La strategia di ZingaLetta



Alessandro Risso    1 Aprile 2021       4

Le dimissioni a sorpresa di Zingaretti da segretario del Partito Democratico hanno fatto un po' di clamore soprattutto per il durissimo giudizio sul partito balcanizzato in correnti che hanno sottoposto il mite Nicola a un continuo “stillicidio”: “Mi vergogno che nel PD da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie quando in Italia sta esplodendo la terza ondata Covid”. Non si ricorda che un leader sia arrivato a vergognarsi del proprio partito, ma al PD nulla è precluso...

Incassate le dimissioni, con un po' d'imbarazzo (ma neanche troppo) per le esternazioni del segretario uscente, i Dem hanno richiamato Enrico Letta dall'esilio parigino che si era autoimposto per ritrovare un po' di serenità dopo la defenestrazione subita da Renzi. Lui ha accettato, lusingato dal ruolo di “salvatore della patria”, e il partito ha compiuto l'impresa di eleggerlo praticamente all'unanimità al vertice del Nazareno. Postcomunisti e liberal, giovani turchi ed eterni dorotei, femministe e capicorrente rigorosamente maschi, renziani impenitenti, renziani pentiti e antirenziani: tutti insieme si sono riconosciuti nella candidatura dell'esule ex presidente del Consiglio, accorso al capezzale del partito. Un unanimismo che appare sorprendente, ma che al momento serve a mantenere un'unità di facciata.

Passando alla sostanza politica, sarà interessante vedere quanto la linea di Letta si discosterà da quella del predecessore. Zingaretti, ispirato dal suo Rasputin, il fido Goffredo Bettini, aveva propugnato l'alleanza strategica con il Movimento 5 Stelle, a partire dalla strenua difesa del governo Conte – una linea del Piave nei fatti subito smentita per entrare nel governo Draghi... – e dalla proposta di presentare candidature comuni nelle grandi città.

Dal nostro punto di vista, in questa politica vediamo la solita, inaccettabile, riproposizione del bipolarismo. Il connubio PD-Cinquestelle rappresenterebbe la struttura portante del polo di centrosinistra, contrapposto al centrodestra a trazione sovranista (al netto delle giravolte governiste di Salvini). Forse nella testa dei dirigenti Dem c'è la segreta speranza di riportare al partito gran parte dei voti a suo tempo usciti verso il Movimento, passato in breve tempo dal “vaffa” alla difesa delle poltrone, e quindi entrato in piena sintonia con la classe dirigente Dem. Il rientro di LeU nel PD – “mai avere un concorrente a sinistra”, insegnavano alle Frattocchie – aggiungerebbe poi un semplice corollario al teorema principale.

Contro la strategia Bettini-Zingaretti si è intanto manifestata un'opposizione che per brevità definiremo “centrista”: non solo composta da Renzi e dal più presentabile Calenda, ma anche rappresentata da commentatori di giornali del mainstream italiano – affascinati dalle magnifiche sorti e progressive del governo Draghi – e dal battagliero giornale online “Linkiesta”, promotore di una grande alleanza dei riformisti – per occupare “lo spazio politico tra Enrico Letta e Mara Carfagna”, ha spiegato Marco Bentivogli nella prima grande adunata via web del rassemblement – che dovrebbe permettere al PD di affrancarsi dall'accordo con i populisti grillini. Coloro che lavorano alla creazione di questa sedicente “area liberaldemocratica” hanno salutato con favore il cambio al vertice del PD, vedendo nelle dimissioni di Zingaretti la sconfitta della linea di coalizione con il M5S, e in Letta un interlocutore più favorevole.

I primi passi del neo segretario hanno però detto altro. Letta ha incontrato Giuseppe Conte, leader in pectore del grillismo di governo, e ha espresso soddisfazione per l'incontro, condito anche da umana simpatia: “Siamo due ex che si sono buttati contemporaneamente in una affascinante nuova avventura”. Potrebbero davvero andare d'accordo i due, accomunati dal fatto di essere diventati “ex” per mano della stessa persona...

Questa prospettiva ha creato un po' di sconcerto – Letta rianima il partito di Conte, ha titolato “Linkiesta” un editoriale di Francesco Cundari – tra chi spera che il principe PD abbandoni la pretendente Cinquestelle per un nuovo rapporto con la galassia riformista e liberal. Sugli sviluppi di questa nuova telenovela molto ci diranno le scelte per i candidati sindaco del PD nelle grandi città, in particolare Roma. Che PD e Cinquestelle vadano ognuno per proprio conto al primo turno è quasi certo, vista la ricandidatura di Virginia Raggi. Se però il PD convergesse da subito su Calenda sarebbe impossibile un recupero di voti grillini al ballottaggio. Se invece il candidato Dem fosse Gualtieri (ministro con Conte) un travaso di voti al secondo turno sarebbe in gran parte possibile. Sempre ammesso, ma non concesso, che sia la Raggi a finire dietro il candidato del PD...

Insomma, al momento la linea politica del segretario entrante pare in assoluta continuità con quella del predecessore. Potremmo dire che esiste un'unica strategia, quella di ZingaLetta.

Volendo vedere le differenze tra i due, Letta – per atavica prudenza democristiana – avrebbe certamente evitato di definire Conte “il punto di sintesi ed equilibrio avanzato” del centrosinistra, come ha fatto Zingaretti. Ma questi avrebbe evitato di chiedere a Salvini di entrare nel PPE, uscita non meno infelice fatta da Letta. In positivo Zingaretti aveva almeno ritenuto necessaria (senza battere i pugni sul tavolo...) una nuova legge elettorale decisamente proporzionale per limitare i danni alla rappresentanza dovuti al secco taglio referendario del numero di parlamentari. Il rientrante Enrico si è invece subito premurato di far sapere di essere per il sistema maggioritario. Nessuno ovviamente lo dice, ma dalla Meloni a Bersani, passando per Salvini, Renzi e Letta, tutti intendono mantenere il privilegio di scegliere i “nominati”, uomini o donne che siano.

È ormai evidente che nessuno nel centrosinistra vorrà intestarsi il ritorno a un sistema elettorale proporzionale. Non il PD, centrale in ogni possibile coalizione alternativa al centrodestra. Non il Movimento 5 Stelle, che insediatosi a palazzo ha ben compreso l'importanza di poter nominare i parlamentari fedeli alla linea. Non gli aspiranti alleati dell'area riformista, dove i liberal alla Ceccanti, Morando, Parisi, così come Calenda e Renzi, sono convintamente per il maggioritario.

Il posizionamento sulla legge elettorale è quindi un primo eloquente passo che dimostra come Enrico Letta si stia muovendo su un percorso estraneo alla tradizione del Popolarismo. Eppure alcuni amici si sono un po' ringalluzziti per il cambio al vertice, con il passaggio da un ex segretario della Federazione giovanile comunista a un ex presidente dei Giovani democristiani europei: sperano che, grazie al nuovo leader, possa riprendere vigore la componente popolare del PD, e poterlo votare senza dover usare la molletta “alla Montanelli”, turandosi il naso.

Sono tuttavia assai scettico in proposito. Vi racconto, in modo asciutto, il perché.

Primavera 2018. Nel Direttivo dell'Associazione Popolari del Piemonte prepariamo il programma di incontri per celebrare il Centenario di fondazione del Partito popolare italiano. Nei giorni della ricorrenza, intorno al 18 gennaio 2019, intendiamo organizzare l'appuntamento clou, quello dai contenuti più politici, sull'attualità del Popolarismo, con due ospiti di rilievo, uno studioso e un politico. Come politologo interpelliamo Massimo Cacciari, che risponde alla mail una settimana dopo declinando l'invito, e nel giro di pochi giorni otteniamo la disponibilità di padre Occhetta. Per la figura politica decidiamo di puntare su Enrico Letta. Viene cercato telefonicamente dall'ultimo segretario regionale della Margherita, che con lui aveva avuto rapporti stretti anche in quanto referente locale della sua corrente, i “lettiani”: tante telefonate dirette senza risposta, e neppure i contatti con la cortese segretaria parigina, che assicura di aver informato il professore della richiesta, permettono allo sconsolato amico di ottenere una risposta. Allora prova a sentirlo l'ex parlamentare e segretario regionale del PD che con Letta aveva intrattenuto intensi e amichevoli rapporti sia alla Camera sia nella successiva attività di partito. Anche qui tutte telefonate andate a vuoto. Passato così un altro mese e arrivati a giugno, decide di tentare il presidente emerito dei Popolari piemontesi – padre nobile del cattolicesimo democratico e universalmente stimato – che aveva ben conosciuto il giovane Enrico sin dai tempi in cui collaborava con Andreatta ed era vicesegreterio del PPI. Nessuna risposta anche da questa serie di telefonate, neppure tramite la segretaria. Abbiamo così invitato Rosy Bindi, che ha subito accettato. Di Letta nessuna notizia fino a quando a inizio dicembre esterna ai media il suo Sì al referendum Renzi-Boschi. Il convegno, con relatori Bindi, Occhetta e Bodrato, si è poi tenuto il 26 gennaio 2019 con 130 presenti.

Non aggiungo nulla a quanto ho esposto, e tengo per me le considerazioni sulla persona, che viene sempre prima del politico. Capirete però perché mi permetto di dubitare del fatto che Enrico Letta possa rappresentare il leader di riferimento per il rilancio della tradizione politica popolare di ispirazione cristiana...

Dopo tutto anche lui è un personaggio del logoro teatrino della politica della Seconda Repubblica – quello ormai rifiutato da un elettore su due –, un protagonista della fallimentare stagione del bipolarismo, del maggioritario, della diaspora e dell'irrilevanza della nostra presenza culturale.

Occorre cambiare, con partiti nuovi e facce nuove. Insieme è un tentativo in questa direzione.


4 Commenti

  1. Son d’accordissimo che la Persona viene sempre prima del Politico, anche quello con P maiuscola. Mi chiedo però se già il PPI, come partito, si è sciolto in quanto ridotto al lumicino cosa pensa di diventare INSIEME se non a essere una nuova e importante testimonianza? Dal punto di vista politico, per non cadere nelle braccia di una destra guidata da Meloni e Salvini non c’è altro da fare che lavorare per un’alleanza PD/M5S/Ambientalisti/Insieme, cioè i Popolari veri/varie sfaccettature della sinistra, … Sarà il male minore, sarà il meno peggio, ma non vedo alternative. Ovviamente a livello locale dobbiamo lavorare in tal senso. Le cose che uniscono devono essere il collante. E riguardo alla sacralità della vita umana occorre ribadire che Norberto Bobbio in un’intervista storica si disse sorpreso che «i laici lasciassero ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere». Giorgio Merlo e forse tanti altri ce l’hanno con i 5S e le loro contraddizioni. Ma, mi ripeto, guardiamo piuttosto le cose che ci uniscono e non cosa ci divide. Ai problemi reali bisogna guardare, a cominciare anche dallo sperpero economico immenso (senza guardare alle problematiche sanitarie ed ambientali, perché se no siamo considerati NIMBI) che deve ancora cominciare (di quanto c’è già stato stendiamo un velo pietoso). Consentitemi di citare quanto ha detto recentemente Alessandro Barbero riguardo alla NLTL (Nuova Linea Torino Lione, il TAV c’è già): “Mi sono informato e trovo che i pareri siano ben documentati, mentre coloro che sono favorevoli all’opera portano solo argomentazioni fatte di ipotesi e speranze. Non sono avverso alle grandi opere in generale, ma bisogna fare solo quelle che servono per davvero”.
    Buona Pasqua !

  2. Egr. A. Risso, da cattolico non sono servo e non lo sono mai stato di alcuna ideologia rossa, nera, verde, arancione e di qualsiasi altro colore. Da qui l’idea che il PD sia un partito chimera, fusione mal riuscita di rosso e bianco sporco, metà rosso anche antico, metà bianco anche affarista. Non potrei mai sostenere o votare per un tal partito e non l’ho in realtà mai fatto. Letta è, in linea con il PD, un segretario chimera, metà di qua, metà di là. Non si sa se è per l’aborto, se è per l’eutanasia, per l’utero in affitto, per il matrimonio a composizione variabile, i nuovi diritti del PD. E tanto dal punto vi vista di valori non negoziabili, nel senso che non si decidono a numero o che si comprano. Dal punto di vista politico non ha dato nell’esperienza precedente segni di capacità gestionali. A lui era attribuito il parlamento e il governo “ palude “. Per di più dopo centomila e oltre morti per la pandemia, migliaia di lavoratori senza lavoro e senza alcuna prospettiva futura, migliaia di famiglie alla fame, crollo dell’economia Letta ritiene che le cose più importanti e decisive siano: la parità di sesso, una cretinata identica a “ uno vale uno “, per la quale si abolisce il merito e le capacità. Infatti perché non una segretaria del PD, se esiste una donna capace e meritevole? Il voto ai sedicenni, anziché dare ai giovani una scuola degna di tal nome. Lo ius soli per il quale esiste già la legge e che tra l’altro trova una grande opposizione persino tra i suoi. Grande convergenza con Conte? Sembrerebbe: alcuni l’attribuiscono all’analoga vicenda politica. Credo invece che sia una convergenza di mentalità. Entrambi hanno dato prova di essere indecisi, deficitari nella gestione dei problemi e desiderosi di rivincita, il peggior motore per una politica vera e di ideali. Infine quel che personalmente mi manca è l’offerta di un partito che, mantenendo fermi i valori naturali e cristiani, gestisca la cosa pubblica senza condizionamenti di ideologie che sono per definizione violente, antidemocratiche , liberticide e assassine. Sic stantibus rebus non saprei chi e se votare.
    Buona Pasqua
    Santo Bressani

  3. Nella politica dell’assurdo al PD mancano le correnti. Quelle vere. Se vuol essere riferimento “anche” per per la cultura cattolico democratica dove stanno i riferimenti? Nessuno accende la lampada per metterla sotto il moggio. Chi sono? Dove sono i riferimenti per i cattolici democratici li dentro? Questa è la vera domanda. Altro che il bla bla sulle donne che devono avere più posticini. Banalità ripetute fino alla nausea in linea con la deriva che subiamo da anni.

  4. Come molti amici di Rinascita sanno, vivo ormai stabilmente ed a tempo pieno in campagna, questo mi fa vedere le cose “romane” con un altro occhio, distaccato e non è mia intenzione commentare se non in rari casi la politica nazionale. Questo editoriale di Alessandro Risso merita una eccezione, essenzialmente per tutto quello che è scritto da questa frase in poi :
    “Sono tuttavia assai scettico in proposito. Vi racconto, in modo asciutto, il perché.”
    A mio avviso descrivere le persone e dar loro un giudizio politico basandosi su ciò che hanno fatto è per davvero l’unico modo serio di fare analisi politica.
    Penso che quanto descritto da Alessandro in merito al mutismo di Letta nonostante diverse telefonate, sia eloquente e poco incoraggiante.
    Beh, nonostante ciò il PD torinese si deve preparare prima o poi di esser indirizzato (senza possibilità di dire no) ad un grande abbraccio fraterno con il M5S in barba alla devastante campagna elettorale della sindaca Appendino contro il PD e particolarmente contro Fassino. Senza considerare ogni momento vissuto dalla attuale giunta comunale, fatta dalla società civile, da quelli puri, da quelli non legati a nessun padrino etc. sempre con aria di sufficienza se non scherno. Ma così sarà. Telefonate agli amici, si sa prendono tempo e non sempre si ha voglia di farle, i diktat invece si fanno e come.

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