Talvolta i commenti agli articoli pubblicati si trasformano in approfondimenti che meritano la ribalta della prima pagina. Ne è un esempio lo scambio di opinioni tra Giuseppe Ladetto e Giuseppe Davicino sull’articolo in cui quest’ultimo lamenta i rischi per la deriva dell’Europa “austeritaria” a guida tedesca.
Mi sono trovato molte volte d’accordo con quanto scrive Giuseppe Davicino. Tuttavia mi lasciano perplesso alcuni non secondari passi del suo ultimo articolo.
1) Occorre uscire dall’austerità, mettere da parte il feticcio del pareggio di bilancio e porsi obiettivi di sviluppo senza preoccuparsi dell’inflazione. Ma la grande finanza non si preoccupa dell’inflazione sulla quale riesce a fare ulteriori guadagni. A perdere con l’inflazione, sono i piccoli e medi risparmiatori; sono i pensionati ed i lavoratori con minore potere contrattuale. In pratica, larga parte dei ceti popolari e del ceto medio. Non vedo come costoro potrebbero essere favorevoli ad una tale politica economica.
2) Fare grandi investimenti va bene, ma bisogna distinguere, anche se tutti avessero ricadute positive sull’occupazione. Ci sono quelli destinati alla trasformazione del sistema produttivo e dei mezzi di trasporto sostituendo i carburanti fossili con le energie “verdi”; ci sono quelli volti a rinnovare le case, gli elettrodomestici ed altre apparecchiature con soluzioni a basso consumo energetico; ci sono quelli tesi alla tutela e alla sistemazione del territorio ed alla prevenzione dei terremoti. Sono tutti investimenti positivi perché pongono riparo alle criticità che minacciano il nostro futuro. Ce ne sono altri che mirano alla sola crescita del PIL e all’incremento dei consumi andando in direzione opposta. Stiamo già consumando le risorse di una Terra e mezza intaccandone il capitale, e se qualcuno ha bisogno di crescere, sono soprattutto i paesi del Sud del Mondo rimasti indietro.
3) Si attribuisce la politica di austerità alla volontà della Germania alla quale inoltre si imputa un disegno egemonico. Attenzione, a volere l’austerità sono tutti i Paesi nordici e non solo. Non credo (come scrive un esperto di cose tedesche come Gian Enrico Rusconi) che la Germania voglia programmaticamente porsi alla testa dell’Europa in un’ottica di dominio. Malgrado la sua forza economica e tecnologica, che le offre l’opportunità di farsi avanti, appare incerta perché non si sente ancora capace di farsi carico della guida del continente (anche per non superati sensi di colpa). In campo economico, si limita a realizzare i propri interessi, ma da tempo è quanto fanno tutti i paesi europei, sia pure con differente successo. Solo una svolta decisa verso l’unificazione politica del continente, o quanto meno del suo nucleo centrale (l’Europa carolingia), potrebbe rimediare a questo stato di cose. Ma ricordiamoci che il principale ostacolo a questo cammino viene dagli Stati Uniti (chiunque ne sia al governo).
Ringrazio Giuseppe Ladetto per le sue precise e stimolanti osservazioni alle quali dico:
1 – la critica che ritengo essenziale all’ordoliberismo tedesco trasferito nell’UE, è la fobia dell’inflazione, agire per evitarla anche quando essa non c’è. Molti economisti ritengono che la creazione di moneta per interventi sulle infrastrutture o sulla cura e prevenzione delle catastrofi ambientali è a rischio zero di inflazione. Rimane ovvio che gli stimoli monetari all’economia reale anziché alle banche come ha fatto Draghi, hanno come loro limite insuperabile il risveglio dell’inflazione. Anche se, alla fine, come testimonia la situazione dell’Italia fino agli anni ’90, non è affatto detto che una inflazione più alta sia nociva per i ceti più deboli. Ciò che conta è il reale potere d’acquisto dei salari, il quale invece con l’attuale lunga fase di stagnazione economica è alquanto peggiorato nonostante l’assenza di inflazione.
2 – Sono perfettamente d’accordo sul fatto che gli investimenti debbano essere di qualità. Nella direzione che indichi, Paul De Grauwe, uno dei padri dell’Euro, ha recentemente proposto un grande piano europeo per l’ambiente, sostenendo apertamente che la BCE può creare “moneta verde” senza rischi d’inflazione. (Cfr. https://escoriallaan.blogspot.com/2019/02/green-money-without-inflation.html?m=1 ).
3 – Mi pare non corrisponda a quanto sta avvenendo affermare che nell’UE in assenza di un progetto comune, ogni stato persegue i propri interessi. I Paesi mediterranei vedono un altro film: c’è qualcuno che persegue i propri interessi e qualcun altro che subisce gli interessi dei più forti. Mi spiace per il prof. Rusconi, ma l’egemonia tedesca è palese al punto che gli obiettivi geopolitici tedeschi costituiscono l’ossatura dei Trattati di Maastricht e dello Statuto della BCE: il pareggio di bilancio, la lotta all’inflazione e non, clamorosamente, il perseguimento della piena occupazione.
Infine, l’Europa carolingia può anche piacere al di sopra delle Alpi, ma bisogna mettere nel conto che implica la riduzione dell’Italia a provincia periferica e impoverita dell’asse franco-tedesco e soprattutto convincere i nostri connazionali che sia il giusto prezzo da pagare per realizzare il sogno di kaiser e führer dell’Europa finalmente tedesca.
Gli USA non possono impedire l’unità dell’Europa, tale scelta è solo nelle mani della Germania: il giorno in cui Berlino dice sì alla messa in comune del debito nell’Eurozona, ci sono gli Stati Uniti d’Europa. Ma se ciò non accade l’Europa si avvia, per colpa tedesca, verso grandi turbolenze sociali, economiche e politiche.
Mi sono trovato molte volte d’accordo con quanto scrive Giuseppe Davicino. Tuttavia mi lasciano perplesso alcuni non secondari passi del suo ultimo articolo.
1) Occorre uscire dall’austerità, mettere da parte il feticcio del pareggio di bilancio e porsi obiettivi di sviluppo senza preoccuparsi dell’inflazione. Ma la grande finanza non si preoccupa dell’inflazione sulla quale riesce a fare ulteriori guadagni. A perdere con l’inflazione, sono i piccoli e medi risparmiatori; sono i pensionati ed i lavoratori con minore potere contrattuale. In pratica, larga parte dei ceti popolari e del ceto medio. Non vedo come costoro potrebbero essere favorevoli ad una tale politica economica.
2) Fare grandi investimenti va bene, ma bisogna distinguere, anche se tutti avessero ricadute positive sull’occupazione. Ci sono quelli destinati alla trasformazione del sistema produttivo e dei mezzi di trasporto sostituendo i carburanti fossili con le energie “verdi”; ci sono quelli volti a rinnovare le case, gli elettrodomestici ed altre apparecchiature con soluzioni a basso consumo energetico; ci sono quelli tesi alla tutela e alla sistemazione del territorio ed alla prevenzione dei terremoti. Sono tutti investimenti positivi perché pongono riparo alle criticità che minacciano il nostro futuro. Ce ne sono altri che mirano alla sola crescita del PIL e all’incremento dei consumi andando in direzione opposta. Stiamo già consumando le risorse di una Terra e mezza intaccandone il capitale, e se qualcuno ha bisogno di crescere, sono soprattutto i paesi del Sud del Mondo rimasti indietro.
3) Si attribuisce la politica di austerità alla volontà della Germania alla quale inoltre si imputa un disegno egemonico. Attenzione, a volere l’austerità sono tutti i Paesi nordici e non solo. Non credo (come scrive un esperto di cose tedesche come Gian Enrico Rusconi) che la Germania voglia programmaticamente porsi alla testa dell’Europa in un’ottica di dominio. Malgrado la sua forza economica e tecnologica, che le offre l’opportunità di farsi avanti, appare incerta perché non si sente ancora capace di farsi carico della guida del continente (anche per non superati sensi di colpa). In campo economico, si limita a realizzare i propri interessi, ma da tempo è quanto fanno tutti i paesi europei, sia pure con differente successo. Solo una svolta decisa verso l’unificazione politica del continente, o quanto meno del suo nucleo centrale (l’Europa carolingia), potrebbe rimediare a questo stato di cose. Ma ricordiamoci che il principale ostacolo a questo cammino viene dagli Stati Uniti (chiunque ne sia al governo).
Ringrazio Giuseppe Ladetto per le sue precise e stimolanti osservazioni alle quali dico:
1 – la critica che ritengo essenziale all’ordoliberismo tedesco trasferito nell’UE, è la fobia dell’inflazione, agire per evitarla anche quando essa non c’è. Molti economisti ritengono che la creazione di moneta per interventi sulle infrastrutture o sulla cura e prevenzione delle catastrofi ambientali è a rischio zero di inflazione. Rimane ovvio che gli stimoli monetari all’economia reale anziché alle banche come ha fatto Draghi, hanno come loro limite insuperabile il risveglio dell’inflazione. Anche se, alla fine, come testimonia la situazione dell’Italia fino agli anni ’90, non è affatto detto che una inflazione più alta sia nociva per i ceti più deboli. Ciò che conta è il reale potere d’acquisto dei salari, il quale invece con l’attuale lunga fase di stagnazione economica è alquanto peggiorato nonostante l’assenza di inflazione.
2 – Sono perfettamente d’accordo sul fatto che gli investimenti debbano essere di qualità. Nella direzione che indichi, Paul De Grauwe, uno dei padri dell’Euro, ha recentemente proposto un grande piano europeo per l’ambiente, sostenendo apertamente che la BCE può creare “moneta verde” senza rischi d’inflazione. (Cfr. https://escoriallaan.blogspot.com/2019/02/green-money-without-inflation.html?m=1 ).
3 – Mi pare non corrisponda a quanto sta avvenendo affermare che nell’UE in assenza di un progetto comune, ogni stato persegue i propri interessi. I Paesi mediterranei vedono un altro film: c’è qualcuno che persegue i propri interessi e qualcun altro che subisce gli interessi dei più forti. Mi spiace per il prof. Rusconi, ma l’egemonia tedesca è palese al punto che gli obiettivi geopolitici tedeschi costituiscono l’ossatura dei Trattati di Maastricht e dello Statuto della BCE: il pareggio di bilancio, la lotta all’inflazione e non, clamorosamente, il perseguimento della piena occupazione.
Infine, l’Europa carolingia può anche piacere al di sopra delle Alpi, ma bisogna mettere nel conto che implica la riduzione dell’Italia a provincia periferica e impoverita dell’asse franco-tedesco e soprattutto convincere i nostri connazionali che sia il giusto prezzo da pagare per realizzare il sogno di kaiser e führer dell’Europa finalmente tedesca.
Gli USA non possono impedire l’unità dell’Europa, tale scelta è solo nelle mani della Germania: il giorno in cui Berlino dice sì alla messa in comune del debito nell’Eurozona, ci sono gli Stati Uniti d’Europa. Ma se ciò non accade l’Europa si avvia, per colpa tedesca, verso grandi turbolenze sociali, economiche e politiche.
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