Occidente e Islam, la difficile convivenza



Alessandro Risso    7 Giugno 2018       0

Il partecipato incontro organizzato a Torino dai Popolari piemontesi con don Ermis Segatti, conosciuto ed apprezzato teologo, esperto di religioni orientali, aveva come titolo un dubitativo, e prudente, “Occidente e Islam: quale possibile convivenza?”.

 

Nell’introduzione alla serata, Franco Campia ha ricordato alcuni dati di fatto preliminari per indirizzare il tema e la discussione. In Europa vive una consistente comunità islamica, particolarmente numerosa in Germania, con oltre un milione e mezzo di turchi, e in Francia, dove quasi il 10% della popolazione, di origine magrebina, professa la religione di Maometto. Anche in Italia la presenza di islamici è destinata ad incrementarsi, sia per dinamiche demografiche sia per nuovi arrivi di migranti, che non sono in maggioranza islamici ma comunque ne accrescono il numero. Tale presenza, in aumento, è un dato strutturale, un “fatto” che non può essere rimosso. Il problema non è dunque “schierarsi”, ma attrezzarsi per gestire al meglio la convivenza, “se possibile fruttuosa, se no, almeno accettabile”. Occorre definire strategie di integrazione, nazionali e locali, considerando una cultura che resta spesso “altra” e per nulla cedevole, pur nella molteplice declinazione delle sensibilità personali. Tutto è reso più complesso dal diffondersi del radicalismo in campo sunnita e dalla superficialità con cui viene trattato l’argomento nella pubblica opinione: esiste un taglio informativo che sottolinea rischi e misfatti – anche solo per scopi elettorali – cui si contrappone un orientamento eccessivamente buonista, che finisce per dimenticare le complessità reali. Conoscere l’Islam è il primo passo per poter radicare valutazioni e scelte.

 

Don Ermis Segatti è partito da qui per fornire alcune corrette chiavi di lettura del rapporto tra Occidente e Islam. Due mondi che sono molto vicini, da secoli e secoli, che hanno avuto contatti, scontri e integrazioni. Non si può tuttavia comprendere la dinamica di tale rapporto se non si ha chiaro cosa sta succedendo all’interno di ciascuno dei due mondi. “Nell’Islam, con lo scontro tra sciiti e sunniti, è in corso qualcosa di paragonabile alle guerre di religione nell’Europa tra Cinquecento e Seicento”, con una ampia varietà di forze in campo che gli occidentali tendono a semplificare in modo inaccettabile. “L’Occidente invece ha una crisi di identità, in quanto con l’avanzata secolarizzazione manca una identità religiosa che nell’Islam è preponderante. Il fatto di tacere sulla religione, di non considerarla un elemento fondante della società, è per gli islamici come se l’Occidente li guardasse con un occhio solo”. Questa asimmetria culturale fa sì che il confronto tra le due civiltà parta da piani diversi, il che rende difficile, e a volte spezza, il dialogo.

E anche cercando di mettersi sullo stesso piano, cosa che ai religiosi e laici cattolici dovrebbe riuscire più facile, vi è un elemento che rende arduo dialogare: la centralità del libro sacro, il Corano, e l’interpretazione letterale che ne danno i musulmani. E nel Corano è chiaramente scritto che dalla religione discende l’autorità sociale e politica, principio molto diverso dal “date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio”. Esistono sicuramente molti passi che confermano la tesi secondo cui “l’Islam è pace”, sostenuta da molti imam che hanno dialogato con don Ermis nel corso degli anni: “Ma esistono anche sure contrarie, che in qualche modo giustificano una perenne guerra santa”. E cosa dire sul ruolo della donna? “Per l’Islam vale la metà dell’uomo, e noi occidentali non possiamo accettarlo. Ma consideriamo che è grazie a Maometto se le donne, che nei Paesi arabi valevano zero, sono salite allo 0,5”.

Certamente l’Occidente non è un modello per l’Islam, anzi è visto con diffidenza, “dato che gli occidentali, i cristiani, sono considerati come invasori. E la storia lo conferma. Solo nell’Ottocento l’Islam si è sentito inferiore all’Occidente, quasi affascinato dalla sua civiltà”. Poi però l’Occidente ha ampliato a dismisura gli spazi per l’individuo, e questo rappresenta un elemento di forte diversità tra i due mondi. Dopo tutto, nei Paesi islamici troviamo quasi sempre regimi dittatoriali o almeno governi autoritari.

Difficile quindi conciliare le libertà individuali e collettive dell’Occidente con la più rigida visione sociale e politica dell’Islam: “Per cambiare questa impostazione si dovrebbe cambiare il Corano. Cosa impossibile, perché significherebbe volersi mettere sullo stesso piano di Dio”. Una bestemmia.

L’unica possibilità di dialogo, agevole per un teologo con la cultura di don Segatti e per pochi altri, “è mettere in crisi i precetti attraverso altri precetti che li contraddicono”.

Chi auspica un cambiamento dell’Islam può tuttavia fare affidamento su un altro fenomeno, che lavora sottotraccia ed è il più temuto dai capi delle comunità musulmane: l’omologazione nello stile di vita occidentale, soprattutto dei bambini e dei giovani . La secolarizzazione potrebbe diventare inarrestabile anche per l’Islam. Dove non hanno fatto breccia né il Cristianesimo né l’Illuminismo, potrebbero risultare dirompenti la Coca Cola, internet e il "Grande Fratello".

 


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