive, spesso aiutata da coraggiose inchieste giornalistiche. Il New York Times è una istituzione e nessuno ne mette in dubbio la storia, le sue tante inchieste, il suo modo professionale di far giornalismo, anche se lo scorso anno nel clima elettorale qualche sbavatura “liberal” non è mancata. Il NYT, comunque per la maggioranza degli americani è la Bibbia dell’establishment ed allo stesso tempo è la bestia nera per i complottisti di ogni genere che lo vedono come massima esemplificazione del tanto vituperato mainstream .

Ora succede che il 31 maggio scorso un suo editorialista, Bret Stephens, scriva un lungo e dettagliato articolo sul come è stata raccontata con falsità e censure l’origine del Covid, metta in discussione molto di quello detto sinora e lanci un durissimo atto di accusa sia ai social (Facebook in primis) sia ai media in generale.

Per la complessità, attualità e drammaticità dell’argomento, ritengo che la cosa migliore sia riportarne integralmente alcuni passaggi particolarmente significativi. Nota utile: il senatore repubblicano dell’Arkansas Tom Cotton che viene citato più volte in questo articolo fu il primo ad avanzare dubbi sull’origine del virus.

“Se si scoprisse che la pandemia di Covid è stata causata da una fuoriuscita del virus da un laboratorio di Wuhan, in Cina, ciò si classificherebbe tra i più grandi scandali scientifici della Storia. (…)

Ruolo dei media. Ma questo possibile scandalo, non ancora provato, oscura uno scandalo reale, che resta ancora da digerire. Mi riferisco al lungo rifiuto da parte di troppi “guardiani” dei media (sia social che mainstream) di prendere sul serio la teoria della fuga dal laboratorio. Le ragioni di questo – la faziosità estrema e l’affidarsi ingenuamente solo ai rapporti ufficiali – e i metodi con cui è stata imposta – censura e vilipendio – ricordano che a volte i nemici più pericolosi e distruttivi della scienza possono essere coloro che pretendono di parlare a suo nome.

Inizio della pandemia in USA. Riavvolgiamo il nastro al febbraio dell’anno scorso, quando persone come il senatore Tom Cotton hanno iniziato a sottolineare un insieme di fatti inquietanti: la strana coincidenza di una pandemia originata nella stessa città in cui un laboratorio cinese stava conducendo esperimenti di alto livello di biocontenimento sui virus di pipistrello; il rapporto preoccupante che alcuni dei primissimi pazienti con il Covid non avevano avuto contatti con i mercati alimentari da cui si supponeva che la pandemia avesse avuto origine; il fatto che il governo cinese avesse mentito e fatto ostruzionismo durante la crisi. Pensate quello che volete del repubblicano dell’Arkansas, ma queste erano osservazioni ragionevoli che giustificavano un’indagine indipendente. La reazione comune nei circoli liberal delle élite? Un giornalista del Washington Post l’ha definita una “teoria alternativa (...) ripetutamente contestata dagli esperti”.

I dubbi. Era oltraggioso pensare che il virus potesse essere sfuggito all’Istituto di virologia di Wuhan? Non se avete ascoltato la paziente, lucida e scientificamente ricca spiegazione del biologo evoluzionista Bret Weinstein… È stato saggio da parte dei giornalisti scientifici accettare la validità di una lettera del febbraio 2020, firmata da 27 scienziati e pubblicata su The Lancet, che insisteva freneticamente sulla “origine naturale” del Covid? Non se quei giornalisti avessero indagato sui legami tra l’autore principale della lettera e il laboratorio di Wuhan.

Ruolo di Facebook. L’obiettivo di aziende come Facebook dovrebbe essere quello di avvicinare il mondo, al posto di riciclare la disinformazione del governo cinese mentre copia i suoi metodi illiberali. A suo discapito, Facebook ha fatto marcia indietro la scorsa settimana.

I media oggi. Le organizzazioni mediatiche stanno tranquillamente correggendo (o modificando furtivamente) gli articoli sprezzanti dell’anno scorso, a volte usando la foglia di fico di “nuove informazioni” sui lavoratori del laboratorio di Wuhan che sono stati infettati già nell’autunno del 2019 con una malattia simile al Covid. E la comunità sanitaria pubblica sta dando un nuovo sguardo alla sua versione sulla origine del Covid…

Conclusioni. Eppure la teoria della fuga dal laboratorio, che si riveli giusta o meno, è sempre stata credibile. Anche se era Tom Cotton a crederci. Il buon giornalismo, come la buona scienza, dovrebbe seguire le prove, non le narrazioni. Dovrebbe prestare attenzione tanto ai fanatici intelligenti quanto alle autorità eminenti. E non dovrebbe mai trattare un onesto disaccordo come un’eresia morale. Chiunque si chieda perché così tante persone sono diventate così ostili alle dichiarazioni dei funzionari della sanità pubblica e dei giornalisti scientifici dovrebbe trarre la conclusione appropriata da questa storia”.

Spiace che questa pagina di buon giornalismo anglosassone non abbia avuto da noi il risalto che avrebbe meritato. Però noi non siamo l’America. Nelle conclusioni dell’articolo ognuno può leggere i dubbi e gli interrogativi che ogni giorno ci poniamo su questo flagello la cui storia (vera) è ancora tutta da scrivere. A dimostrazione poi, che almeno noi occidentali, siamo legati al medesimo carro, l’editorialista Bret Stephens rimarca come molte persone ormai sono scettiche di fronte alle dichiarazioni delle autorità e soprattutto dei virologi da salotto tv.


2 Commenti

  1. Ringrazio Beppe Mila per le sue molto apprezzabili e documentate corrispondenze dagli USA; questa in particolare ci presenta una fotografia di grande interesse del quadro politico nel paese.

  2. Ringrazio di cuore Franco Campia per il suo bel commento ma non solo. Mi fa piacere che si apprezzino, almeno un po’, articoli completamente dedicati all’estero, e come nel caso di Americana, esclusivamente agli USA, perché un pochettino noi italiani, me compreso, rimaniamo sempre un po’ provinciali. Questa nostra particolarità poco per volta dovrebbe diminuire, perché ci piaccia o no il mondo è un villaggio globale. Anche in questo momento in cui tutti cercano rifugio e sicurezze “nel particolare”. Infine per quel che riguarda gli USA, ormai da decenni anticipano mode e costumi prossimi venturi. Buoni e meno buoni.

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