Astenersi perditempo (e tremebondi)



Alessandro Risso    8 Febbraio 2019       5

Dopo la sbornia di buona Politica dovuta all’immersione nel pensiero sturziano e nell’attualità del Popolarismo, torniamo al presente per capire le possibilità di dar vita ad una nuova stagione dei “liberi e forti”. Ovviamente non ci riferiamo a Berlusconi che, dopo essersi definito anni fa il nuovo De Gasperi, ha appena “bestemmiato” di voler fare come Sturzo cento anni fa... E neppure ai Cesa e  Rotondi che si riciclano nuovamente nel calderone di centrodestra: dopo tutto i clerico-conservatori si muovono come hanno sempre fatto. Almeno hanno il merito di mettere a nudo l’irrealistica prospettiva di un partito unitario dei cattolici, che pochi sognatori ancora vagheggiano.

Nel campo dei “sinceramente democratici” – per dirla con don Sturzo –, tra coloro che continuano a considerare la politica un impegno per il “bene comune” e “una delle forme più preziose della carità (Evangelii Gaudium)”, si coglie un reale fermento. Tante buone intenzioni e qualche iniziativa, in cui si notano però alcune debolezze.

Prima di tutto va detto che non tutti hanno fatto tesoro dell’insegnamento sturziano della laicità. “Sin dall’inizio abbiamo escluso che la nostra insegna politica fosse la religione e abbiamo voluto chiaramente metterci sul terreno specifico di un partito che ha per oggetto diretto la vita pubblica della nazione” scandì il fondatore nella sua relazione al Congresso di Bologna. Non può esistere un “partito dei cattolici”, neppure “un partito di cattolici”. Parliamo di un partito che fa riferimento a valori morali, universali, costituzionali, che non sono patrimonio dei soli cattolici. Non a caso Sturzo si rivolse “ai liberi e forti”, forti perché “moralmente liberi”. Pensiamo a un partito/ movimento/ rete che si caratterizza per un programma, come fu il PPI nel 1919. Dalle proposte programmatiche si potrà anche evincere che si tratta di un partito “cristianamente ispirato”. Ma non da etichette e insegne che nel passato hanno caratterizzato più i clerico-conservatori, e persino gli “atei devoti”, rispetto ai cattolici democratici.

Sia chiaro, è positivo che autorevoli uomini di Chiesa sostengano le ragioni di un nuovo impegno politico del laicato cattolico, specie dopo la lunga stagione del disimpegno e del neo-gentilonismo, che ha tolto linfa e a volte persino isolato coloro che nelle autonomie locali e nelle istituzioni hanno cercato di mantenere un impegno “socialmente evoluto” per il bene comune. I vescovi non possono però sostituirsi ai laici. La gerarchia, più di quanto ha detto e ribadito – pensiamo alle esortazioni del presidente CEI cardinal Bassetti – non può fare. Sono i laici a dover giocare la partita.

E qui, sinora, ha prevalso una prudenza forse eccessiva.

Non che il quadro generale sia entusiasmante e invogli a gettarsi nell’agone politico. Recenti sondaggi hanno confermato che il voto dei cattolici ricalca sostanzialmente quello dell’intera popolazione. Per intenderci, un praticante su tre oggi ha già votato o voterebbe Salvini. E secondo la SWG (rilevazione pubblicata il 5 febbraio), un “partito dei cattolici” che si presentasse alle prossime elezioni non otterrebbe che un desolante 2% dei voti.

Ma una iniziativa “cristianamente ispirata” non deve, come già detto, rivolgersi ai cattolici in quanto tali ma essere indirizzata all’intera società. Se siamo convinti che il binomio Costituzione-Dottrina sociale della Chiesa rappresenti un punto di riferimento irrinunciabile e una guida per l’azione politica; se siamo convinti che esista un grande spazio politico per una proposta orientata alla coesione e alla giustizia sociale, alla dignità del lavoro, alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, agli investimenti in formazione e ricerca, al sostegno alle famiglie e alla genitorialità, alla responsabilità delle Autonomie locali e dei corpi intermedi; se ci ritroviamo su un programma che si ispiri e renda concreti oggi i sempre attuali valori del Popolarismo sturziano, allora dobbiamo dimostrare il coraggio della testimonianza e dell’azione.

“Manca il leader”, si sente spesso obiettare. Forse che il presidente Mattarella e papa Francesco non sono ai vertici dei sondaggi sulla credibilità tra gli Italiani? Non rappresentano i “leader morali” di riferimento per una diffusa classe dirigente formata da persone stimate, possibilmente nuove e non coinvolte in giravolte e fallimenti politici degli ultimi anni, e anche competenti perché più preoccupate di studiare e capire i problemi che di postare tweet e autofilmati sui social? Le leadership tra pari si conquistano sul campo nell’impegno quotidiano, non derivano da investiture dall’alto e da rendite di posizione.

Le prime elezioni in calendario saranno le Europee, le più complicate per una nuova formazione, visto l’obbligo di raccogliere 150.000 firme per presentare le liste. Un impegno improbo da assolvere in un paio di mesi, senza avere alle spalle una rete organizzata. Quando Sturzo lanciò il suo partito sapeva di poter contare su una rete capillare di associazioni economiche e sociali costruita nei decenni che seguirono la Rerum Novarum. Oggi, dopo i danni incrociati del disimpegno politico e del gentilonismo opportunista, il primo lavoro da fare è la ricostruzione della rete partendo dalle presenze rimaste.

Prima si ricomincia a riconnettere i contatti esistenti e meglio è. Ma qui si nota un terzo aspetto dannoso consolidatosi nella cosiddetta Seconda Repubblica: la deriva individualista, altrimenti detta “autoreferenzialità”. Chi convoca gli “Stati Generali” dei democratici popolari di ispirazione cristiana? Il problema che allunga i tempi e provoca annunci sta proprio nella difficoltà di individuare un soggetto “federatore” riconosciuto da tutti. Chi è in qualche modo partito, girandosi indietro ha visto che i compagni di viaggio sono rimasti al palo. Non serve fare corsa solitaria, ancor meno restare fermi, accampando obiezioni e distinguo non più accettabili. Si concordino un “manifesto” (con altri amici abbiamo riscritto l’Appello, lo mettiamo a disposizione come possibile bozza) e un “programma” (anche questo abbiamo riscritto in sintesi, si tratta di espanderlo attingendo da tanti validi contributi esistenti) e si cominci a diffonderli e sottoscriverli.

Alessandro Manzoni nel suo capolavoro cesella le figure del cardinal Federigo e di don Abbondio, emblemi e modelli di due opposti modi di vivere il sacerdozio e, per estensione, la fede cristiana. Possiamo collocare a buon diritto don Sturzo nella scia del cardinal Borromeo, ma la distinzione manzoniana si può applicare anche ai laici. Ed è impossibile pensare che una nuova stagione dei “liberi e forti” possa venire trainata da persone senza coraggio, le cui esitazioni il più delle volte derivano da piccole preoccupazioni di convenienze o nocumenti personali.

I “liberi e forti” possono davvero riprendere il cammino. Ma, come si legge negli annunci sui quotidiani, “astenersi perditempo” (e tremebondi).

 

P.S.

Qualcuno mi ha chiesto se l'articolo sulla totale inattività dell’Associazione nazionale Popolari – in vita da anni ormai solo per consentire a Pierluigi Castagnetti di fregiarsi del titolo di “presidente” – ha ottenuto una qualche risposta. L’articolo, ripreso anche da “Il Domani d’Italia”, è stato letto da moltissime persone, ha avuto parecchi commenti ma neppure una parola – diretta o indiretta – dall’interessato. Un’indifferenza assordante, ma del tutto prevedibile. Infatti Hans Christian Andersen, dopo che tutta la gente assiepata lungo il corteo reale ripeteva gridando le parole del bambino “Non ha niente addosso!”, chiude così la sua bella fiaba: «E l'imperatore, rabbrividì perché sapeva che avevano ragione, ma pensò: "Ormai devo restare fino alla fine." E così si raddrizzò ancora più fiero e i ciambellani lo seguirono reggendo lo strascico che non c'era».


5 Commenti

  1. Pierluigi Castagnetti è il passato, anche lontano. Ci si appelli a personalità più giovani di età e con mentalità moderne pur nella tradizione così accoratamente auspicata nell’articolo. Spiace constatare che nel vivaio dei popolari non emergano figure catalizzatrici. Insistere e ricercare è necessario, doveroso e indispensabile. Don Sturzo non ha bisogno di imitatori ma di conferme dei principi ispiratori. Politica: bene comune.

  2. Analisi lucida, anche nella ammissione che intanto l’appello alla buona politica, saldamente ancorata dei valori cristiani e alla costituzione, rimarrà inesorabilmente al palo per l’assenza oltre che di un leader, di una credibile rete di base. E allora non vedo proprio alternative all’umile riconoscimento che dobbiamo ricominciare dal PD, portando avanti da dentro al partito uomini e idee nei quali riconoscerci … Con i nostri (vostri) distinguo non si è già perduto troppo tempo, insieme a troppi voti?

  3. L’analisi di Alessandro Risso non ammette alibi ed è totalmente condivisibile la sua proposta di dare un taglio a una indecisione pretestuosa, meschina e paralizzante. Si tratta di un’impresa che richiede coraggio. Il coraggio però lo si vede nel progetto politico. Che è forse l’aspetto più critico. Finora è mancato il comune riconoscimento di una causa di forza maggiore che faccia da catalizzatore fra esperienze e sensibilità che sono inevitabilmente diverse, frammentate e indisponibili a fare un passo indietro l’una nei confronti dell’altra. E pensare che basterebbe guardarsi attorno per trovare questo elemento: la caduta della classe media che trascina con sè la tenuta della democrazia, causata da politiche economiche sbagliate e irresponsabili a cui porre rimedio con decisione. Ma forse è proprio su questo punto decisivo che si avverte la mancanza del necessario coraggio. Un coraggio che non potrà che scontentare quei pochi che nelle distorsioni delle attuali politiche economiche ci sguazzano, e portare invece l’atteso consenso delle moltitudini che ne sono le vittime.

  4. Non mi dilungo ma uso due semplici aggettivi: bello e concreto. Ogni tanto Alessandro ha il pregio di volare alto ed in un colpo solo dare lustro e credibilità a questa (comunque ancora) bella Associazione… che ogni tanto, sempre secondo me, come in questi ultimi due mesi, vede troppe persone che fanno sfoggio di buonismo tout court che non sta in cielo ne in terra. Non ho volutamente commentato alcuni articoli recenti, che già nel titolo fanno riferimento a formule matematiche da strapazzo. Articoli però che hanno visto nei commenti controanalisi lucide. Penso che tali articoli hanno fatto, facciano o e faranno solo danni. Anzi mi pare che chi li ha scritti viva fuori dal mondo, e pure di molto. Comunque, qui è diverso e ripeto, bravo Alessandro… anche se purtroppo a mio avviso un articolo del genere proprio per l’importanza di quel che dice ed il modo in cui suggerisce di muoversi meriterebbe una platea, diciamo così, da socialdemocrazia scandinava di qualche anno fa. Non certo la platea odierna di singoli individualisti, per giunta convintissimi ed il cui pregio principale è quello di martellare sulla tastiera.

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