
Mi auguro che leggendo questo articolo qualcuno non voglia accusarmi di essere un trumputiniano (neologismo appena coniato, spero originale, ma non ne sono sicuro). Premetto anche che considererò solo i fatti, a prescindere dal giudizio su chi li ha creati.
Devo registrare che la notizia forse più importante degli ultimi giorni sia passata sotto silenzio da parte dei principali media, forse perché non allineata con la narrazione ufficiale univoca. Per gli emuli di San Tommaso, ovvero gli scettici fino a prova contraria, e per chi avesse ancora dei dubbi sul futuro che ci aspetta, l’incredibile notizia che dovrebbe fugare ogni dubbio sui futuri scenari è questa: per la prima volta dopo la caduta del muro di Berlino, gli Stati Uniti hanno inviato ufficiali osservatori alle esercitazioni congiunte tra Russia e Bielorussia, come documentato dalla Reuters.
Questo gesto, che solo un anno fa sarebbe stato ritenuto impensabile, rappresenta molto più di una semplice apertura militare: è la manifestazione tangibile della nuova strategia diplomatica americana che punta a riaprire dialoghi, ricucire rapporti e disegnare inediti scenari di pace nell’Est Europa, proprio mentre l’Unione Europea rimane nell’incapacità di proporre veri percorsi negoziali. Ma non basta, la Commissione Europea si dice scandalizzata per la presenza alle esercitazioni di 65 militari indiani affermando che “L’India passa la linea rossa unendosi ai war games di Russia e Bielorussia”. La “Storia” ci passa sulla testa e noi non riusciamo a vederla, forse perché abbiamo adottato la politica dello struzzo.
La partecipazione degli ufficiali statunitensi come osservatori alle esercitazioni Zapad-2025 segna una svolta tanto sorprendente quanto emblematica. Accolti dal ministro della Difesa bielorusso Viktor Khrenin con parole di inedita apertura – “Vi mostreremo tutto ciò che vi interessa. Qualsiasi cosa vogliate” – gli ufficiali americani sono stati invitati a testimoniare la trasparenza delle manovre. Il logico ed evidente corollario di questi fatti è che Mosca e Washington hanno stabilito un’alleanza militare e geopolitica.
La Bielorussia, da alleato tattico di Mosca, può così diventare ponte per una futura trattativa sull’Ucraina: gli americani sembrano decisi a scavalcare la tradizionale (e lenta) diplomazia europea per tessere accordi davvero efficaci ed evitare il conflitto continentale.
Dopo allarmi vari, veri o presunti tali, e mentre la retorica militare e le spinte all’escalation crescono in Europa occidentale, questa apertura a Minsk rappresenta un clamoroso capovolgimento sullo scacchiere della sicurezza euroasiatica e punta al raggiungimento della pace in Europa, malgrado la resistenza dell’élite di Bruxelles. Quest’ultima si appresta a prepararci ad una possibile invasione russa nel 2032 (!), rinforzando i confini Est con basi NATO difensive (o offensive, a seconda dei punti di vista).
La presenza di ufficiali americani dimostra la volontà, da parte di entrambe le parti, di ridurre la diffidenza, ricomporre canali di dialogo e smascherare la narrazione secondo cui non esisterebbero alternative alla logica dello scontro. È un chiaro messaggio agli europei: “Gli Stati Uniti sono i padroni della NATO e dell’Europa e non vogliono la Terza guerra mondiale”. L’impatto di questa nuova dinamica è dirompente per la politica estera dell’UE. Il rischio concreto è che l’Europa si ritrovi spettatrice passiva di un riassetto strategico deciso altrove. L’obiettivo è marginalizzare chi, in Europa, ha scommesso tutto sulla logica della deterrenza militare senza alternative.
Secondo fonti Reuters, gli Stati Uniti stanno lentamente sospendendo alcune vendite di armi all’Europa, e hanno intenzione di tagliare parte dell’assistenza di sicurezza a Lettonia, Lituania ed Estonia.
La divisione tra il vecchio potere, ancora forte in Europa, nonostante i sussulti, e la nuova visione evidentemente antitetica, è possibile intravederla nel riconoscimento, peraltro sacrosanto, da parte della Francia, dei Paesi dell’ex Commowealth e di altri, dello Stato di Palestina: una mossa che sembrerebbe più anti Trump che filo Palestina. Ma certamente qualsiasi iniziativa che possa porre fine all’orrore è benvenuta.
Devo registrare che la notizia forse più importante degli ultimi giorni sia passata sotto silenzio da parte dei principali media, forse perché non allineata con la narrazione ufficiale univoca. Per gli emuli di San Tommaso, ovvero gli scettici fino a prova contraria, e per chi avesse ancora dei dubbi sul futuro che ci aspetta, l’incredibile notizia che dovrebbe fugare ogni dubbio sui futuri scenari è questa: per la prima volta dopo la caduta del muro di Berlino, gli Stati Uniti hanno inviato ufficiali osservatori alle esercitazioni congiunte tra Russia e Bielorussia, come documentato dalla Reuters.
Questo gesto, che solo un anno fa sarebbe stato ritenuto impensabile, rappresenta molto più di una semplice apertura militare: è la manifestazione tangibile della nuova strategia diplomatica americana che punta a riaprire dialoghi, ricucire rapporti e disegnare inediti scenari di pace nell’Est Europa, proprio mentre l’Unione Europea rimane nell’incapacità di proporre veri percorsi negoziali. Ma non basta, la Commissione Europea si dice scandalizzata per la presenza alle esercitazioni di 65 militari indiani affermando che “L’India passa la linea rossa unendosi ai war games di Russia e Bielorussia”. La “Storia” ci passa sulla testa e noi non riusciamo a vederla, forse perché abbiamo adottato la politica dello struzzo.
La partecipazione degli ufficiali statunitensi come osservatori alle esercitazioni Zapad-2025 segna una svolta tanto sorprendente quanto emblematica. Accolti dal ministro della Difesa bielorusso Viktor Khrenin con parole di inedita apertura – “Vi mostreremo tutto ciò che vi interessa. Qualsiasi cosa vogliate” – gli ufficiali americani sono stati invitati a testimoniare la trasparenza delle manovre. Il logico ed evidente corollario di questi fatti è che Mosca e Washington hanno stabilito un’alleanza militare e geopolitica.
La Bielorussia, da alleato tattico di Mosca, può così diventare ponte per una futura trattativa sull’Ucraina: gli americani sembrano decisi a scavalcare la tradizionale (e lenta) diplomazia europea per tessere accordi davvero efficaci ed evitare il conflitto continentale.
Dopo allarmi vari, veri o presunti tali, e mentre la retorica militare e le spinte all’escalation crescono in Europa occidentale, questa apertura a Minsk rappresenta un clamoroso capovolgimento sullo scacchiere della sicurezza euroasiatica e punta al raggiungimento della pace in Europa, malgrado la resistenza dell’élite di Bruxelles. Quest’ultima si appresta a prepararci ad una possibile invasione russa nel 2032 (!), rinforzando i confini Est con basi NATO difensive (o offensive, a seconda dei punti di vista).
La presenza di ufficiali americani dimostra la volontà, da parte di entrambe le parti, di ridurre la diffidenza, ricomporre canali di dialogo e smascherare la narrazione secondo cui non esisterebbero alternative alla logica dello scontro. È un chiaro messaggio agli europei: “Gli Stati Uniti sono i padroni della NATO e dell’Europa e non vogliono la Terza guerra mondiale”. L’impatto di questa nuova dinamica è dirompente per la politica estera dell’UE. Il rischio concreto è che l’Europa si ritrovi spettatrice passiva di un riassetto strategico deciso altrove. L’obiettivo è marginalizzare chi, in Europa, ha scommesso tutto sulla logica della deterrenza militare senza alternative.
Secondo fonti Reuters, gli Stati Uniti stanno lentamente sospendendo alcune vendite di armi all’Europa, e hanno intenzione di tagliare parte dell’assistenza di sicurezza a Lettonia, Lituania ed Estonia.
La divisione tra il vecchio potere, ancora forte in Europa, nonostante i sussulti, e la nuova visione evidentemente antitetica, è possibile intravederla nel riconoscimento, peraltro sacrosanto, da parte della Francia, dei Paesi dell’ex Commowealth e di altri, dello Stato di Palestina: una mossa che sembrerebbe più anti Trump che filo Palestina. Ma certamente qualsiasi iniziativa che possa porre fine all’orrore è benvenuta.
Ottimismo non giustificabile da un solo isolato episodio. La diffidenza UE e UK verso Putin ha ben più solide basi.C’è l”ATLANTICO fra Trump e Putin. Non così è per l’Europa.