Tra Becchetti e Vasco, i cattolici consulenti



Giancarlo Chiapello    9 Gennaio 2019       1

Un appello interessante quello firmato dai professori Leonardo Becchetti, Mauro Magatti, Alessandro Rosina e dal segretario confederale Fim Cisl Marco Bentivogli.

Iniettare speranza nel sistema è sempre un atto pregevole, fermare, come affermato da Rosina in un suo articolo apparso su Avvenire, lo shopping tra i cattolici, potremmo dire ad uso e consumo di altre visioni sociali tutt'altro che in linea con quella cristiana, è doveroso.

Questa via è stata certamente aperta dagli interventi del Cardinal Gualtiero Bassetti che, posta la premessa, il superamento della frattura tra “cattolici del sociale” e “cattolici della morale”, ha di fatto chiuso il quarto di secolo della frammentazione che ha semplicemente liquefatto  la presenza dei cattolici rispetto a cui il Presidente della CEI parla di nuovo protagonismo richiamando la cultura popolare (ossia i “liberi e forti” di sturziana memoria), la storia dei democratici cristiani, il futuro che, così radicato, può ritrovare il contributo dei laici cattolici “per ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società”.

Urge tornare ad identità chiare, piuttosto che a fronti indistinti, per contrapporsi alle spinte dei populisti di oggi, che sono figli di quelli di ieri, per comprenderlo basta ripercorrere ad esempio il filo dei tentativi di riforme/manomissioni della Costituzione che rimane, per dirla con Giorgio La Pira “programma di popolo”.

Bello richiamare alla necessità di bellezza, generatività, buone pratiche, ecc., e con ciò immaginare un forum civico che raduni forze e energie, come varie volte fatto in un passato non lontano, ma la questione che pone seri dubbi è un'altra e sorge leggendo un contributo ed una intervista del prof. Becchetti, l'uno, del 16 dicembre, sul suo blog felicità-sostenibile.blogautore.repubblica.it l'altra, del 17 dicembre, su formiche.it., con cui spiega l'appello.

Nel primo caso afferma: “il vero successo in politica sta nel costruire idee, visioni, proposte politiche, che facciano veramente compiere passi avanti in direzione del ben-vivere e del bene comune. E paradossalmente questo successo non si misura sulla percentuale dei tuoi voti ma sulla capacità di contagiare tutte le forze politiche con queste nuove idee. Se anche sei stato fermato al confine e la tua parte politica non è cresciuta ma “la musica è passata”, come ricorda una famosa canzone di Ivano Fossati, il successo c’è stato ed è pieno”. L'impressione è che siamo ancora, purtroppo, in quella dimensione del pre-politico con cui durante la fallimentare così detta “seconda repubblica” il declino della presenza dei cattolici in politica è stato mascherato pensando di poter incidere in qualche modo pur sparpagliati: alla fine è stata la via con cui si è certificata l'irrilevanza e contestualmente l'uscita della cultura politica dei cattolici dalle comunità per entrare nella dimensione degli addetti ai lavori e dei circoli chiusi e troppo spesso autoreferenziali. Il pre-politico, di fatto, si è rivelato un abbandono del campo lasciato ad altri, una battaglia di retroguardia un po' camuffati, un giocare in difesa quasi come una lobby, un utilizzo dell'appartenenza a questi circoli e circoletti come pedigree per accreditarsi in questo o quel partito o movimento. Certamente non è questa strada quella di Becchetti, ma la riflessione ne appare ancora molto influenzata: alla citazione di Fossati si potrebbe contrapporre una di Fiorella Mannoia: “è una regola che vale in tutto l'universo, chi non lotta per qualcosa ha già comunque perso. E anche se la paura fa tremare, non ho mai smesso di lottare”. Nell'intervista si leggono le seguenti domanda e risposta: “Anche se, uscendo fuori dalla discussione interna alla Chiesa, oggi il voto dei cattolici è diviso sostanzialmente come per i non cattolici. Si tratta di ridare forma, e contenitore, a un voto cattolico? Le forze politiche non mi pare abbiano queste piattaforme così brillanti e convincenti, quindi si tratta di sfidarle su una nuova visione del Paese. Di proporne una nuova, e noi saremo felici se verrà adottata da altri, non è che per forza dobbiamo portarla avanti noi. L’importante è essere convincenti su questa visione, e convincere e affascinare le persone su questa proposta”. Ancora una volta Becchetti coglie giustamente la debolezza valoriale e programmatica della politica italiana, della necessità di riportare una visione sociale cristiana nell'agone politico, ma poi sembra balenarsi di nuovo un lavoro pre-politico da usare come strumento di entrismo negli attuali partiti o in ciò che saranno tra composizione e scomposizioni. Chi dovremmo affascinare in tal modo? Non si corre il rischio che tale fascino colpisca solo classe dirigente senza incidere in un popolo che sta andando da un'altra parte e, così, depotenziando una visione ed una storia che potrebbero contribuire alla cura delle sue paure esplose con le elezioni del 4 marzo che hanno modificato il campo da gioco e sono state una sorta di derby tra presunti diritti civili e sbandierati diritti sociali? Dove rimane il dovere all'identità richiamato da Papa Francesco per costruire un dialogo proficuo tra culture politiche che possono essere antidoto ai populismi? Certo serve innescare un processo politico, non una occupazione di spazi, ma ciò presuppone il coraggio del rischio, un po' come quello di don Luigi Sturzo quando lanciò l'appello ai “liberi e forti” citato da Bassetti e che ci prepariamo a ricordare in occasione del suo centenario: ma sarà una commemorazione o un incentivo all'azione senza timori per riscoprire una cultura capace di sintesi e risanamento della citata frattura?

D fronte all'impegno dei popolari, dei democratici cristiani, di quei cattolici democratici che hanno saputo guidare il paese e costruire l'Europa non corriamo il rischio, dopo gli atei devoti, i neocon, i cattocomu, ecc., cioè sbandate continue, di aprire una forse non esaltante stagione di “cattolici consulenti”? Sarebbe consigliabile tra le tante canzoni ascoltabili provare con “Un mondo migliore” di Vasco Rossi:

“Non è facile pensare di cambiare
Le abitudini di tutta una stagione
Di una vita che è passata come un lampo
E che fila dritta verso la stazione
Di un mondo migliore
E un mondo migliore

Sai, essere libero
Costa soltanto
Qualche rimpianto
Sì, tutto è possibile
Perfino credere
Che possa esistere
Un mondo migliore
Un mondo migliore...

Non è facile trovarsi su una strada
Quando passa la necessità di andare
Quando è ora è ora è ora di partire
E non puoi non puoi non puoi più rimandare
Il mondo migliore
Un mondo migliore

Sai, essere libero
Costa soltanto
Qualche rimpianto
Sì, tutto è possibile
Perfino credere
Che possa esistere
Un mondo migliore
Un mondo migliore...


1 Commento

  1. Speriamo che una analisi così precisa e lucida si unisca al più presto alla disponibilità a collaborare in un urgente gioco di squadra.
    In fondo siamo stati nel recente passato un po’ tutti consulenti, anche perchè raramente vedevamo davanti a noi una squadra affidabile in cui svolgere un effettivo ruolo politico e non essere solo strumentalizzati (o addirittura utili idioti).

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