Quanto è sostenibile la sovranità di Davos?



Giuseppe Davicino    29 Gennaio 2021       0

Tra gli elementi qualificanti del dibattito su “Rinascita popolare” vi è quello di rendere feconda anche per i nostri tempi una cultura politica dalla lunga tradizione, come quella del popolarismo, dopo che si è appena celebrato il 102 anniversario dall’appello ai Liberi e Forti di don Sturzo. A tal fine, e sotto la spinta di una situazione socioeconomica sempre più compromessa e di spazi di democrazia sempre più contratti, appare cruciale il tema di una rideclinazione del concetto di sovranità.

Prendo spunto da una recente trasmissione televisiva (Otto e Mezzo, 21 gennaio) nella quale il direttore di “Limes”, Lucio Caracciolo, esprimeva una costatazione, ovvia, ancorché fuori dai canoni del politicamente corretto, secondo cui l’Italia non è un Paese sovrano e che a decidere è il governo tedesco (insieme alla BCE e alle agenzie di rating).

Lo schema attuale di esercizio della sovranità, infatti, sembra divenuto una caricatura di quello che era stato progettato a livello globale ed europeo dopo la Seconda guerra mondiale. Credo si debba guardare con molta preoccupazione al fatto che a entrambi i livelli i vinti di allora si stanno sostituendo ai vincitori (e nostri liberatori anglo-americani). La Germania ha ricostituito il proprio asse con la potenza emergente dell’Asia, che ora è la Cina, al posto del Giappone.

E mentre la democrazia americana mostra di non aver ancora saputo reagire al trauma dell’ultima sua opaca stagione elettorale, con un nuovo presidente per molti versi sotto tutela (mentre si sta consumando dietro le quinte una storica resa dei conti interna fra poteri che potrebbe cambiare il volto dell’America degli ultimi 150 anni), Berlino rispolvera pericolose ambizioni da superpotenza globale, dopo aver ottenuto la propria egemonia sull’Europa, grazie soprattutto a un euro costruito male, a prevalente suo vantaggio, che le ha dato l’illusione di forza economica, costruita in realtà più sulla sua comprovata capacità di sfruttare e depredare gli altri Paesi europei che su un reale proprio dinamismo, impedito alla base dall’ottusità mercantilista della visione geopolitica tedesca. Infatti, come ha osservato il più noto giornalista economico del “Telegraph”, Ambrose Evans-Pritchard, “l’economia tedesca sembra bella solo all’interno del ‘concorso di bellezza regionale’ dell’Europa”, ma risulta strutturalmente inadeguata a stare al passo di Stati Uniti e Cina.

Il terzo (ma non in ordine d’importanza) polo della sovranità del mondo odierno, insieme a élite tedesca e nomenklatura del Partito comunista cinese, è costituito dalla cerchia degli ultramiliardari globalisti, alla Bill Gates, Soros, Bezos, e dalle grandi dinastie di banchieri. Un potere mondiale che in questi giorni sta tenendo il suo annuale Forum di Davos in teleconferenza, dopo aver progettato, innescato e indicato le risposte “ortodosse”, alla attuale crisi economico-pandemica. Risposte, imposte ai governi dai poteri globalisti, a un’emergenza, di molto amplificata dai media oltre la reale minacciosità del virus, che paiono caratterizzate da un duplice approccio di tipo carcerario e zootecnico. La terminologia usata è infatti quella che si applica nei luoghi di detenzione (lockdown, assembramenti) e in rapporto alle mandrie (contagi, vaccinazioni di massa). Parole che non fanno una grinza nella prospettiva (che noi formati ai principi della Dottrina sociale della Chiesa fatichiamo a comprendere) del Gotha dell’economia, della finanza e del digitale per cui gli esseri umani sono considerati al pari di una qualsiasi altra commodity (come il carbone, il legname o il cacao). E dunque da utilizzare nel modo più redditizio possibile. Senonché la fase dello sfruttamento intensivo dei lavoratori risulta velocemente sostituita dall’avvento dei processi di automazione digitale. Così la nuova priorità per costoro si è tramutata in obiettivi maltusiani: una drastica riduzione della popolazione mondiale, ottenuta attraverso una contrazione dell’economia mondiale (condita da temi ecologisti che stanno agli antipodi della prospettiva della Laudato Si’) assolutamente voluta e progettata, tale anche da mascherare le responsabilità dell’astronomico dissesto finanziario in cui la speculazione ha spinto il mondo, costruendo una montagna di debiti di gran lunga superiore al PIL globale.

Orbene, se le cose funzionano nel modo sommariamente indicato, ogni qual volta si critica, a ragione, l’illusione nazionalista occorre con altrettanta chiarezza stigmatizzare lo stravolgimento dell’esercizio di una sovranità sovranazionale e condivisa, cui stiamo assistendo. Tutti coloro che credono, nei fatti non solo a parole, nel progetto europeo debbono lavorare affinché la frase “ce lo chiede l’Europa” cessi di significare in concreto “ce lo impone l’interesse nazionale tedesco”. E tutti coloro che ritengono ancora valido il ruolo delle Nazioni Unite devono aver presente che la crisi degli Stati Uniti, che sono stati i garanti di una governance mondiale possibile per 75 anni, sta venendo sostituita da un asse a vocazione totalitaria, incentrato su élite tedesca, nomenklatura comunista cinese e miliardari globalisti. Lo schema di governo, visto ad esempio all’OMS, ma anche in altri organismi sovranazionali, dove alcuni governi e alcuni magnati, falsamente definiti “filantropi”, si accollano larga parte dei finanziamenti di questi enti al punto da condizionarne le priorità rispetto ai loro obiettivi, non può più funzionare. Perché la sovranità espressa dagli ambienti di Davos è quella di un mondo ricostruito meglio (build back better), meglio per una nicchia, quella dei miliardari, depopolato, trasformato in un grande campo di concentramento ove sorvegliare il resto dell’umanità grazie a un uso perverso delle tecnologie digitali, invasivo al punto da controllare il pensiero e la volontà delle persone trasformate in automi. Finché dietro a molte organizzazioni internazionali si celerà quell’asse che mira a sostituirsi agli Stati Uniti nella gestione del potere mondiale con metodi dittatoriali e liberticidi non potrà esservi una vera sovranità condivisa a livello globale e ai fautori del ritorno alle sovranità nazionali non mancheranno argomenti in loro favore, provenienti dai disastri che sta provocando l’esclusivo esercizio privato, tedesco e cinese della sovranità.

Nella nostra cultura politica possiamo trovare le ragioni per rilanciare una declinazione del concetto di sovranità rispettoso della dignità umana (perché in ultima analisi sono ciascuna singola persona i detentori della sovranità) e della uguale dignità di tutti i popoli della terra. Occorre solo esserne consapevoli, volerlo e porlo come prioritario.


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