Non basta lamentarsi di Salvini



Giorgio Merlo    20 Maggio 2019       6

La recente, ed ennesima, "scomunica" di alcuni settori autorevoli della Chiesa italiana nei confronti del leader della Lega Salvini, il profondo e palpabile disorientamento di moltissimi cattolici praticanti e osservanti che vanno regolarmente in Chiesa e poi votano proprio la Lega, la crescente dissociazione fra ciò che si predica e si ascolta e ciò che si pratica concretamente nella vita di tutti i giorni, sono all'origine di una confusione che continua a caratterizzare il rapporto controverso e complesso tra i cattolici e le scelte politiche. Come, temo, anche in vista della ormai prossima consultazione elettorale.

Ora, al di là di queste scaramucce a cui siamo abituati da tempo – il famoso titolo di copertina di Famiglia Cristiana contro Salvini risale ad un anno fa – resta sul tappeto un punto che non si può aggirare facilmente ed irresponsabilmente. Ovvero, ciò che emerge da questa ennesima polemica tra alcuni settori della Chiesa italiana e la Lega di Salvini, è l'assenza, colpevole ed inspiegabile, di una forza politica laica che, con l'appoggio di altre culture e altri filoni ideali, sappia intercettare e rappresentare istanze e domande che rischiano, invece, di riconoscersi  stancamente in partiti e movimenti del tutto estranei alla loro cultura di fondo. Del resto, come si fa a non prendere atto che nei luoghi tradizionali e storici di maggior consenso della Democrazia Cristiana – parlo soprattutto delle "zone bianche" del Nord – da svariati lustri è la Lega che miete consensi paragonabili a quella stagione che ormai viene solo più ricordata nei libri di storia?

È chiaro a tutti, e lo confermano da tempo tutti i sondaggi, che la maggioranza dei cattolici praticanti vota la Lega. E sono quelle persone che più ascoltano la parole del Vangelo e l'esortazione e l'insegnamento dei Padri della Chiesa. Perché siamo di fronte, quindi, ad una dissociazione così profonda tra ciò che si predica e ciò che si pratica?

Non perdiamo tempo a chiederci il perché altri partiti e altri movimenti, seppur lontani dal "credo" leghista, non riescono ad essere interlocutori di quel mondo variegato, complesso e molto articolato qual è il mondo cattolico. Certo, è un mondo molto articolato e non mancano, com’è ovvio, settori che si riconoscono nei partiti della sinistra o in altri movimenti. Ma sono, comunque sia, realtà marginali e non particolarmente incisive.

La vera sfida politica, quindi, e sempre nel massimo rispetto delle posizioni che vengono espresse dai vari settori della Chiesa, dai suoi organi di informazione e da esponenti autorevoli dell'episcopato, resta quella di saper giocare oggi un ruolo politico protagonistico e più visibile. Non da parte della Chiesa, com'è ovvio, ma di quel laicato che si straccia le vesti a giorni alterni sulle posizioni leghiste e poi si nasconde puntualmente un minuto dopo quando si tratta di "scendere in campo". In gioco, infatti, non c'è la riproposizione – che sarebbe ridicola e sciocca – di un movimento confessionale o, peggio ancora, clericale come qualcuno auspica e proporne anche nel nostro Paese.

No, la ricetta continua ad essere quella di dar vita ad un movimento/partito laico, plurale, riformista e di governo che sappia, però, recuperare e riattualizzare quel cattolicesimo democratico, popolare e sociale che continua ad essere latitante da troppi anni e quindi complice dell'irrilevanza politica, culturale e progettuale dei cattolici italiani nella concreta vita pubblica. Per capirci, si tratta di mettere in campo quella forza che giornalisticamente viene definita di "centro" ma che, nello specifico, va intesa come una forza laica che sappia recuperare e tradurre nella contesa politica contemporanea gli ingredienti basilari di quella tradizione. Che resta moderna e di una bruciante attualità. E cioè, cultura della mediazione, cultura di governo, composizione degli interessi contrapposti, rispetto delle istituzioni, cultura dello Stato, rifiuto della radicalizzazione della lotta politica e degli "opposti estremismi" molto cari alla destra di Salvini e alla sinistra di Zingaretti, capacità di fare sintesi delle varie proposte in campo e difesa della qualità della democrazia. Un centro non statico o di potere ma un luogo politico innovativo, moderno, creativo e profondamente democratico e riformista.

Un luogo, cioè, che sappia anche recuperare e inverare la miglior stagione del cattolicesimo democratico, popolare e sociale del nostro Paese. Senza nostalgia e senza lo sguardo rivolto all'indietro.

Perché delle due l'una. O la minaccia leghista è reale e quindi ci si deve attrezzare al di là delle attuali forze politiche in campo, oppure si tratta solo e sempre della solita litania propagandistica e carica di retorica destinata a sciogliersi come neve al sole nell'arco di pochi giorni. Come, purtroppo, avviene da tempo. E lo dico anche rivolto a quei settori del mondo cattolico che urlano a squarciagola contro i "barbari" e poi cadono misteriosamente e puntualmente in letargo quando qualcuno li avvicina o chiede loro di impegnarsi in prima persona.

Perché, come ci ricordava già Papa Montini nella enciclica Octogesima Adveniens, i cattolici non possono continuare ad essere accusati del "peccato di omissione". Ovvero, per tradurlo in termini più convenzionali, di essere complici di questa assenza e di questa colpevole non presenza nella concreta dialettica politica. Cioè, in quel "Paese reale" che da troppi anni non registra un punto di vista, seppur laico, della cultura cattolico democratica, popolare e sociale. Praticamente dopo la fine della DC prima e del Partito popolare italiano poi.

Forse è arrivato il momento di trascurare le denunce moralistiche e di comodo e di privilegiare l'azione politica concreta. Come, del resto, ci hanno insegnato i nostri padri nelle diverse fasi storiche che li hanno visti protagonisti.


6 Commenti

  1. Il motivo fondamentale per cui gran parte del popolo cattolico vota la Lega è che la vede come l’unica forza capace di levare il cappio dell’austerità dal collo della classe media. Salvini può anche trionfare alle Europee ma poi cadrà sulla politica economica, come Renzi.
    Un partito di centro, aperto anche alla cultura cattolico-democratica e popolare, può esser competitivo nell’intercettare i delusi dal governo gialloverde solo se punta a fare politiche espansive, forzando i parametri europei, e all’occorrenza ad adottare il piano B per l’uscita dall’Euro. Il resto son chiacchiere di sacrestia.

  2. Andando un po’ con l’accetta nel giudizio, mi permetto di rilevare che nel voto dei “praticanti” non giocano più di tanto valutazioni politiche serie. Mentre chi fa parte di associazioni di volontariato, o Caritas, o MEIC, o Scout, ecc. esprime un voto più verso la sinistra: ma questi sono purtroppo ancora una minoranza che è stata educata all’impegno pubblico, al rispetto dei diritti, e al bene comune. Altri invece (la maggioranza, tante brave persone dedite alla preghiera e alle pratiche religiose, quelli che Murri chiamava “le beghine di sacrestia”) magari in buona fede si lasciano influenzare da movimenti più fondamentalisti rispetto ai valori non negoziabili, dai Congressi come quello delle famiglie di qualche mese fa, o sono ancora preoccupati dal laicismo quando non dal comunismo: questi sono i clerico-moderati (uso un termine leggero non offensivo). Perciò il recupero di questi voti non può che passare da una profonda e seria catechesi degli adulti, da una formazione continua e incisiva che faccia capire che non siamo più nell’Ottocento, che c’è stato un Concilio a metà anni Sessanta, pastorale e non dogmatico, che il pontificato di Francesco ci deve catapultare in un’epoca nuova per quanto riguarda il modo di essere della Comunità credente, e di vivere i valori da parte dei fedeli laici e chierici; e che questi valori sono incompatibili (al di là dei parametri economici, dell’Euro, delle frontiere, ecc.) con chi pensa solo a sé e alle sue cose, con chi si preoccupa del proprio benessere, con chi vuole innalzare barriere.

  3. I cattolici praticanti ignorano, fortunatamente, le indicazioni non richieste da parte di alcuni settori ecclesiastici, compreso il Papa. Se un partito difende l’integrità territoriale, religiosa e tradizionale di un popolo e combatte ogni forma di violenza non si capisce perché questi organi religiosi debbano combatterlo con ostinata determinazione. Fanno forse l’interesse dell’ISIS che ha dichiarato apertamente di voler islamizzare l’Europa nel giro di pochi anni con l’aggressione migratoria e la enorme fecondità delle donne che arrivano clandestinamente? Dobbiamo per forza accettare che la carità cristiana deve essere senza limiti? Credo che questo intervento della Chiesa a “gamba tesissima” rischia di far allontanare i ridotti cristiani praticanti dando un pericoloso aiuto al mondo islamico.

  4. Ecco questi due ultimi commenti (quello di Cicoria e il mio) dicono dello snodo che si troverà ad affrontare in futuro non solo l’Associazione Popolari, ma soprattutto un’eventuale forza politica nuova o altre iniziativa politica. Come tenere insieme due ipotesi che si contrastano e sono fra loro incompatibili? Poi per non mescolare fede e politica, credo che per coloro che vogliano dirsi ed essere cristiani serva continuamente convertirsi alla misericordia, all’amore, e al dono gratuito e diventare di tutti; oltre ad “obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” e alle leggi ingiuste. Per quanto riguarda la politica, penso che un Popolare (che tiene in considerazione sia la Costituzione, che la Dichiarazione dei Diritti Umani, che anche la Dottrina Sociale) debba essere moderato nei modi e negli strumenti, ma rivoluzionario nelle soluzioni che propone; che debba essere sempre dalla parte dei più deboli, delle autonomie, dei diritti e tutele delle persone, del dialogo e della pace. Dialogo e pace che si costruiscono, con concretezza, senza eccessi, ma anche senza alzare barriere e senza chiusure.

  5. Forse la ragione per la quale si è avuta – segnatamente da almeno un trentennio, nel nostro Paese – la diaspora dei cattolici nei diversi partiti e movimenti politici che occupano l’intero arco parlamentare, diaspora che non tende ad essere ricomposta, sta nella forte ignoranza che i cattolici italiani hanno nei confronti della Dottrina sociale della Chiesa.
    Chiedete a un sedicente cattolico quali sono i valori, i principi fondanti, gli assiomi, i cardini della DSC e riceverete probabilmente un farfugliante riferimento a stereotipi di facciata, fra di loro scarsamente coerenti, che hanno poco a che fare con la DSC.
    Il catechismo della Chiesa – sia dei fanciulli sia degli adulti – non contempla i valore propri della DSC e l’azione pastorale ordinaria non si preoccupa molto di colmare questa deficienza, per cui ognuno si comporta e fa le sue scelte politiche senza l’illuminazione della DSC. Non stupisce allora che le scelte di appartenenza e di azione in campo economico e sociale siano così diffusamente disperse.
    Come sempre, alla base di questa crisi sistemica c’è la mancanza di un adeguato livello di conoscenza, conseguenza di un’inadeguata attività di formazione!

  6. La Chiesa richiama il Vangelo. La Lega è antievangelica.
    Baciare il rosario e brandire il Vangelo ai comizi è strumentale e puzza di fascismo.
    Nessuno nella prima e seconda repubblica si è mai permesso. Al massimo aveva zie suore.
    Giorgio Merlo si lamenta anche lui come sempre. Cicoria ha paura e mi fa paura.

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