Interessante la proposta Monti



Giuseppe Davicino    17 Marzo 2020       3

L’intervento di Mario Monti sul "Corriere della Sera", sulle prospettive dell’economia europea dopo l’emergenza coronavirus e con la proposta di creare “Buoni di Salute Pubblica”, è di quelli in grado di smuovere le acque di un dibattito che in queste settimane non può che risultare fagocitato dall’emergenza sanitaria. Ci aiuta a vedere la nostra emergenza in relazione a come la vedono gli altri: i nostri partner europei, soprattutto quelli/o che hanno/ha maggiore voce in capitolo, e “i mercati”, il “sistema” finanziario internazionale, con i quali volenti o nolenti si deve fare i conti.

Inoltre, ci ricorda che, inesorabilmente, verrà un dopo a questa emergenza sanitaria, una fase in cui la dura legge dei numeri finirà per avere il sopravvento su quel clima di empatia al quale il coronavirus ha aperto uno spiraglio per potersi propagare in Europa. Uno spiraglio che realisticamente presto verrà richiuso dal riemergere di divergenti interessi particolari, fra gli Stati, fra il Nord e il Sud dell’Europa. Dunque, l’occasione propizia, benché causata da una grave pandemia, per riprendere un cammino di integrazione europea capace di superare gli squilibri economici, sui quali si era arenato, non va sciupata.

In questo intento sembra senz’altro collocarsi la proposta avanzata da Monti di un prestito irredimibile per la salute. Prestito non rimborsabile, di importo assai consistente (presumibilmente nell’ordine delle centinaia di miliardi), in qualche modo atto a scongiurare il ricorso ad una patrimoniale di uguale entità.

Le osservazioni che si possono fare sul merito della proposta mi paiono essenzialmente le seguenti.

L’aver individuato nella sanità un patrimonio comune indispensabile per la ripresa oltre l’emergenza, su cui investire, costituisce un riconoscimento che il sistema sanitario pubblico, e più in generale tutto il welfare, costituisce una infrastruttura talmente indispensabile per lo sviluppo, che occorre invertire la tendenza al suo smantellamento, si potrebbe osservare, anche per mere ragioni di bilancio.

La proposta di Monti, con ottima scelta dei tempi, però va oltre. Indica anche un abbozzo di modello finanziario con cui sostenere gli investimenti di cui necessita il nostro sistema sanitario. Lo strumento del prestito irredimibile offre il vantaggio di non aumentare il debito per il futuro. Nel contempo offrirebbe un investimento e clausole allettanti (guardando ai normali tassi tendenti ormai al negativo) per i clienti del private banking, per le banche, ma anche per gli investitori internazionali verso i quali semmai andrebbero posti in atto dei meccanismi di dissuasione. Essendo una bozza, quella di Monti, un sasso gettato in una direzione giusta e utile, poi, a mio avviso, toccherebbe alla politica calibrarla nel modo più rispondente alle necessità attuali, introdurre quei dettagli, anche se molto tecnici, che, come sempre fanno la differenza. Il maggiore di questi dettagli – come incentivo ad aderire a un prestito irredimibile per la gran parte dei risparmiatori che non possono contare su un patrimonio cosi vasto da potersi permettere di vedere una parte dei loro investimenti non rimborsata – consiste nell’introdurre modalità che consentano a tali titoli di poter essere trattati non solo nel mercato secondario, come ipotizza Monti, bensì anche nelle transazioni fra contribuente e fisco, fra famiglie e negozi, fra imprese. Così gli effetti antideflattivi di tale misura non potrebbero che rivelarsi assai interessanti.

L’altro ordine di considerazioni che suggerisce la proposta dell’ex premier attiene alla sua efficacia in relazione al quadro generale, soprattutto europeo. La situazione, fortunatamente, appare in evoluzione anche se in direzioni ancora non chiare e contrastanti. Dalla Germania giungono segnali che in qualche misura autorizzano a pensare che non è lontano il momento in cui il governo di Berlino dovrà attingere all’ingentissimo (e vietato ai sensi dei Trattati europei) suo attivo di bilancio per fronteggiare la crisi. D’altra parte i linguaggi che si usano alle latitudini del Mare del Nord appaiono ancora ben diversi di quelli delle latitudini mediterranee. Così mentre da una sponda si parla manco di sospensione del patto di stabilità, ma appena di applicazione di clausole per le grandi crisi, in esso contenute, dall’altra se ne avverte la necessità vitale di archiviazione. Per non dire del bastone scagliato nell’ingranaggio del contrasto all’emergenza dalla presidente della BCE Christine Lagarde, proprio quando l’Italia si attende, come ha rivendicato con fermezza il presidente Mattarella, solidarietà. Si è passati dal “what ever it takes” di Mario Draghi, al “not here to close” dell’improvvida dichiarazione dell’ex direttrice del FMI.

In questo marasma di segnali non è facile orientarsi, ma con sufficiente ragionevolezza si possono intravedere alcune linee di tendenza che alla politica conviene considerare.

La prima di queste tendenze, anche se ovviamente non dichiarata, è l’istinto di sopravvivenza del sistema basato sulla finanziarizzazione estrema dell’economia, a salvare se stesso. E dunque le sollecitazioni che giungono da tale ambito vanno sempre mediate e composte con il bene comune.

L’altra tendenza, che pare suffragata anche dalle più recenti dichiarazioni delle istituzioni europee e dei responsabili dei più influenti stati membri, è quella di considerare la crisi da coronavirus come una parentesi, oltre la quale torneranno a valere le regole e il sistema precedente, come se non esistessero le sterminate e incontrovertibili analisi e previsioni che davano comunque, a prescindere dal virus, per il 2020 una profonda crisi globale economica, finanziaria e commerciale, una crisi di sistema.

Mai come in questa difficile ora l’esercizio della responsabilità politica appare gravoso e complesso, perché è chiamato a discernere se quella che stiamo attraversando sia una emergenza, ricomponibile a livello globale e nell’UE, nel quadro delle regole economiche ante-coronavirus, oppure ne richieda con urgenza di nuove. Ecco, dallo scioglimento di questo nodo cruciale, che comunque si decida finirà per avere conseguenze enormi per il nostro futuro, credo passi anche molta della efficacia che potrà avere la proposta del senatore Monti, se volta a rivitalizzare il nevralgico ambito sanitario, in un contesto di generale logoramento e decadimento economico, sociale e culturale oppure, cosa ben diversa, avere una sanità più forte in un quadro complessivo di rinascita su nuove basi da costruire insieme.

Tocca alla politica decidere, perché comunque vadano le cose saremo solo noi tutti, italiani ed europei, ad essere artefici del nostro destino, del nostro benessere come delle nostre nuove disgrazie.


3 Commenti

  1. Diavolo di un Monti! Dopo lustri in cui ha sparato a zero sul debito pubblico italiano (il padre di tutti i mali dell’economia italiana, il comportamento spregevole di una nazione che consuma oggi lasciando il conto dell’onere alle generazioni future ecc.), oggi, il progetto qui illustrato e sostenuto da Davicino, modifica la sua posizione proponendo l’emissione di un cospicuo stock di nuovo debito pubblico che denomina “buoni italiani di salute pubblica”, che sono pur sempre titoli del debito pubblico.
    Così facendo sposa la linea (in verità sostenuta da non molti analisti) che il debito pubblico non sia di per sé né cosa buona né cosa cattiva: dipende dalla qualità sociale della spesa che l’indebitamento pubblico permette di realizzare; ad esempio, cosa non buona il finanziamento di spesa per l’acquisizione di armamenti, ma cosa buona se si tratta di finanziare spesa per la salute.
    I buoni in parola dovrebbero fruttare interessi molto bassi e sarebbero destinati principalmente ai mercati finanziari internazionali (non sarebbero quindi una riformulazione in grande dei vituperati “mini-bond”, d’ispirazione leghista, atti a svolgere il ruolo di pseudo moneta interna) e dovrebbero avere lunghissima durata o anche essere irredimibili (cioè nei confronti dei quali il soggetto emittente non indicherebbe la scadenza del rimborso).
    Quindi titoli di tipo altamente speculativo, in quanto, in via teorica, oscillazioni dello spettro dei tassi d’interesse di mercato si riflettono in oscillazioni, in direzione opposta, dei corsi dei titoli con cedola fissa tanto più quanto più lunga è la durata della vita residua dei titoli stessi, e massimamente se i titoli sono irredimibili.
    A questo punto, non potrebbe essere che la proposta di Monti non contenga semplicemente un messaggio subliminare di disponibilità degli attori leader dei mercati finanziari internazionali a concedere credito all’Italia (e perché non anche ad altri paesi?) in un momento così difficile della loro vita economica e sociale, anche nella consapevolezza che, se i tassi d’interesse di mercato – attualmente fissi su valori storicamente assai bassi – dovessero variare, lo farebbero verso l’alto, con iniziali inevitabili perdite in termini di valori capitale dei titoli?

  2. Nella trasmissione del mio commento sopra riportato, è saltato l’ultimo capoverso, che riporto qui di séguito.
    “A ogni modo, è evidente che ciò di cui ho parlato sopra non può essere che un pannicello caldo. La vera riforma strutturale che l’attuale crisi sanitaria ed economica dell’Europa ci richiede è il passaggio a un’Europa che sia un soggetto politico, economico, sociale unitario, con bilancio unico – pur con la presenza di bilanci particolari dei singoli stati, che permettano l’operatività, per ciascuno di essi, del principio di sussidiarietà. Con questa riforma, sarà l’Unione Europea, se lo riterrà opportuno, a indebitarsi, anche con l’emissione di “eurobond”, o a rilasciare garanzie a bond emessi dai singoli stati, sempre per l’esercizio del principio di sussidiarietà.
    Sempre i momenti di grave crisi portano seco l’indicazione delle vie attraverso le quali uscire dalla crisi stessa, per chi è capace di vederle.

  3. Grazie Daniele. Noi federalisti europei, predicavamo gli eurobonds prima per l’innovazione, poi per la crisi 2008 e in Grecia, poi per la politica ambientale. Eravamo presi per visionari, utopisti o antinazionali. Speriamo che ” Per aspera ad astra.

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