
Sulla riforma della giustizia, in cui la maggioranza ha proceduto a tappe forzate senza alcun confronto con l'opposizione o con la magistratura, e con alle porte un referendum che spaccherà il Paese, paiono sensate le parole del presidente del Senato, Ignazio La Russa. che si è chiesto se il gioco valeva la candela. Per la seconda carica dello Stato un'inedita ed apprezzabile posizione super partes, forse in ottica quirinalizia 2029. Sempre che tra due anni la destra vinca le elezioni.
Ma torniamo al testo licenziato dal Parlamento, per dire intanto che non si può parlare di riforma della giustizia. Il tema è la separazione delle carriere dei magistrati senza che si vada ad incidere sui meccanismi processuali o sulle modalità per rendere più efficiente l'organizzazione giudiziaria nel suo complesso. Niente di tutto questo. I reali problemi del nostro sistema penale non vengono neanche sfiorati: la montagna ha partorito il classico topolino.
Quello che abbiamo di fronte è lo sdoppiamento dell'attuale Consiglio superiore della magistratura in due organi distinti: uno per quella giudicante e l'altro per quella requirente. Separazione delle carriere, per l'appunto. E sopra questi due consessi la creazione di un nuovo organismo, l'Alta corte disciplinare, composta da quindici membri, cui viene demandato il compito di valutare la condotta dei magistrati e comminare eventuali provvedimenti disciplinari. Competenza sinora in appannaggio al Csm e che la destra ritiene non essere stata svolta con sufficiente rigore.
Altra novità è che la composizione dei due Csm avverrà per sorteggio. Stesso metodo per dodici membri dell'Alta Corte su quindici, con gli ultimi tre componenti nominati dal Presidente della Repubblica. Si profila quindi non una normale elezione, con le preferenze per questo o quel candidato all'interno della magistratura, ma la ruota del caso. Ai magistrati viene imposta una regola senza eguali per alcun altra categoria professionale e che si scontra con un minimo buon senso, perché la casualità non può costituire un valido criterio di selezione.
Si dice che così facendo sarà possibile spezzare il sistema delle correnti che, va detto, da anni imperversava in maniera scandalosa. C'è però da chiedersi se non vi fosse un altro modo per risolvere il problema, sempre ammesso che dopo l'estrazione a sorte i giochi correntizi non si ripropongano sotto mentite spoglie. Ma se davvero viene riconosciuta la validità del sorteggio per scegliere i componenti del Csm, allora potrebbe essere opportuno applicare questo meccanismo anche alla selezione politica. Magari per i membri del Parlamento. Chissà che non si ponga un freno al generale scadimento della nostra classe dirigente.
Si è parlato inizialmente del parto di un topolino ma, a ben vedere, le cose non stanno proprio così. Il rischio è infatti che – tanto per continuare con la stessa metafora - l'attuale topolino finisca per rivelarsi una montagna. Anzi in una valanga, in grado di travolgere il potere giudiziario nel suo insieme.
Questa riforma che separa le carriere, presentata dalla destra come un dato meramente tecnico, altro non è che il primo passo per approdare al vero obiettivo: l'assoggettamento dei pubblici ministeri al potere esecutivo. Ossia al governo. Del resto gli strali meloniani contro la Corte dei Conti in occasione dei rilievi sul Ponte sullo Stretto chiariscono nel modo più lampante l'idea che l'attuale maggioranza ha del ruolo della magistratura.
Ecco allora il senso del doppio Csm. Si tratta del contenitore nel quale, in prospettiva, sarà riversato il nuovo contenuto, e cioè la sottoposizione dei pubblici ministeri, i magistrati inquirenti, sotto il ministero della Giustizia. Separati dai giudici di merito, ed enucleati dal grosso della magistratura, i pm - che comunque dovranno trovare una loro precisa collocazione – risulteranno fatalmente attratti nell'orbita governativa. Come del resto, accade in Francia e in altri Paesi europei.
Passo successivo ancora, l'abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale. Sarà la politica a stabilire quali reati colpire e su quali filoni di indagine lavorare. E a quel punto sarà anche, al tempo stesso, la fine dell'indipendenza del potere giudiziario e dell'uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge.
Ma torniamo al testo licenziato dal Parlamento, per dire intanto che non si può parlare di riforma della giustizia. Il tema è la separazione delle carriere dei magistrati senza che si vada ad incidere sui meccanismi processuali o sulle modalità per rendere più efficiente l'organizzazione giudiziaria nel suo complesso. Niente di tutto questo. I reali problemi del nostro sistema penale non vengono neanche sfiorati: la montagna ha partorito il classico topolino.
Quello che abbiamo di fronte è lo sdoppiamento dell'attuale Consiglio superiore della magistratura in due organi distinti: uno per quella giudicante e l'altro per quella requirente. Separazione delle carriere, per l'appunto. E sopra questi due consessi la creazione di un nuovo organismo, l'Alta corte disciplinare, composta da quindici membri, cui viene demandato il compito di valutare la condotta dei magistrati e comminare eventuali provvedimenti disciplinari. Competenza sinora in appannaggio al Csm e che la destra ritiene non essere stata svolta con sufficiente rigore.
Altra novità è che la composizione dei due Csm avverrà per sorteggio. Stesso metodo per dodici membri dell'Alta Corte su quindici, con gli ultimi tre componenti nominati dal Presidente della Repubblica. Si profila quindi non una normale elezione, con le preferenze per questo o quel candidato all'interno della magistratura, ma la ruota del caso. Ai magistrati viene imposta una regola senza eguali per alcun altra categoria professionale e che si scontra con un minimo buon senso, perché la casualità non può costituire un valido criterio di selezione.
Si dice che così facendo sarà possibile spezzare il sistema delle correnti che, va detto, da anni imperversava in maniera scandalosa. C'è però da chiedersi se non vi fosse un altro modo per risolvere il problema, sempre ammesso che dopo l'estrazione a sorte i giochi correntizi non si ripropongano sotto mentite spoglie. Ma se davvero viene riconosciuta la validità del sorteggio per scegliere i componenti del Csm, allora potrebbe essere opportuno applicare questo meccanismo anche alla selezione politica. Magari per i membri del Parlamento. Chissà che non si ponga un freno al generale scadimento della nostra classe dirigente.
Si è parlato inizialmente del parto di un topolino ma, a ben vedere, le cose non stanno proprio così. Il rischio è infatti che – tanto per continuare con la stessa metafora - l'attuale topolino finisca per rivelarsi una montagna. Anzi in una valanga, in grado di travolgere il potere giudiziario nel suo insieme.
Questa riforma che separa le carriere, presentata dalla destra come un dato meramente tecnico, altro non è che il primo passo per approdare al vero obiettivo: l'assoggettamento dei pubblici ministeri al potere esecutivo. Ossia al governo. Del resto gli strali meloniani contro la Corte dei Conti in occasione dei rilievi sul Ponte sullo Stretto chiariscono nel modo più lampante l'idea che l'attuale maggioranza ha del ruolo della magistratura.
Ecco allora il senso del doppio Csm. Si tratta del contenitore nel quale, in prospettiva, sarà riversato il nuovo contenuto, e cioè la sottoposizione dei pubblici ministeri, i magistrati inquirenti, sotto il ministero della Giustizia. Separati dai giudici di merito, ed enucleati dal grosso della magistratura, i pm - che comunque dovranno trovare una loro precisa collocazione – risulteranno fatalmente attratti nell'orbita governativa. Come del resto, accade in Francia e in altri Paesi europei.
Passo successivo ancora, l'abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale. Sarà la politica a stabilire quali reati colpire e su quali filoni di indagine lavorare. E a quel punto sarà anche, al tempo stesso, la fine dell'indipendenza del potere giudiziario e dell'uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge.
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