Da tempo diciamo che il voto del 4 marzo ha mutato radicalmente il panorama politico nel nostro Paese. Un panorama politico che riflette, del resto, ciò che già capita nel Vecchio Continente da molto tempo. Un cambiamento che ha cancellato i vecchi equilibri politici e di potere da un lato e che, dall'altro, ha certificato il fallimento dei partiti plurali – come PD e Forza Italia – facendo tornare al centro del dibattito politico le antiche identità politiche e culturali. O meglio, il futuro politico non si basa più su anonimi e indistinti contenitori plurali ma, al contrario, nella riscoperta delle identità capaci, però, di trasformarsi in soggetto politico autonomo e organizzato.
E la prossima consultazione europea del 2019 rappresenta un appuntamento troppo ghiotto e importante per essere bypassato o sottovalutato. E ciò per almeno tre ordini di ragioni.
Innanzitutto, come abbiamo detto, se è vero che le identità politiche devono tornare a mettersi in gioco, è giocoforza che anche il cattolicesimo politico italiano – e ciò che storicamente ha rappresentato e rappresenta nel nostro Paese – non possa più essere colpevolmente assente. Di fronte all'irrompere della destra, seppur moderna e sovranista; al ritorno prima o poi della tradizionale sinistra e al prepotente protagonismo del populismo in salsa demagogica, la miglior cultura cattolica di matrice costituzionale deve entrare in gioco. Non per rivendicare uno spazio di potere o per alzare una semplice bandiera identitaria ma, al contrario, per dispiegare sino in fondo la sua potenzialità culturale e ideale. Che era e resta decisamente attuale e moderna.
In secondo luogo l'Europa. Se c'è una dimensione sociale e culturale e un livello istituzionale che richiedono la presenza e l'apporto di una cultura politica cattolico popolare e democratica questa è certamente l'Europa. E questo non solo per la battaglia decisiva che vede contrapposto un fronte sovranista e populista, dichiaratamente di destra, contro un agglomerato europeista e solidarista. Ma anche perché l'Europa politica è stata pensata, progettata e costruita anche dal pensiero cattolico democratico, popolare e sociale. Sarebbe curioso se la sfida del 2019 dovesse certificare la radicale assenza dalla competizione elettorale di una lista/ partito/ movimento/ contenitore con un esplicito richiamo a questa tradizione ideale.
In terzo luogo, d'ora in poi, dove ci sono competizioni elettorali rette da sistemi proporzionali, la presenza di questo futuro soggetto politico deve essere in campo. Senza se e senza ma, come si suol dire. E questo non solo perché questa gloriosa e nobile esperienza politica è nata con il proporzionale e si è – occorre pur riconoscerlo – pericolosamente eclissata con la fine del sistema proporzionale. Ma perché la necessità di avere in campo una forza politica popolare, riformista, democratica e di ispirazione cristiana la si deve declinare proprio in coincidenza di una elezione – il rinnovo del Parlamento europeo, appunto – che vede quella cultura storicamente protagonista.
Verrebbe quasi da dure, citando un vecchio ma efficace slogan, "se non ora quando?".
E la prossima consultazione europea del 2019 rappresenta un appuntamento troppo ghiotto e importante per essere bypassato o sottovalutato. E ciò per almeno tre ordini di ragioni.
Innanzitutto, come abbiamo detto, se è vero che le identità politiche devono tornare a mettersi in gioco, è giocoforza che anche il cattolicesimo politico italiano – e ciò che storicamente ha rappresentato e rappresenta nel nostro Paese – non possa più essere colpevolmente assente. Di fronte all'irrompere della destra, seppur moderna e sovranista; al ritorno prima o poi della tradizionale sinistra e al prepotente protagonismo del populismo in salsa demagogica, la miglior cultura cattolica di matrice costituzionale deve entrare in gioco. Non per rivendicare uno spazio di potere o per alzare una semplice bandiera identitaria ma, al contrario, per dispiegare sino in fondo la sua potenzialità culturale e ideale. Che era e resta decisamente attuale e moderna.
In secondo luogo l'Europa. Se c'è una dimensione sociale e culturale e un livello istituzionale che richiedono la presenza e l'apporto di una cultura politica cattolico popolare e democratica questa è certamente l'Europa. E questo non solo per la battaglia decisiva che vede contrapposto un fronte sovranista e populista, dichiaratamente di destra, contro un agglomerato europeista e solidarista. Ma anche perché l'Europa politica è stata pensata, progettata e costruita anche dal pensiero cattolico democratico, popolare e sociale. Sarebbe curioso se la sfida del 2019 dovesse certificare la radicale assenza dalla competizione elettorale di una lista/ partito/ movimento/ contenitore con un esplicito richiamo a questa tradizione ideale.
In terzo luogo, d'ora in poi, dove ci sono competizioni elettorali rette da sistemi proporzionali, la presenza di questo futuro soggetto politico deve essere in campo. Senza se e senza ma, come si suol dire. E questo non solo perché questa gloriosa e nobile esperienza politica è nata con il proporzionale e si è – occorre pur riconoscerlo – pericolosamente eclissata con la fine del sistema proporzionale. Ma perché la necessità di avere in campo una forza politica popolare, riformista, democratica e di ispirazione cristiana la si deve declinare proprio in coincidenza di una elezione – il rinnovo del Parlamento europeo, appunto – che vede quella cultura storicamente protagonista.
Verrebbe quasi da dure, citando un vecchio ma efficace slogan, "se non ora quando?".
Caro Giorgio,
guardare all’Europa, ora che i partiti/movimenti si guardano l’ombelico e non certo alla macro regione europea, pare corretto se non indispensabile.
In Italia abbiamo sempre avuto strabismo circa una struttura sovranazionale (peraltro mal rappresentata dall’iper-burocrazia di Bruxelles che genera ripulsa e non attrae, configurandosi come una forza prevalentemente censoria). Il campanilismo e la patria minuscola prevale e della nozione di Italia vi sono mille visioni, tutte non identitarie.
Il pensiero cattolico può essere la visuale sovranazionale e unificante per i valori professati e condivisi, ma è collante ecumenico sufficiente?
Tra un cattolico, un protestante ed un ortodosso, tutti cristiani, dovrebbe esserci molto in comune, ma di fatto prevalgono, mi pare, visuali parallele piuttosto che convergenti. Nihil sub sole novi, lo diceva già Koelet molte migliaia di anni fa!
Ad maiora,
Dario
L’identità specifica del cattolicesimo democratico sarà antica, ma è più che mai attuale e valida. Spero proprio che alle prossime elezioni europee ci sia in Italia un partito che si richiami esplicitamente al popolarismo. Grazie Merlo che hai sollevato il dibattito.