Perché AMERICANA
Se ormai è assodato e da tutti accettato che il mondo oggi è un villaggio globale, è altrettanto vero che per noi occidentali alcuni posti sono più vicini ed importanti rispetto ad altri. Gli Stati Uniti d’America, sicuramente sono uno dei luoghi più importanti perché dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi sono una costante nella nostra vita quotidiana per come la influenzano. Un tempo quello che succedeva nella società americana entro due decenni sarebbe successo da noi, ma oggi questo lasso di tempo si è ridotto a pochi anni. Conoscere quello che succede negli USA, come vive la gente normale, quali speranze e timori hanno per il futuro può esser importante e anche curioso. Il pensiero e le tendenze sociali influenzano il voto degli americani e la loro politica, a partire dalla scelta del Presidente, e tutto questo avrà effetti anche sulla nostra politica. Basti pensare alle norme sul commercio che possono favorire o penalizzare i nostri prodotti. Così è lo stesso per la vita quotidiana, soprattutto i rapporti personali, i diritti civili, i progressi o i ritorni al passato nel mondo del lavoro, il diffondersi delle gang giovanili nelle città. Uno sguardo più approfondito su quella che è appunto la vita Americana ci apre una finestra il cui panorama può esser interessante e spesso per nulla scontato.
Da qualche settimana ogni pomeriggio alle 18, La7 ripropone la serie tv The good wife, un legal-drama di spessore. In America questo sceneggiato di ben sette stagioni consecutive per un totale di 156 puntate è stato uno dei lavori che ha ottenuto più successo, sia di pubblico che di critica, ogni puntata è stata seguita mediamente da 15 milioni di persone e sono innumerevoli i premi Emmy Awards, Golden Globe ecc. vinti. Prodotta da un mostro sacro come Ridley Scott è ritenuta uno dei migliori prodotti televisivi degli ultimi dieci anni.
È una serie girata prevalentemente in interni, senza alcuna scena violenta, sparatoria o volgarità e tratta le vicissitudini quotidiane di uno studio legale di Chicago avente come filo conduttore le vicissitudini di Alicia Florrick (interpretata da Julianna Margulies) avvocato, moglie del Governatore dell’Illinois in disgrazia, che deve riprendere a lavorare per il bene della famiglia (da qui the good wife = la buona moglie). La peculiarità di questo sceneggiato, al di là del personaggio di Alicia Florrick, diventata una vera e propria icona, è che ogni puntata è imbastita su un processo e suoi relativi dibattiti, indagini e retroscena. Che c’è di nuovo? dirà qualcuno. Di nuovo è che i processi sono tutti etici, ovvero sulla brutalità della polizia, sulla procreazione assistita, sull’utero in affitto, sulle discriminazioni sul posto di lavoro e così via, e gli esperti ritengono che sia proprio questo suo “raccontare la realtà quotidiana” ad averne determinato il successo.
Orbene nell’ambito della sesta stagione, per ben tre puntate consecutive si parla dei brogli elettorali avvenuti nell’elezione a Procuratore di Stato della protagonista. Elezioni vinte, alle quali ha dovuto rinunciare per denuncia di brogli. Nonostante la nostra eroina non ne avesse commessi, dagli stessi vertici del suo partito è stata costretta a dimettersi perché in parallelo si svolgeva l’elezione per un seggio senatoriale determinante per la maggioranza al Senato e lì sì che le macchinette per contare i voti erano state davvero truccate per favorire un candidato. Ovviamente tutti avevano interesse a non sollecitare polveroni, e si è sacrificato il più debole. Per evitare inutili polemiche non dico il partito, ma nello sceneggiato lo si cita tranquillamente.
Ora, se uno sceneggiato di questo livello per ben tre puntate consecutive imposta la trama su un fatto del genere, significa che anche nel quotidiano e nell’opinione pubblica si pensa che queste macchinette possano essere manomesse e tutti lo sanno. Oltretutto le macchinette sono fornite da industrie private e, come per ogni appalto pubblico, si prestano a ogni genere di strumentalizzazione.
L’altro elemento di dubbio è il voto postale che per sua natura non può essere certificato e non può essere sicuro. Inoltre ogni Stato ha le sue regole per accettarli, chi solo pochi giorni prima, chi un mese prima e così via. Capiamo così perché abbia avuto buon gioco Donald Trump nel gridare ai brogli elettorali, ascoltato da molti milioni di suoi elettori.
Democratici e repubblicani sanno che sono due temi a cui va messo mano, perché ad ogni elezione le accuse reciproche di brogli si sprecano. Ma, come succede in Italia per il sistema elettorale che tutti riconoscono da riformare, passate le elezioni chi vince non si sogna di andare a modificare il sistema di voto. Così è, perché – mai come in questo caso – tutto il mondo è paese.
Se ormai è assodato e da tutti accettato che il mondo oggi è un villaggio globale, è altrettanto vero che per noi occidentali alcuni posti sono più vicini ed importanti rispetto ad altri. Gli Stati Uniti d’America, sicuramente sono uno dei luoghi più importanti perché dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi sono una costante nella nostra vita quotidiana per come la influenzano. Un tempo quello che succedeva nella società americana entro due decenni sarebbe successo da noi, ma oggi questo lasso di tempo si è ridotto a pochi anni. Conoscere quello che succede negli USA, come vive la gente normale, quali speranze e timori hanno per il futuro può esser importante e anche curioso. Il pensiero e le tendenze sociali influenzano il voto degli americani e la loro politica, a partire dalla scelta del Presidente, e tutto questo avrà effetti anche sulla nostra politica. Basti pensare alle norme sul commercio che possono favorire o penalizzare i nostri prodotti. Così è lo stesso per la vita quotidiana, soprattutto i rapporti personali, i diritti civili, i progressi o i ritorni al passato nel mondo del lavoro, il diffondersi delle gang giovanili nelle città. Uno sguardo più approfondito su quella che è appunto la vita Americana ci apre una finestra il cui panorama può esser interessante e spesso per nulla scontato.
Da qualche settimana ogni pomeriggio alle 18, La7 ripropone la serie tv The good wife, un legal-drama di spessore. In America questo sceneggiato di ben sette stagioni consecutive per un totale di 156 puntate è stato uno dei lavori che ha ottenuto più successo, sia di pubblico che di critica, ogni puntata è stata seguita mediamente da 15 milioni di persone e sono innumerevoli i premi Emmy Awards, Golden Globe ecc. vinti. Prodotta da un mostro sacro come Ridley Scott è ritenuta uno dei migliori prodotti televisivi degli ultimi dieci anni.
È una serie girata prevalentemente in interni, senza alcuna scena violenta, sparatoria o volgarità e tratta le vicissitudini quotidiane di uno studio legale di Chicago avente come filo conduttore le vicissitudini di Alicia Florrick (interpretata da Julianna Margulies) avvocato, moglie del Governatore dell’Illinois in disgrazia, che deve riprendere a lavorare per il bene della famiglia (da qui the good wife = la buona moglie). La peculiarità di questo sceneggiato, al di là del personaggio di Alicia Florrick, diventata una vera e propria icona, è che ogni puntata è imbastita su un processo e suoi relativi dibattiti, indagini e retroscena. Che c’è di nuovo? dirà qualcuno. Di nuovo è che i processi sono tutti etici, ovvero sulla brutalità della polizia, sulla procreazione assistita, sull’utero in affitto, sulle discriminazioni sul posto di lavoro e così via, e gli esperti ritengono che sia proprio questo suo “raccontare la realtà quotidiana” ad averne determinato il successo.
Orbene nell’ambito della sesta stagione, per ben tre puntate consecutive si parla dei brogli elettorali avvenuti nell’elezione a Procuratore di Stato della protagonista. Elezioni vinte, alle quali ha dovuto rinunciare per denuncia di brogli. Nonostante la nostra eroina non ne avesse commessi, dagli stessi vertici del suo partito è stata costretta a dimettersi perché in parallelo si svolgeva l’elezione per un seggio senatoriale determinante per la maggioranza al Senato e lì sì che le macchinette per contare i voti erano state davvero truccate per favorire un candidato. Ovviamente tutti avevano interesse a non sollecitare polveroni, e si è sacrificato il più debole. Per evitare inutili polemiche non dico il partito, ma nello sceneggiato lo si cita tranquillamente.
Ora, se uno sceneggiato di questo livello per ben tre puntate consecutive imposta la trama su un fatto del genere, significa che anche nel quotidiano e nell’opinione pubblica si pensa che queste macchinette possano essere manomesse e tutti lo sanno. Oltretutto le macchinette sono fornite da industrie private e, come per ogni appalto pubblico, si prestano a ogni genere di strumentalizzazione.
L’altro elemento di dubbio è il voto postale che per sua natura non può essere certificato e non può essere sicuro. Inoltre ogni Stato ha le sue regole per accettarli, chi solo pochi giorni prima, chi un mese prima e così via. Capiamo così perché abbia avuto buon gioco Donald Trump nel gridare ai brogli elettorali, ascoltato da molti milioni di suoi elettori.
Democratici e repubblicani sanno che sono due temi a cui va messo mano, perché ad ogni elezione le accuse reciproche di brogli si sprecano. Ma, come succede in Italia per il sistema elettorale che tutti riconoscono da riformare, passate le elezioni chi vince non si sogna di andare a modificare il sistema di voto. Così è, perché – mai come in questo caso – tutto il mondo è paese.
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