Evasione fiscale: siamo alle solite



Ferruccio De Bortoli    13 Settembre 2018       0

Rilanciamo da www.corriere.it un articolo su un tema “sempreverde” della malata economia italiana, in cui l’ex direttore del quotidiano milanese Ferruccio De Bortoli lamenta ambiguità e contraddizioni nell’annunciata politica fiscale del governo Lega-M5S: si ipotizza il carcere per chi non paga le tasse ma poi si pianifica la pace fiscale. L’ennesimo condono frustrante per gli onesti.

 

Governo Corruzione ed evasione fiscale sono le due malattie endemiche della società e dell’economia italiane. Nel primo caso, le misure previste dal disegno di legge del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede sono il portato di una visione calvinista o giustizialista, a seconda dei punti di vista. Per certi versi necessaria in un Paese a bassa legalità come il nostro. A patto che la minaccia di dure sanzioni, rimanendo sulla carta, non si esaurisca in vacue grida manzoniane. È già accaduto. Inasprire le pene a volte è del tutto inutile. Colpisce invece che sul fronte dell’evasione fiscale prevalga un garantismo indulgente. Del resto, i destini della legge di Bilancio per il 2019 sono legati al successo della cosiddetta «pace fiscale». La prossima manovra economica è nelle mani dei tanti che — in lite o in arretrato con l’amministrazione tributaria — decideranno di aderire a quello che è, a tutti gli effetti, un condono.

Il paradosso

Italiani in ritardo (anche con qualche giustificazione) con il Fisco, che hanno paradossalmente più importanza politica — per il numero e il peso elettorale — dei molti contribuenti onesti. Questi ultimi accoglieranno gli sconti della «pace fiscale» (e non solo la cancellazione di sanzioni e interessi di mora) come una beffarda conferma di un’italica inclinazione allo scarso rispetto delle regole. Nessuno viene premiato per aver pagato tutto e nei tempi giusti. Anzi, in qualche caso è persino deriso. Chi paga le imposte paga troppo. Non va dimenticato, per esempio, che il total tax rate, l’insieme di tasse e contributi pagati da un’azienda è, in Italia, superiore al 60 per cento, seppur in discesa negli ultimi anni.Dalla lettura del «Contratto per il governo del cambiamento» si evince il proposito battagliero di una lotta senza quartiere ai grandi evasori. Anche con il «carcere vero».

L’Iva sfuggente

Tra i grandi evasori ci sono: persone fisiche, imprese, multinazionali. Ma forse non nella mitica proporzione e, soprattutto, non nella facile reperibilità cui pensano gli estensori del programma. Per la grande massa dei contribuenti vi è un’ indispensabile attenzione alla semplificazione degli adempimenti, alla comprensione delle innegabili difficoltà moltiplicate dalla lunga crisi. Ovvero, l’abolizione degli studi di settore; il restyling del redditometro e non il suo superamento come inizialmente annunciato; lo spesometro che finirà con l’obbligo di fattura elettronica dal prossimo gennaio. Il recente «decreto dignità» ha tolto il meccanismo di split payment — che trattiene allo Stato l’Iva sulle forniture — per i soli professionisti. L’enfasi sull’evasione di necessità appare però eccessiva in un Paese con circa 80 miliardi di pagamenti in nero che sfuggono all’Iva e solo 34 mila persone fisiche che dichiarano un reddito superiore ai 300 mila euro l’anno.

La flat tax

Il contrasto all’evasione, nel programma legastellato, è affidato soprattutto alla flat tax e all’insieme delle misure che dovrebbero garantire una «maggiore base imponibile tassabile». Un Fisco semplice, leggero e amichevole dovrebbe indurre una più elevata disciplina fiscale, una maggiore coscienza civile, una cittadinanza consapevole. Mah, lecito dubitarne. La flat tax sarà per ora limitata a una più realistica riduzione delle aliquote e all’estensione del regime forfettario per le partite Iva. Chi paga le più alte aliquote Irpef non ne sarà felice. «E la pace fiscale — spiega il giurista Raffaello Lupi — garantirà un gettito apprezzabile solo se avrà la forma di un condono tombale come quello Berlusconi-Tremonti del 2002. Cioè interessi tutti, non solo chi ha un contenzioso. Ma è una misura screditata in sede europea». Oltre che fortemente diseducativa, aggiungiamo noi.

La retorica del «fisco amico»

Lupi è autore di un originale saggio L’Evasione, appena pubblicato da Castelvecchi, nel quale affronta gli aspetti storici e sociologici del rapporto tumultuoso fra gli italiani e il Fisco. Sostiene che sia sbagliato e dannoso politicamente colpevolizzare alcune categorie produttive. Critica i toni dei «moderni inquisitori antievasione». Demolisce la retorica del «fisco amico» ed è convinto che l’evasione sia più la conseguenza di una disfunzione pubblica che di una perversione privata. «Va rotto il troppo stretto cordone ombelicale tra controllo e accertamento. Oggi su 90 ispezioni 89 sono positive. Va ripreso il controllo valutativo del territorio. Vedo, controllo e poi punisco i peggiori, ma assisto e consiglio tutti gli altri». Ovviamente qui si aprirebbe il tema, assai delicato, della discrezionalità degli accertamenti.

La situazione

Nella sua relazione di fine mandato come direttore dell’Agenzia delle Entrate e presidente dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, Ernesto Maria Ruffini ha ricordato che nel 2017 sono stati recuperati, nella lotta all’evasione, 20,1 miliardi (+5,8%). Secondo quello che Ruffini ha detto in diverse audizioni parlamentari, il «residuo di magazzino» utile di Agenzia Entrate- Riscossione, erede di Equitalia, che riscuote anche per i comuni e per l’Inps, è di circa 50 miliardi. Il 25 per cento costituito dall’Iva, imposta comunitaria. La «pace» per l’Iva è impraticabile essendo un’imposta comunitaria. A maggior ragione per gli arretrati Inps (14%). Restano grosso modo 30 miliardi che potrebbero dare un gettito intorno ai tre o poco più se si dovesse applicare una aliquota del 10%.

Ma sarebbe importante, anche nell’analisi di Ruffini — che ha passato in questi giorni le consegne al suo successore, il generale della Guardia di Finanza Antonino Maggiore -—liberare l’arretrato. E concentrare, di conseguenza, l’attività di accertamento e riscossione sull’attualità, senza «pestare l’acqua nel mortaio» di un magazzino ingestibile. Ciò forse consentirebbe, come dice Lupi, di riprendere il «controllo valutativo del territorio», oltre che di aumentare l’ammontare dei recuperi dell’evasione.

La semplificazione digitale

La digitalizzazione delle transazioni è destinata a rivoluzionare il rapporto tra il Fisco e i contribuenti. Nulla teoricamente potrebbe sfuggire. Uno scenario che dischiude immensi problemi di privacy ma potrebbe semplificare oltremodo, come avviene con la fatturazione elettronica, gli adempimenti, ridurre i costi e rendere inutili dichiarazioni periodiche. L’Ocse, l’Organizzazione dei principali Paesi industrializzati, calcola che grazie allo scambio automatico dei dati fiscali potrebbero emergere, nei Paesi membri, 85 miliardi di dollari di imponibile. Consulenti e avvocati, responsabili delle pianificazioni fiscali di imprese e famiglie, secondo le Mandatory disclosure rules dell’Ocse, saranno obbligati, dal primo luglio 2020, a comunicare tutto. Le eventuali sanzioni saranno però a carico degli Stati membri. E qui si vedrà il loro grado di serietà. Gli Stati Uniti i dati non li scambiano. I loro evasori li trattano alla stregua dei peggiori criminali. Degli altri non si curano.


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