E qui comando io…



    2 Maggio 2018       3

È più forte di loro. Prima Berlusconi ruba la scena a Salvini che sta parlando a nome del centrodestra dopo un colloquio al Colle con Mattarella: facce, gesti, bisbiglii di chi fa capire a tutti che non è lui una comparsa, ma il protagonista. Poi Renzi, proprio lo stesso che si era autolimitato nel ruolo di senatore di Firenze dopo l’ennesima batosta elettorale del suo PD, che se ne esce sotto i riflettori del compiacente Fabio Fazio per dettare la linea del partito e chiudere ogni spiraglio di dialogo con i 5 Stelle. Intendiamoci, non che fosse realmente praticabile un’alleanza fra le due forze politiche, sia per i recenti, turbolenti rapporti, sia per i numeri molto risicati in Parlamento. Ma almeno aspettare la Direzione del partito fissata per il 3 maggio, il luogo deputato a discutere, confrontarsi e decidere la linea politica, sarebbe stato un segno di rispetto delle regole democratiche di una comunità di associati.

Ma il Matteo fiorentino non riesce proprio a contenere la sua indole padronale: dopo tutto, il PD attuale lo ha modellato a sua immagine e somiglianza, riducendone la rappresentanza parlamentare a una corte di nominati (con poche eccezioni) da lui medesimo. I vari Martina, Franceschini, Fassino, Zanda non penseranno mica di poter fare di testa loro? Pazienza un Cuperlo, ora neppure parlamentare, che renziano non lo è mai stato, Ma questi, che sono stati saldamente sul carro del vincitore fino al deragliamento del 4 marzo, non devono azzardarsi a pensare cose diverse da quelle del capo. Che per qualche settimana si è tenuto un po’ defilato, ma che alle prime avvisaglie di timida autonomia di pensiero ha provveduto a battere il pugno sul tavolo per ricordare chi comanda e richiamare all’ordine tutto il PdR: il partito di Renzi, appunto.

Come si evolverà la situazione di questa forza politica? Dato che nella storia una rivolta dei lacchè non si è mai vista, e che i liberi pensatori sono una esigua minoranza, bisognerà aspettare l’ennesimo rovinoso inciampo del capo. La sua indole autoritaria, la sua persistente vocazione maggioritaria in un sistema ora proporzionale, sono il preludio a nuove defezioni di dirigenti, militanti, elettori. A meno che non se ne vada lui per imitare il cammino di Macron in Francia.

Comunque sarà, dopo aver rottamato il PD, riuscirà nell’impresa di rottamare anche il PdR.


3 Commenti

  1. Bastava abbandonarlo quando qualcuno conoscendolo bene se ne andò dopo la vergognosa giornata dei 101. Il PD sarebbe stata un’altra cosa oggi, soprattutto sarebbe stato un po’ più democratico, ma i servi sono sempre maggioranza.

    • “Il bue dice cornuto all’asino” secondo un antico proverbio! Tutti si sbracano ad additare i 5 stelle come un partito antidemocratico. Ma gli altri sono democratici? Assolutamente no. Da quando il sig. B è entrato in politica i veri partiti democratici sono tutti spariti ed è subentrato il “leaderismo”. Il capo decide la linea politica che, poi, non è mai chiara ma elastica a seconda dell’umore dello stesso capo. Le leggi elettorali, poi, sono fatte in modo che i capi partito riescono a mettere in lista i loro “servi sciocchi” che, poi, vengono eletti e si “sdraiano” ai voleri del “Capo”. Gli elettori, poi, cercano di difendersi e creano ondeggiamenti spettacolari con i loro voti mettendo sugli altari ora uno ora un altro a seconda della capacità di convincimento e delle menzogne dei candidati. Conclusione: la democrazia è fortemente ammalata e rischia di morire se non ci si inventa qualcosa.

  2. I partiti, oggi, in Italia sono tutti “partiti personali”, o del “capo” o del “guru”. E sin qui, mi pare, tutti concordano essendo una semplice fotografia. Dopodichè ogni partito ha la sua variante “personale”. Per fermarsi al Pd, però, non possiamo non dire che Renzi esercita questo “comando” assoluto anche perchè è un leader carismatico che non ha eguali all’interno del partito in questo momento. Piaccia o non piaccia è così. E la vicenda grottesca – per fermarsi alle dichiarazione del reggente Martina – della formazione del Governo e dell’eventuale accordo con i 5 stelle lo ha, per l’ennesima volta, platealmente confermato. Al contempo, non possiamo non dire che quelli che all’interno del Pd parlano ancora simpaticamente di “partito comunità” e di “collegialità decisionale” forse sarebbe opportuno che affrontassero altri temi….

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