“Andrebbe battezzato col suo vero nome, il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri il 18 aprile scorso, quello che forse meglio rispecchia i suoi prevedibili effetti: non decreto sblocca cantieri, ma sblocca tangenti. Una liberalizzazione dell’appalto pubblico che rischia di trasformarsi in un “liberi tutti” per corrotti e corruttori. Uno scenario plausibile che si delinea dalla futura applicazione dal decreto sblocca tangenti, somiglia all’Eden della corruzione futura e delle infiltrazioni di imprese mafiose, fatto di poteri arbitrari dei decisori pubblici, liberi da qualsiasi reale supervisione e convertiti in tangenti variamente dissimulate; impoverimento di competenze progettuali e poteri di controllo dell’amministrazione pubblica; ferrei accordi collusivi tra imprenditori, per cancellare qualsiasi parvenza di concorrenza; invisibili infiltrazioni mafiose nei subappalti. In una nota Alberto Vannucci, ufficio di presidenza di LIBERA – la rete di associazioni per la legalità fondata da don Ciotti – e professore Scienze Politica Università di Pisa critica così il decreto sblocca cantieri.
Proprio quando il codice degli appalti stava entrando a regime, tanto che le gare bandite sono aumentate di circa il 30% nel 2018, ecco entrare in vigore la contro-riforma che rivoluziona ben 32 su 220 articoli, una nuova stratificazione di disposizioni tutte da capire, leggere, interpretare, coordinare con quelle preesistenti.
Nel provvedimento si intravedono però alcune linee ispiratrici, otto punti che ne svelano la natura potenzialmente criminogena:
- innalzamento a 200mila euro della soglia finora prevista per procedure negoziate e affidamenti diretti di lavori senza gara, previa “consultazione di tre operatori”;
- ritorno in pompa magna del prezzo più basso per lavori fino alla soglia europea di 5,5 milioni di euro, meccanismo integrato da un astruso calcolo delle soglie di esclusione, da sempre pane quotidiano dei cartelli di imprenditori che truccano le gare;
- percentuale più elevata, fino al 50%, di lavori liberamente subappaltati dalla ditta vincitrice, quota del tutto liberalizzata per i consorzi di imprese;
- abolizione delle linee guida dell’Autorità anticorruzione, sostituite da un regolamento governativo;
- reintroduzione (per pudore limitata intanto ai prossimi due anni) dell’appalto integrato, ossia quelle gare in cui sono i costruttori a farla da padroni proponendo progetti definitivi ed esecutivi, premessa per il moltiplicarsi di varianti in corso d’opera, contenziosi, paralisi dei lavori;
- eliminazione dell’albo dei direttori e dei lavori negli appalti affidati da contraenti generali, azzerando ogni qualifica per i professionisti incaricati;
- cancellazione del divieto di affidare lavori in subappalto a imprese partecipanti alla gara, di norma contropartita negli accordi preliminare per concordare le offerte;
- per finire, ciliegina su una torta maleodorante, moltiplicazione a discrezione dell’esecutivo di figure commissariali straordinarie con poteri in deroga alla legislazione ordinaria e allo stesso codice degli appalti: si tratta, per chi si fosse distratto, del modello criminale della “cricca della protezione civile” innalzato all'ennesima potenza.
Proprio quando il codice degli appalti stava entrando a regime, tanto che le gare bandite sono aumentate di circa il 30% nel 2018, ecco entrare in vigore la contro-riforma che rivoluziona ben 32 su 220 articoli, una nuova stratificazione di disposizioni tutte da capire, leggere, interpretare, coordinare con quelle preesistenti.
Nel provvedimento si intravedono però alcune linee ispiratrici, otto punti che ne svelano la natura potenzialmente criminogena:
- innalzamento a 200mila euro della soglia finora prevista per procedure negoziate e affidamenti diretti di lavori senza gara, previa “consultazione di tre operatori”;
- ritorno in pompa magna del prezzo più basso per lavori fino alla soglia europea di 5,5 milioni di euro, meccanismo integrato da un astruso calcolo delle soglie di esclusione, da sempre pane quotidiano dei cartelli di imprenditori che truccano le gare;
- percentuale più elevata, fino al 50%, di lavori liberamente subappaltati dalla ditta vincitrice, quota del tutto liberalizzata per i consorzi di imprese;
- abolizione delle linee guida dell’Autorità anticorruzione, sostituite da un regolamento governativo;
- reintroduzione (per pudore limitata intanto ai prossimi due anni) dell’appalto integrato, ossia quelle gare in cui sono i costruttori a farla da padroni proponendo progetti definitivi ed esecutivi, premessa per il moltiplicarsi di varianti in corso d’opera, contenziosi, paralisi dei lavori;
- eliminazione dell’albo dei direttori e dei lavori negli appalti affidati da contraenti generali, azzerando ogni qualifica per i professionisti incaricati;
- cancellazione del divieto di affidare lavori in subappalto a imprese partecipanti alla gara, di norma contropartita negli accordi preliminare per concordare le offerte;
- per finire, ciliegina su una torta maleodorante, moltiplicazione a discrezione dell’esecutivo di figure commissariali straordinarie con poteri in deroga alla legislazione ordinaria e allo stesso codice degli appalti: si tratta, per chi si fosse distratto, del modello criminale della “cricca della protezione civile” innalzato all'ennesima potenza.
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