La notizia delle ultime ore relativa all'iscrizione nel registro degli indagati dei sindaci di Civita, San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara di Calabria, Alessandro Tocci, Antonio Cersosimo e Antonio Carlomagno e del presidente del Parco Nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra, a seguito del grave incidente avvenuto nelle gole del torrente Raganello il 20 agosto, lascia perplessi l’Unione nazionale degli Enti montani e i colleghi Sindaci di tutto il Paese. Le accuse sono molto gravi, omicidio colposo e lesioni colpose, inondazione colposa ed omissione di atti d'ufficio.
La magistratura si rispetta sempre, sia nella fase delle indagini, sia nelle sentenze. Ma non è la prima volta che i sindaci finiscono in un'indagine a seguito di eventi calamitosi che coinvolgono la comunità e il territorio. È vero, sono responsabili della protezione civile, sono un pezzo dello Stato. Ma riteniamo non possano essere accusati di non aver dato in tempo allarmi, come peraltro dovrebbero dare ogni due, tre, quattro giorni, viste le molteplici, forse troppe, allerte gialle che ricevono. C'è chi ne ha contate anche quindici in un mese, ricevute dal sindaco via fax in municipio o via sms il venerdi pomeriggio per il week end. Secondo la logica per la quale, con un allerta gialla un Sindaco deve applicare misure e interventi preventivi, l'Amministrazione sarebbe costretta a chiudere strade, accessi, ponti, versanti, pezzi di bosco o di parco, scogliere e aree lungo fiumi e torrenti per quindici giorni o più al mese. È questa la tutela che vogliamo? E chi lo farebbe nei piccoli Comuni o nelle Unioni dove non vi è personale? Direttamente il sindaco? Il vicesindaco? Il tecnico comunale che fa anche il vigile?
È ovviamente impossibile e assurdo.
In un sistema sussidiario, è invece necessario rivedere i sistemi di allerta e le conseguenti responsabilità. Come avevamo già detto all'indomani dell'incidente, non possono essere i Sindaci il parafulmine e l'anello debole della catena dello Stato, chi decide e chi ha tutte le grandi responsabilità da gestire. Serve una revisione del sistema di allerta che tuteli gli Amministratori locali in modo adeguato. Ne parlerò nelle prossime ore con il Capo della Protezione civile Borrelli.
Le persone che scelgono questo o quel percorso escursionistico o sportivo, in un canyon, su un versante montano, innevato o no, si assumono le responsabilità. Ne rispondono.
I Comuni devono ovviamente avere chiari piani di Protezione civile, ancor meglio se fatti a livello sovracomunale con l'Unione o la Comunità montana. Il centro, il sistema centrale della Protezione civile non deve e non può far cadere tutte le responsabilità sui piccoli Comuni delle aree più fragili dell'Italia, Alpi e Appennini.
Il rischio vero di tutto questo, anche di queste accuse, è che nei prossimi anni, dalle elezioni amministrative 2019, troveremo sempre meno persone disposte a fare i sindaci, sempre meno disposte a prendersi, senza alcuna indennità, delle enormi responsabilità che, come questa volta e come a Genova anni fa per Marta Vincenzi, possono portare gli amministratori locali, con tutta la loro buona volontà, l'impegno, la determinazione, anche nelle aule dei tribunali
La magistratura si rispetta sempre, sia nella fase delle indagini, sia nelle sentenze. Ma non è la prima volta che i sindaci finiscono in un'indagine a seguito di eventi calamitosi che coinvolgono la comunità e il territorio. È vero, sono responsabili della protezione civile, sono un pezzo dello Stato. Ma riteniamo non possano essere accusati di non aver dato in tempo allarmi, come peraltro dovrebbero dare ogni due, tre, quattro giorni, viste le molteplici, forse troppe, allerte gialle che ricevono. C'è chi ne ha contate anche quindici in un mese, ricevute dal sindaco via fax in municipio o via sms il venerdi pomeriggio per il week end. Secondo la logica per la quale, con un allerta gialla un Sindaco deve applicare misure e interventi preventivi, l'Amministrazione sarebbe costretta a chiudere strade, accessi, ponti, versanti, pezzi di bosco o di parco, scogliere e aree lungo fiumi e torrenti per quindici giorni o più al mese. È questa la tutela che vogliamo? E chi lo farebbe nei piccoli Comuni o nelle Unioni dove non vi è personale? Direttamente il sindaco? Il vicesindaco? Il tecnico comunale che fa anche il vigile?
È ovviamente impossibile e assurdo.
In un sistema sussidiario, è invece necessario rivedere i sistemi di allerta e le conseguenti responsabilità. Come avevamo già detto all'indomani dell'incidente, non possono essere i Sindaci il parafulmine e l'anello debole della catena dello Stato, chi decide e chi ha tutte le grandi responsabilità da gestire. Serve una revisione del sistema di allerta che tuteli gli Amministratori locali in modo adeguato. Ne parlerò nelle prossime ore con il Capo della Protezione civile Borrelli.
Le persone che scelgono questo o quel percorso escursionistico o sportivo, in un canyon, su un versante montano, innevato o no, si assumono le responsabilità. Ne rispondono.
I Comuni devono ovviamente avere chiari piani di Protezione civile, ancor meglio se fatti a livello sovracomunale con l'Unione o la Comunità montana. Il centro, il sistema centrale della Protezione civile non deve e non può far cadere tutte le responsabilità sui piccoli Comuni delle aree più fragili dell'Italia, Alpi e Appennini.
Il rischio vero di tutto questo, anche di queste accuse, è che nei prossimi anni, dalle elezioni amministrative 2019, troveremo sempre meno persone disposte a fare i sindaci, sempre meno disposte a prendersi, senza alcuna indennità, delle enormi responsabilità che, come questa volta e come a Genova anni fa per Marta Vincenzi, possono portare gli amministratori locali, con tutta la loro buona volontà, l'impegno, la determinazione, anche nelle aule dei tribunali
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