Riconciliare la classe media con la democrazia



Giuseppe Davicino    11 Settembre 2019       0

Se un osservatore esterno dovesse ricostruire l’attuale fase storica sulla base del dibattito intorno al rilancio del ruolo del Popolarismo, come pure sulla base dei passaggi politici che hanno portato alla nascita del governo Conte-bis, probabilmente arriverebbe alla conclusione che si tratti di una fase caratterizzata dal prevalere della stabilità e dall’assenza di rilevanti tensioni.

Il dibattito su una nuova stagione di impegno per i cattolici in politica, pur facendo emergere grandi potenzialità, appare incagliato negli scogli delle geometrie politicistiche e tradisce una sostanziale indifferenza verso la scelta delle priorità per fronteggiare le gravi emergenze di questo momento storico. Una impressione analoga si ricava dalle modalità con cui è nato il governo M5S-PD-LeU. Sorto dalla somma di due interessi immediati e trasversali: il primo, benemerito, isolare Salvini; il secondo, molto meno epico, evitare lo scioglimento anticipato delle Camere i cui due terzi (almeno) dei componenti sono senza speranza di rielezione. Ma privo di una ragione qualificante per la sua esistenza.

Ebbene, tutte queste sono cose che si possono fare, o almeno tollerare, in tempi di relativa tranquillità. Ma fatte quando vi sono enormi e concomitanti fattori d’instabilità possono rivelarsi pericolose.

Se c’è un compito sopra tutti che dovrebbe costituire l’elemento aggregante della multiforme galassia di realtà che in qualche modo si riferiscono al cattolicesimo democratico e sociale, questo non può che essere quello di riconciliare la classe media con la democrazia, di riguadagnarne il consenso, decisivo per l’assetto del Paese almeno fino a quando il voto rimarrà “uguale”.

Gli strumenti che permettono questa operazione di vitale importanza si chiamano sviluppo, lavoro, welfare, riduzione delle disuguaglianze. Le politiche che ne consentono l’utilizzo, sono quelle espansive dell’economia reale (famiglie, imprese, settore pubblico). Politiche che da un buon decennio non si vedono più in Europa e che attendono che qualcuno si candidi a proporle anziché venire, forse, “ottriate”, concesse dalle oligarchie finanziarie a tempo scaduto, quando potrebbero non servire più ad evitare lo schianto.

Allo stesso modo il nuovo governo giallo-rosso appare più figlio dell’emergenza dei parlamentari – in particolare di quelli renziani e pentastellati – di mantenere a tutti i costi il loro seggio piuttosto che dell’emergenza economica e sociale che incombe sull’intera Europa. Se fosse stato quest’ultimo tipo di emergenza ad imporsi, il governo avrebbe avuto un altro profilo, un profilo churchilliano, di una compagine conscia delle immani prove che l’attendono e che ci attendono, consapevole di quali profondi danni abbiano arrecato all’Italia e all’Europa le politiche ordoliberiste e mercantiliste di questi anni e cosciente di chi ne siano stati i responsabili. Avremmo un governo che non esiterebbe a considerare come la madre di tutte le riforme “il riesame delle regole del Patto di Stabilità”, come richiesto con un diplomatico sos nel recente messaggio del presidente Mattarella a Cernobbio.

Quello che emerge all’orizzonte dei nuovi anni Venti che a differenza di quelli del secolo scorso si preannunciano tempestosi più che “ruggenti”, è il sommarsi di tante grandi e irrisolte questioni. Alle tensioni internazionali, con la piaga del Medio Oriente che non ha mai smesso di sanguinare, con l’imprevedibile gioco della Turchia, con la guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina, che sta mostrando i piedi d’argilla del gigante economico tedesco, con l’Europa attraversata da una decennale deflazione che appare ormai resistente anche agli stimoli monetari della BCE, e dalla quale appare sempre più difficile uscire in modo incruento, si aggiunge la evitabilissima crisi istituzionale del Regno Unito a causa di una brexit osteggiata, al di qua e al di là della Manica oltre ogni decenza verso la democrazia.

Dieci anni di austerità, di politiche che arricchiscono i già ricchi, togliendo il necessario ai ceti lavoratori e ai soggetti economici e ai Paesi debitori, hanno trasformato l’Europa, a qualunque latitudine, in una polveriera e l’hanno resa impreparata ad affrontare la prossima grande recessione globale.

Nel resto del mondo che conta si corre ai ripari mentre l’Europa risulta bloccata e solo timidamente si inizia a parlare di politiche espansive, misure anticicliche, intervento dello Stato in economia, politiche fiscali e salariali volte a produrre un forte stimolo alla domanda interna, con il rischio sempre più reale che tali provvedimenti, se mai verranno adottati, o permessi ai singoli Stati membri dell’UE, saranno come le proverbiali porte chiuse dopo che i buoi sono scappati dalla stalla, in ritardo a scongiurare gli inevitabili dissesti economici e le conseguenti rivolte sociali.

Per queste ragioni, sia il compito di quanti si impegnano per ricostruire una adeguata presenza del cattolicesimo democratico e sociale, sia il compito del nuovo governo appaiono ardui ed esigono un supplemento di responsabilità. Per noi che ci definiamo “popolari” significa tornare a farci capire dai ceti popolari e medi, anche con l’individuazione del più idoneo “contenitore” politico costruito su misura di un progetto all’altezza delle sfide di questi difficili tempi.

Per l’esecutivo attuale si tratta di erodere a suon di risultati concreti e tangibili per l’economia reale il terreno sotto i piedi di una Lega che altrimenti, nel caso di un beato tirare a campare fino al 23, potrebbe risultare tutt’altro che penalizzata dal mancato ricorso alle elezioni anticipate. Solo un’idea comune di futuro che abbracci le diverse classi sociali e i diversi Paesi membri dell’UE potrà trasformare le difficoltà congiunturali che si prospettano, da causa di ulteriore disgregazione in occasione di consolidamento sociale, economico, istituzionale.

Ma se nei prossimi mesi e anni mancheranno i risultati in termini di sostenibilità del vivere per tutti, molte cose date per assodate e irreversibili rischiano di essere rimesse in discussione.


Il primo dei commenti

Lascia un commento

La Tua email non sarà pubblicata.


*