Il Centro. Dopo il populismo



Il nuovo libro di Giorgio Merlo    16 Marzo 2023       3

L’ultimo libro di Giorgio Merlo (Il Centro. Dopo il populismo, Marcianum Press 2023) evidenzia in modo plastico la necessità, nel sistema politico italiano, di riscoprire la categoria del Centro e, nello specifico, l’importanza di rideclinare una concreta e credibile “politica di centro”. E questo perché dopo la stagione del populismo dominata dal verbo grillino, la politica deve ritornare protagonista. E, con la politica, i suoi istituti più rappresentativi. Ovvero, i partiti popolari e democratici, le rispettive culture politiche e, soprattutto, una classe dirigente autorevole, competente e realmente rappresentativa a livello sociale e culturale. Insomma, tasselli di un mosaico che sono stati letteralmente spazzati dopo l’irrompere del populismo antipolitico, qualunquista e demagogico.

La riscoperta della politica, però, richiede anche e soprattutto la necessità di superare definitivamente quel “bipolarismo selvaggio” che ha dominato in modo incontrastato la dialettica democratica del nostro Paese in questi ultimi anni. Una contrapposizione che, fatta salva la democrazia dell’alternanza tra i vari schieramenti politici, rischia di corrodere lo stesso tessuto della nostra democrazia, esposta alla continua e permanente delegittimazione dell’avversario politico se non addirittura del nemico.

Ora, riscoprire la “cultura di centro” nel nostro Paese non significa compiere una operazione nostalgica o, peggio ancora, di natura puramente conservatrice o consociativa. Al contrario, come emerge chiaramente dal libro, si tratta di introdurre nel concreto confronto politico quegli elementi che storicamente hanno caratterizzato le stagioni migliori della democrazia italiana. E cioè, dalla cultura di governo alla cultura della mediazione, dal senso dello Stato al rispetto degli avversari politici, dal ruolo dei corpi intermedi alla valorizzazione del pluralismo, dall’autorevolezza della classe dirigente politica ed amministrativa al valore della competenza, dalla rappresentanza di interessi sociali e culturali all’importanza della ricetta riformista. Insomma, elementi decisivi che storicamente contraddistinguono la “buona politica” e che il nostro Paese ha sperimentato in molte fasi della sua storia democratica. Del passato recente e meno recente. E, come spiega l’autore nel libro, la cultura più titolata per declinare una vera ed autentica “politica di centro” nel nostro Paese resta quella riconducibile alla tradizione del cattolicesimo politico e sociale. E questo non solo perché in Italia quando si parla o si evoca il Centro si pensa subito all’impegno politico dei cattolici ma anche, e soprattutto, perché non possono essere l’attuale destra e sinistra a svolgere adeguatamente quel ruolo politico, culturale e di governo.

Purché, come ripete l’autore, i cattolici popolari e sociali escano dall’attuale irrilevanza politica ed organizzativa e ritrovino, al più presto, la voglia e le ragioni per ritornare protagonisti nello scenario pubblico italiano. Come lo sono stati i grandi “maestri” e “testimoni” del passato. Una storia, cioè, che non si può ridurre a giocare un ruolo puramente ornamentale e marginale nella cittadella politica italiana. Per la qualità della democrazia e la credibilità delle nostre istituzioni.


3 Commenti

  1. Una cultura politica si alimenta, si pratica, in qualche modo si “vive”. Non è possibile ridurre la presenza del popolarismo alla collocazione di qualche ex negli organigrammi. La stessa vicenda del PD dimostra che se il popolarismo non si manifesta in nessun modo, allora quel partito non è più la sua casa, ma la sua tomba. Le vicende degli ultimi mesi sono evidenti a tutti.

  2. Con la segreteria Schlein il PD che in molti hanno creduto fosse la casa (anche) dei popolari può trasformarsi nella loro tomba. È urgente prendere posizione in modo netto se non ci si vuole rassegnare ad una “sparizione”. Io non mi rassegno di sicuro!

  3. Perché non riflettere sulle notizie di questi primi giorni di aprile? Carlo Calenda assicura che “Il partito unico è cosa fatta”. Renzi, attirato in impegni manageriali in editoria. non è negli organi e Calenda dichiara “Gli abbiamo chiesto di fare un passo indietro…”.
    Così, ha dichiarato in Televisione (Mattino Cinque), arrogandosi il diritto, senza controprove: “Il partito del Terzo polo è già fatto, abbiamo deciso che il 10 di giugno le due assemblee di Azione e Italia viva delibereranno la fusione. Già oggi funzionano come partito unico”.
    L’annuncio del resto, corrisponde a quanto detto da Renzi: “…. voglio lavorare perché il Terzo polo (Italia Viva e Azione) prenda forza…”. Auspica che dalla fusione si costituisca un Comitato politico, guidato da Carlo Calenda e da Elena Bonetti, aggiungendo che l’auspicio sarà confermato dal voto dei componenti di Italia Viva, invitati da Renzi ad esprimersi in tal senso. Calenda, poi, auspica una confluenza nella UE in “Renew Europe”, il gruppo politico liberale in UE, affiliato all’Internazionale Liberale. Come dire, la fusione si farà e senza Renzi, che si è preoccupato di detenere organi di informazione a stampa e online, con cui non perdere un potere dinastico, ma renderlo laterale per essere egli stesso al Centro di un terzo polo politico, assumendo anche il ruolo di terza gamba del PD, anche per conto dei laici cattolici, popolari e democristiani che lo riconosceranno come leader indiscusso, mentre Schlein e Bonaccini. forse, decideranno di trovare i modi per dare loro dignità di ruolo nel PD, nonostante la soddisfazione di vedere il M5S predisposto anch’esso al suo ruolo di terzo polo a sostegno del PD a matrice scheleiana. D’altro canto, la Destra, a parte Forza Italia, che molto probabilmente andrà incontro a un periodo di ricostruzione, non sembra interessata al ruolo dei cattolici in politica.

    Allora, con tutta l’umiltà del caso, ripropongo aggiornate le considerazioni già espresse a proposito dell’editoriale “Il Voto dei cattolici parla ai popolari”, nella convinzione di un ruolo di Centro assoluto dei laici cattolici, tra popolari e cristiano democratici, da invitare a superare le frammentazioni intervenute in questi anni, per un dovere politico più alto da svolgere nella politica italiana, orfana dello Stato di diritto e oramai, priva della visione mai perduta dell’umanesimo cristiano, come strumento di equilibrio civile e sociale, economico e ambientale, segnato dalla solidarietà e dalla propensione al bene comune.

    Mi permetto, così, di pormi in una visione prospettica da cittadino, e mi chiedo perché, da laico cattolico, debba dibattermi tra ideologie di destra e di sinistra.
    Domanda che insorge rilevando come a vario titolo di opportunismo politico, il leaderismo che l’ha fatta sempre da padrone sul popolo, abbia approfittato della visione ideale del popolarismo dei cittadini cattolici, che da sempre ha tratto forza introspettiva dagli ideali propugnati dalla DSC e dall’etica agita da Don Sturzo, sia nella società civile, che in economia, nella visione d’impresa e nella finanza mutualistica e, in politica, ancor prima che si costituisse la Democrazia Cristiana.
    Poi, con “l’appello ai liberi e forti” e la fondazione del Partito Popolare Italiano (1919-1924), fino alle vicende cui fu costretto per sottrarsi al fascismo e alla partecipazione da non iscritto alla politica della Democrazia Cristiana di De Gasperi (1942).
    Per arrivare, infine, per quanto riguarda tutti noi, alla storia e alla cronaca non lontana della DC, saltando a piè pari il tentativo del 1994 e la confluenza successiva nella Margherita, per sparire del tutto all’ombra del PD prodiano.
    Quante vicende si sono succedute, fino alle ultime elezioni e con il piglio politico della destra al governo, misurando la disaffezione al voto dei cittadini italiani? E credo che il segno dei deficit di democrazia più lampante, sia promuovere la pace attraverso la guerra, la sofferenza e la morte. Attualità di valori amorali che poi si confondono con la morte dei migranti nella tomba del Mediterraneo, in cui la vita di un essere umano in agonia è divenuto un problema giuridico. E che dire del sistema legislativo, che nel lungo periodo servirà a smantellare la Costituzione e a produrre un mostro giuridico che sconfessa oggi quel che la legge aveva stabilito ieri, di cui si avvertono i prodromi nell’attualità. E poi, la Famiglia, pilastro di ogni società civile; con l’aberrazione di produrre bambini come merce che acquieti sindromi da curare; la sanità allo sfascio; il lavoro che non è per tutti e che è misurato sulla produzione e la vendita, in un sistema in cui il valore degli scambi debba produrre profitti i più alti possibili, misurati da moneta di proprietà privata altrui, di cui si è meri utilizzatori, a condizione che se ne abbia, per non scomparire da questa forma alienata di società civile, senza Stato di diritto.
    Tutto è mercificato, anche la moneta, che ha assunto, con la finanziarizzazione dell’economia, il valore di una merce di scambio su cui si scommette che avrà una misura diversa di valore a un certo tempo, dove la regole è la contrapposizione perenne tra chi vince e chi perde alla roulette della vita, per come la interpretiamo dalla prospettiva umanistica, avendo dimenticato che il benessere di una comunità è misurabile nella realtà sull’ultimo dei suoi componenti.
    Un mondo in transizione, in cui le guerre sono il sostegno al capitalismo neo liberista, fondato sulla forza del possesso senza limiti e senza dar peso all’avvelenamento delle risorse vitali e alla salute del genere umano e animale, al valore della biodiversità in natura.
    Nella transizione in cui siamo immersi verso un Nuovo Ordine Mondiale che, nel globalismo atteso che dovrà fare a meno di una quota di umanità ritenuta improduttiva, che fallirà perché contro natura, la guerra in atto tra Russia e Ucraina permette alla coscienza di coloro che sono dalla parte della civiltà dell’umanesimo cristiano, di avvertire una consapevolezza dirompente: la pace non potrà mai essere merito della guerra e che il mondo non è solo il suo Occidente.
    Si arriverà o meno al multilateralismo? Intanto, la Cina scambia beni in yuan, saltando la conversione preventiva in $ e utilizzando tecnologie digitali private negli scambi internazionali che seguono percorsi digitali in reti anch’esse private, e lo fa anche in Sud America, e non solo. Un mondo in transizione in cui il potere finanziario al governo del mondo pensa di sostituire il denaro digitale delle CBDC per cominciare a eliminare l’insostenibile debito accumulato e che mai come ora avrebbe bisogno di umanesimo cristiano per ripristinare equilibri perduti, cominciando da un piccolo, ma importante Paese di 59 milioni di abitanti, culla della civiltà, tra storia, cultura e bellezza, con la nostra penisola nel Mediterraneo protesa verso l’Africa e aperta a tutte le latitudini. Perché no?
    E allora perché non promuovere nella società civile, tra i laici cattolici che la popolano, agendo dalla prospettiva che le qualità umane solidali che ci contraddistinguono, potrebbero costruire un centro politico, avulso dalla destra e dalla sinistra, approfittando del bagaglio morale e dell’agire etico, sul presupposto dell’accoglienza delle reciprocità tra noi, come valore culturale e di conoscenza, ma ancor di più, di cooperazione di cui nutrirsi e che, tra cuore e ragione, sul sostrato solidale comune, prospetti un sistema che ci impegni, tra uomo e natura, sulla capacità di produrre valori d’uso? Una prospettiva di lavoro comune per produrli, in cui il benessere tra uomo e natura, sia misurato non dal profitto, ma dalla qualità della vita, al fine di essere resilienti nell’agire sociale, economico e politico, con lo scopo di mantenere sostenibile nel tempo gli equilibri naturali per attitudine alla civiltà solidale della società umana.
    Appare evidente che l’impegno di dare valore alla produzione di beni d’uso tra uomo e natura sia un paradigma che solo la politica potrebbe inverare, in contrasto con la deriva capitalistica di dare valore agli scambi per alimentare quanto più possibile il profitto misurato dal denaro, dopo Bretton Woods, che poi, nel 1971 produsse una linea di demarcazione dell’Atlantismo a trazione americana, con il capitalismo di oggi e la fine della convertibilità in oro e argento del $ USA, voluta dal presidente Bush sul disastro della guerra col Vietnam.
    Così, il problema si è acuito per la matrice capitalistica che sostiene la piramide della stratificazione sociale del mondo occidentale, per finalità di controllo e di caos, sapientemente distribuito da parte del potere concentrato nel vertice della piramide. Nel frattempo, si continua a guerreggiare avvertendo il pericolo nucleare. C’è da chiedersi perché non si riesce a ripristinare condizioni di equilibrio autentico tra uomo e natura? Perché allora, non cominciare da casa nostra e dall’umanesimo cristiano che ha percezione consapevole del significato introspettivo di “solidarietà”?
    Sarebbe d’interesse sapere se sia una visione condivisibile, per arrivare a parlare con una sola voce, espressione della società civile, rappresentativa dell’apporto solidale dei cattolici italiani, per un terzo polo popolare e democratico al centro dell’arco costituzionale, utile sul serio agli equilibri politici a casa nostra, come valore da esportare nell’Europa dei Popoli.

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