Italia alla deriva sul tema migranti



Lorenzo Dellai    3 Settembre 2020       2

Non bastano più le pur giuste, doverose e coraggiose dichiarazioni di principio sulla necessità di rispettare i diritti umani dei disperati che cercano di lasciare le coste africane per raggiungere l’Europa attraverso il nostro Paese.

È vero: c’è uno spartiacque etico che separa chi avverte il dovere di salvare vite umane – come ricorda sempre papa Francesco – da chi questo dovere non lo avverte, per cinismo, calcolo o paura.

Ma il compito della politica e delle Istituzioni è più esigente. Richiede la capacità di gestire le situazioni e di trovare misure ragionevoli per far sì che questo imperativo morale (e, per chi crede, anche religioso) sia perseguito con efficacia, razionalità e sostenibilità sociale.

Abbiamo bisogno di profeti ma, assieme, di capaci gestori delle emergenze e di lucidi lettori di ciò che succede.

Certo, ci servono profeti, come Francesco e, per fortuna, tanti altri, noti e meno noti, perché altrimenti i nostri cuori si induriscono, la nostra resistenza alle tentazioni della paura diventa via via più flebile e finiamo con il giustificare ogni forma di egoismo collettivo.

Ma senza una visione strategica e senza capacità politica ed operativa, la battaglia è persa.

L’alternativa alla “non politica” della destra in tema di immigrazione (chiusura dei porti, blocco navale, allarme invasione, criminalizzazione degli immigrati e via dicendo) non può essere la passiva osservazione di ciò che accade. Europa e Governo italiano non stanno dimostrando di possedere visione e capacità di gestione adeguate alla bisogna.

Quanto alla visione, basti pensare alla Tunisia, Paese dal quale partono molti dei disperati che in questi giorni sbarcano a Lampedusa e sulle altre coste italiane. Da anni tutti sapevano che la Tunisia era l’unico Paese della sponda Sud del Mediterraneo ad aver imboccato la strada difficile della democrazia, dopo la stagione altrove fallimentare delle primavere arabe. E tutti sapevano che senza una sorta di “Piano Marshall” europeo a favore della crescita economica e sociale della Tunisia questa anomalia sarebbe stata travolta dal fondamentalismo islamico e dalla spinta alla emigrazione di massa verso l’Europa.

Non si è fatto quasi nulla. Anzi, siamo stati perfino capaci di ingaggiare una sorta di “guerra dell’olio”, per impedire ai coltivatori tunisini di vendere il loro prodotto in Europa e abbiamo di fatto azzerato o quasi i programmi di cooperazione allo sviluppo annunciati nei giorni delle rivolte democratiche promosse dalle donne, dai giovani e dalla società civile tunisina.

Cosi come abbiamo tolto dalle nostre priorità i progetti di finanziamento destinati a sostenere lo sviluppo economico e sociale di molti Paese africani, quando invece (come hanno ben capito i cinesi) una crescente parte dell’Africa stava diventando un possibile partner anche economico.

Ora raccogliamo i frutti di questa miopia. E li raccogliamo sul piano geopolitico, nonché su quello della penetrazione del fondamentalismo islamico e della spinta migratoria.

Quanto alla capacità di gestione, non siamo stati capaci di organizzare un sistema europeo di screening giuridico sul territorio della sponda sud del Mediterraneo, necessario ai fini di adeguati e sicuri canali umanitari per l’ingresso in Europa dei profughi aventi diritto di asilo e – men che meno – di prevedere e governare quote di ingresso regolare dei lavoratori dei quali i nostri sistemi produttivi hanno assoluto bisogno. Abbiamo fatto come gli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia. Abbiamo immaginato di poter fermare il mare con secchiello e paletta e poi, visto che non ci siamo riusciti, abbiamo decretato (l’ha fatto l’ex ministro Salvini) che gli immigrati non regolari, sul nostro territorio, semplicemente “non esistono”. Ed invece esistono. Ed esisteranno.

Come esistono i problemi sociali e di convivenza che questa “non gestione” del fenomeno ha comportato e comporterà. Chi crede nel valore della accoglienza e di una società aperta non deve negarli. Sarebbe sciocco e, oltretutto, sarebbe un grande favore alla destra xenofoba e sovranista. Deve invece riconoscerli, condividerli col popolo ed affrontarli.

Invece che gridare inutilmente alla luna, come fa molta parte della destra, occorre predisporre una risposta concreta e responsabile.

Solidarietà e accoglienza, ma rispetto delle regole, di tutte le regole; progetti di lavori socialmente utili e anche esperienze di lavoro nelle imprese per i richiedenti asilo; impegno per l’integrazione linguistica e comunitaria; rilancio di una politica di cooperazione allo sviluppo verso i paesi di provenienza, con iniziative di accompagnamento, per chi così sceglie, ad un rientro assistito.

Tante realtà locali italiane potrebbero essere laboratori positivi e creativi. I territori capaci di affrontare questa sfida saranno non solo più “giusti”, ma anche più competitivi e sicuri. Perché sapranno trasformare le emergenze in opportunità.

Abbiamo una grande risorsa per capire meglio la necessità di affrontare con coraggio, lungimiranza e saggezza questa sfida: sono le migliaia di ragazze e ragazzi italiani (pienamente italiani) delle seconde e terze generazioni di immigrati. Si tratta di cittadini che talvolta non sono considerati “né carne, né pesce”. Essi sono in realtà le nostre vedette verso la società del futuro. Hanno il compito di evitarci gli scogli perigliosi e di aiutarci nella rotta.

Ascoltiamoli e valorizziamoli, così saremo più capaci di interpretare il senso profondo di un Paese che muore di banalità e di chiusura, mentre vive di scommesse ardite e ambiziose.

Anche questo fa parte della “missione” di una nuova formazione politica di ispirazione popolare.


2 Commenti

  1. Mi dispiace ma sono costretto a dire che questa bella lezione sull’immigrazione non può che sortite il “niente”. Rimane solo una colpa ed è quella di Salvini anche se in questo momento egli non conta un fico secco! Ma tant’è! Tutti questi bei discorsi hanno provocato la convinzione che in Italia si può, per volere dei buonisti, entrare e non uscire, a piacimento. La parola “confini” non esiste più o ha perso il suo significato. Un fatto è certo: dai paesi africani emigrano solo coloro che poveri non sono. Quelli rimangono a marcire…! Le ONG fanno affari d’oro e si sono organizzate tecnicamente con navi, aerei e satellitari e “salvano” quasi a colpo sicuro i migranti, che sono solo economici. Quelli non economici sono solo donne, regolarmente incinte, o minori che minori non sono affatto e ciò per intenerire il cuore delicato degli italiani. Questi ultimi sono accettati dai trafficanti gratis o a prezzi molto bassi! Ora li mettiamo tutti in quarantena su navi che costano all’erario un milione di euro al mese e cosi i contagiati contageranno tutti gli altri come è già avvenuto sulle navi da crociera di lusso. Poi li trasferiremo nei nostri ospedali perché non possiamo mica farli morire! Alla resa dei conti nessuno di questi politici o buonisti pagherà nulla . Sarà il popolo bue a pagare! Abbiamo sottoscritto in passato un accordo dove i migranti debbono essere individuati nel luogo di primo approdo: Conseguenza: quando questi “poveretti” approdano in Italia, restano qui perché nessuno li vuole e se scappano in altri Paesi, ce li restituiscono subito! Nessuno però si azzarda a dire che queste nazioni sono cattive, anzi… esse aiutano le ONG ad armare nuove ed efficienti imbarcazioni per “salvare” vite umane che, poi, ci depositano regolarmente nei nostri porti. Se qualcuno si oppone, lo denunciamo tramite giudici che conoscono bene cavilli delle norme. E la giostra continua e non si sa fino quando. Meditate gente!…Meditate!

  2. Condivido i passaggi essenziali dell’analisi di Dellai: stiamo scontando (e il disordine migratorio ne è una conseguenza ma non la sola) la “non” politica estera mediterranea di Europa e Italia; che dire del cedimento alla sciagurata impresa libica del trio Clinton (Hillary) Sarkozy Cameron assecondata forse obtorto collo da Obama? La Turchia persegue con lucidità il proprio progetto c.d. neoottomano e si propone, perseguendo i propri interessi estrattivi, come imprescindibile punto di equilibrio nel Mediterraneo; l’errore compiuto dai paesi europei, il mancato sostegno della fragile democrazia tunisina era presupposto in nuce nella miope incapacità di promuovere una migliore integrazione della Turchia in seno alla comunità. Solo in una maggiore integrazione avrebbe potuto svilupparsi, magari in forma di prudente compromesso, una soluzione al drammatico problema curdo; e forse la Turchia sarebbe riuscita ad avviare un percorso collettivo di ripensamento del cigno nero della sua storia recente, lo sterminio del popolo armeno; l’isolamento invece ha gonfiato i muscoli del nazionalismo neoottomano e compromesso la libertà di pensiero in quel paese. Dellai ripropone l’eterno contrasto fra politica e morale;”mettere a terra” i valori morali significa tenere conto di quel principio di realtà che è l’intima curvatura della dimensione politica: altrimenti l’etica si riduce a mero principio astratto che soddisfa sì le coscienze individuali ma si lascia esiliare dalla storia. Sulla questione migratoria: non direi che la destra ha una non politica; ha una politica: poco coerente con la morale, rozza, sfrontata, ma è una politica. E’ l’attuale governo a non avere una politica. Anziché denunciare unilateralmente il trattato di Dublino ha firmato un accordo fasullo a Malta. Anziché promuovere attivamente politiche alternative a quelle della destra preferisce fingere di ignorare i problemi e trascinare in tribunale un ministro per gli atti svolti nell’esercizio delle proprie funzioni (non mi passa per la testa il proposito di difendere l’operato di quel ministro ma è segno di estrema debolezza regolare i conti con gli avversari politici in tribunale). L’uomo che conosceva con disincanto pregi e difetti delle ONG, sto parlando di Minniti, è sparito dai radar. Certo: dovremmo avviare un processo di accoglienza e selezione dei richiedenti asilo dall’altra parte del Mediterraneo (nel rispetto realistico di precisi requisiti quantitativi e qualitativi) e portarli in Italia su un comodo charter e non su un barcone dove i criminali li stipano come bestie; questo dovrebbe fare un Paese avanzato e civile con tanti saluti alle capitane che si divertono a speronare i mezzi della Guardia di finanza. Ma esistono ormai le condizioni politiche interne e internazionali per una simile politica?

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