Le ragioni per credere nell’Unione



Andrea Donegà *    23 Maggio 2019       0

Matteo, mio fratello, vive a Cambridge insieme ad Anne Laure, francese; Mauro, mio cugino, risiede a Ginevra con il bimbo Luca avuto con Silvia, spagnola. L’idea di Europa è viva e praticata, normale. Le giovani generazioni sono nate in Europa, senza dazi, senza mura, con un welfare universale, protette dall’euro e in pace. Un lusso per chi è stato premiato dalla lotteria della nascita, un’eredità da custodire e rinnovare ogni giorno e, se possibile, da migliorare. E tocca proprio alle giovani generazioni costruire il futuro che dovranno abitare. In fondo è sempre stato così, specie nei passaggi più delicati della Storia. Nel dopoguerra i trentenni, che allora erano il 50% della popolazione italiana, furono protagonisti del miracolo economico pur avendo meno possibilità di oggi.

Oggi, siamo a un crocevia decisivo per il nostro destino economico e sociale e la tornata elettorale del prossimo maggio non deve ridursi a elezioni nazionali tradotte in europeo. Al sovranismo, alla chiusura e all’egoismo vanno opposte speranza, apertura e accoglienza per farci traguardare un futuro in grado di generare opportunità per tutti. L’Europa è ancora leader nelle esportazioni nonostante le imprese più grandi al mondo per capitalizzazione siano americane e cinesi, la maggior parte nel settore della Information Technology. Tradurre questa dimensione economica in chiave politica consentirebbe di assumere il ruolo di moderatore delle tensioni tra USA e Cina e di cuscinetto etico e culturale alla ventata di autoritarismo che si sta diffondendo, mettendo al centro le persone e il lavoro, prima degli esclusivi interessi economici e finanziari, recuperando la centralità politica della Commissione Europea quale garante degli interessi collettivi e sovranazionali. Condizioni necessarie per realizzare, come dicono FIM e CISL, gli Stati Uniti d’Europa.

Alla politica dei dazi, preferiamo quella che incalzi la competitività delle imprese sul campo della sostenibilità economica, sociale e ambientale, utile anche per iniziare a costruire un’alternativa che dia soluzione al dumping in tema di fiscalità e lavoro tra gli stati del nostro continente. La tecnologia può essere la grande alleata per guidare la transizione verso un’Europa attenta all’ambiente, all’efficienza energetica, alla mobilità sostenibile, all’economia circolare, rilanciando la produttività nei vari stati e creando nuove occasioni di lavoro. Importante diventerebbe anche rivitalizzare l’Erasmus e potenziare l’offerta per i giovani che vogliono lavorare all’estero. Padre Antonio Loffredo, il parroco che ha ridato futuro al Rione Sanità di Napoli, per formare i giovani, protagonisti della rinascita del quartiere, ha favorito le loro esperienze in città e capitali europee, ripercorrendo il modello di don Lorenzo Milani.

Non va dimenticato poi che la dimensione europea va a braccetto con la moneta unica. Le svalutazioni competitive della lira hanno finito per produrre più inflazione e debito per le persone e meno qualità e produttività per le imprese, lasciandoci pesanti eredità e azzoppando importanti settori produttivi nel nostro Paese. L’euro, invece, ha consentito all’Italia di incrementare le esportazioni proprio nell’area di mercato europeo e spinto le imprese italiane a puntare sulla qualità, come ricorda Carlo Stagnaro. Il 41,1% dell’export complessivo dell’Italia si riversa infatti nei Paesi dell’Area Euro, a dimostrazione che la moneta unica è un valore aggiunto per noi; una percentuale che lievita al 56,3 se consideriamo l’Unione a 28, confermando i tanti benefici che l’Italia trae, anche dal punto di vista economico e lavorativo, dalla permanenza nell’Unione Europea. In mezzo a due colossi come Stati Uniti e Cina i singoli paesi europei non possono pensare di poter competere singolarmente. L’Unione Europea è l’unica alternativa e l’unica via per poter mantenere e migliorare benessere e lavoro. Per far ciò serve anche essere conseguenti dal punto di vista politico riprendendo iniziative di politica estera comune, intendendo come “estero” tutto ciò che sta fuori dai confini dell’Unione e non dei singoli Stati.

L’Europa, infine, è anche la chiave per gestire in modo virtuoso il tema delle migrazioni dando risposta a chi legittimamente cerca la propria occasione di vivere una vita dignitosa e, contemporaneamente, prospettiva all’invecchiamento demografico, consentendoci di tutelare l’universalità del nostro welfare e di liberare energie e protagonismo dei giovani perché l’Europa sia ciò che era nell’idea dei suoi fondatori, un modello e un’esperienza viva di cittadinanza e una culla di opportunità.

*L’autore è il Segretario Generale FIM CISL Lombardia

(Articolo tratto da www.linkiesta.it)


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